Eh, si sa. Il processo di
generazione delle idee segue percorsi a dir poco curiosi.
Ad esempio, questo post è nato
ieri l’altro sull’onda di due avvenimenti: il caldo esagerato dei giorni scorsi – che le sigarette, quasi, si accendevano da sole ;-) – e una conversazione sostenuta con il mio
fornitore di fiducia di elettrodomestici, durante la non facile sostituzione
della lavastoviglie (sob!).
Si era verificato un problema:
il rubinetto collegato al vecchio apparecchio non voleva saperne di chiudersi e
io non ero in grado di aiutare il tecnico a trovare quello centrale che, come
abbiamo scoperto più tardi, se ne stava rintanato dietro a un pannello dispettosamente
nascosto da un cassettone pieno di pentole.
Il risultato dei due fattori combinati insieme è stato di ritrovarmi con la mente letteralmente sommersa da immagini legate all’acqua
che rimbalzavano, divertite e divertenti, da un emisfero all’altro!
No, non vi parlerò di
lavastoviglie, ma torno a proporvi un nuovo “viaggio nell’acqua” che, questa
volta, si concentrerà completamente su una città. [per leggere i due precedenti
clicca QUI e QUI ]
il
Duomo di Milano, la cui costruzione ebbe inizio nel 1386 per volontà di Gian Galeazzo Visconti |
Interesserà la città che mi ha
dato i natali e che riesce sempre a far palpitare il mio cuore. Una metropoli
sorta e cresciuta lontano da grandi fiumi, laghi e mare e che, ciononostante,
può vantare una lunghissima storia, di amore e odio, con l’acqua.
Ebbene, sto per parlarvi della
complicata e affascinante storia dei Navigli
di Milano.
Il naviglio in via Senato, in una fotografia di inizio '900 |
Milano vanta un’importante legame con l’acqua che risale a tempi antichissimi.
In epoca preromana il
territorio sul quale oggi sorge la città si presentava molto diverso
dall’attuale, anche dal punto di vista morfologico: una lunga striscia di terra
che dava su una palude, ricca di acque derivate da risorgive e fontanili.
Intorno al II secolo a.C., con
l’avvento dei romani che abitarono
più densamente la zona e iniziarono a praticare l’agricoltura in modo intensivo,
vennero effettuate opere di ingegneria idraulica. Deviarono i tre fiumi che
scorrevano nei paraggi (Olona, Seveso e Lambro), scavarono canali, cloache e
irrigarono vaste aree con una fitta rete di torrenti e rogge.
La
Vettabbia in via Calatafimi, nel 1880. Costruita dai romani, secondo la Chronica Mediolanensis, era navigabile fino al Lambro e da questo, via Po, si raggiungeva il mare. |
Il primo fiume deviato verso
Milano fu il Seveso, che venne
incanalato nel Sevesetto. Il
Sevesetto percorreva il perimetro orientale della città e giungeva in Piazza Vetra dove veniva ancora una
volta incanalato nella roggia Vettabbia.
Il secondo fu l’Olona, che nel
tratto vicino a Milano prendeva il nome di Vepra
e che si intersecava, all’altezza di Piazza
Stuparich, con il torrente Lombra
per prenderne il posto e immettersi, a sua volta, nella Vettabbia. Il Lombra
proseguiva, poi, verso Sud Est, passando per il Carrobbio e scivolava in via
Torino. I toponimi di cui vi parlo sono chiaramente attuali e non diranno
nulla a un non milanese. Per chiarezza, stiamo parlando dell’attuale centro
storico milanese.
Ma i corsi d’acqua più famosi della
terra meneghina sono senza dubbio i Navigli,
uniti dalla Darsena.
la nuova Darsena di Milano. ©
Flickr.com - Marco Trovò |
Il primo Naviglio nasce
intorno a XII secolo, in piena invasione barbarica, allo scopo di costituire
un’ulteriore barriera difensiva in previsione di eventuali attacchi, dopo la
distruzione della città da parte di Federico
Barbarossa, avvenuta nel 1162. A quei tempi, i milanesi, vittime del lungo
assedio dell’imperatore germanico, si dotarono di una cerchia di mura
circondate da un ampio fossato nel quale erano state riversate le acque
dell’Olona. L’espediente non riuscì a salvarli dalla strage, ma qualche anno
più tardi, con grande determinazione, decisero di ricostruire sia la fossa che
la cinta e iniziarono a deviare il Ticino,
facendolo scorrere verso Abbiategrasso
e Landriano, per dirigerlo a
terminare la sua corsa alle porte della città, nel laghetto di Sant’Eustorgio. In questo modo, Milano veniva collegata al Lago Maggiore.
La realizzazione di quest’opera
durò trent’anni e il nuovo fiume prese il nome, dapprima, di Ticinello e in seguito di Naviglio Grande.
Bonvesin
de la Riva, illustre poeta e scrittore milanese, descrive così il
Naviglio nel suo trattato De magnalibus
Mediolani risalente al 1288:
“[…] un fossato di sorprendente bellezza e larghezza circonda questa città da ogni parte e contiene non una palude o uno stagno putrido, ma l’acqua viva delle fonti, popolata di pesci e gamberi. Esso corre tra un terrapieno all’interno e un mirabile muro all’esterno, il cui circuito, misurato con estrema accuratezza, è risultato corrispondere a diecimilacentoquarantuno cubiti. La larghezza del fossato, lungo l’intero circuito, è di trentotto cubiti. Al di là del muro vi sono abitazioni suburbane tanto numerose che basterebbero da sole a formare una città […]”
Chissà cos’avrebbe scritto
Bonvesin dell’espansione di quel sobborgo ai giorni nostri! E chissà cosa avrebbe
pensato dei tanti locali disseminati lungo le rive del Naviglio Grande che, ogni
sera, attirano stuoli di visitatori da tutto il mondo e regalano ai milanesi un
ameno luogo d’incontro. Sarebbe mai entrato a Le Scimmie, prima che le sue saracinesche chiudessero un paio d’anni
fa, causa i prezzi insostenibili dell'affitto, ad ascoltare musica dal vivo? Da ragazzina andavo regolarmente lì per
sentire del buon jazz, assistere ai concerti di protagonisti della scena internazionale e di scalmanati esordienti, come quelli che si facevano chiamare Elio e le Storie
Tese (che poi ritrovavo al Tangram di via Pezzotti)… Mah! Proseguiamo con l’evoluzione della storia dei Navigli.
Circa un secolo dopo, nel 1359, Galeazzo II Visconti ordinò la
costruzione di un secondo naviglio
che congiungesse la città a Pavia: il Naviglio
Pavese.
via Conca del Naviglio, la conca di Viarenna, la prima realizzata a Milano,fotografata nel 1890 |
Beh, portate pazienza, ma parlando
del Naviglio Pavese mi si affaccia alla memoria una scena ben precisa: io che
mi carico la bicicletta in spalla per attraversare il ponte di via Emilio Gola.
A dire il vero ce ne sarebbero a iosa di bei ricordi legati al corso d’acqua
accanto al quale sono nata, ma andiamo oltre…
La città si espande,
acquisendo sempre più importanza e ai Visconti pare giunto il momento di
edificare una nuova cattedrale.
La conca di Viarenna, oggi Credit: Yorick39 |
Nel 1386, Gian Galeazzo ordina la costruzione del Duomo, un’opera grandiosa, realizzata interamente in marmo. Per far
giungere il marmo in prossimità del cantiere, la famosa Fabbrica del Duomo, ma
anche legna, sabbia, carbone, derrate alimentari, … che provengono da
Candoglia, località situata sul Lago Maggiore, si sfrutta il Naviglio Grande.
Chiudete
gli occhi e immaginatevi Milano quotidianamente attraversata da chiatte cariche
di derrate che scorrono lungo il Naviglio e arrivano a Sant’Eustorgio: non è
stupendo?
Passa qualche anno, siamo nel
1436 e Filippo Maria Visconti, per
agevolare i lavori del Duomo, fa realizzare la prima conca, la cosiddetta conca di Viarenna, nel tratto che
congiunge Sant’Eustorgio alla fossa interna, quindi passando nel tratto di quella
che in seguito sarebbe diventata la grande Darsena (non è ancora chiaro se la
stessa Darsena viene costruita già ai tempi dello Sforza o se per merito degli
spagnoli, secoli più tardi).
via San marco, conca dell’Incoronata, detta delle Gabelle |
via
San Marco Il laghetto di san Marco in una foto del 1920. Era la “darsena” della Martesana. |
Tre decenni più tardi,
nel 1470 circa, Francesco Sforza,
suo successore, fa costruire il Naviglio
della Martesana, che inizialmente
congiunge Trezzo d'Adda alla Cassina de’
Pomm, quindi poco a Nord della Stazione centrale e fa completare il Naviglio di Bereguardo che congiunge il
pianoro a nord di Pavia al Naviglio Grande.
Questi due nuovi navigli diventano navigabili nell’arco di un anno.
Nel frattempo, Leonardo da Vinci, incaricato da
Ludovico il Moro di studiare un sistema che permetta la navigazione dal lago di
Como fino a Milano, fa la differenza ideando un sistema di chiuse che risolve
il problema del dislivello dei terreni rendendo più semplice la navigazione, ma
il suo progetto risulta troppo ardito e naufraga.
A distanza di poco, Lodovico il Moro affida a Giuliano Guasconi e Bartolomeo della Valle i lavori di
edificazione di una conca che colleghi il Naviglio
della Martesana alla fossa interna milanese. I due ingegneri, ispirandosi al sistema di chiuse
di Leonardo presentato ne Il Codice Atlantico, realizzano la conca dell’Incoronata, detta delle
Gabelle (perché le chiatte che oltrepassano devono pagare il dazio), la quale congiunge
le acque dell’Adda e del Ticino.
Ecco che, nel giro di due
secoli, Milano che, via via, si è dotata di un formidabile apparato di
castelli, roccaforti e borghi fortificati, diventa un centro potentissimo. Un
centro che, pur essendo privo di fiumi importanti, ha fatto dell’acqua la sua principale fonte di vita
e con l’acqua ha raggiunto la prosperità.
L'alzaia all'ingresso in
darsena nel 1930 Credit: Archivio fotografico Municipale Milano |
Arriviamo al 1603, siamo in
piena dominazione spagnola. Per
volontà del governatore Pedro Enríquez de Acevedo conte di Fuentes si danno
inizio ai lavori di realizzazione della Darsena.
Il suo bacino è situato dove lo troviamo ancora oggi, coincide quindi in parte
con il laghetto di Sant’Eustorgio, riceve il Naviglio Grande e fornisce acqua
al troncone iniziale del Naviglio Pavese.
Accademia
di Brera scorcio credit Giovanni Dall’Orto |
Teatro alla Scala_ stampa ottocentesca |
Spostiamoci avanti di un
secolo e mezzo, fino al 1777. Ci troviamo nel primo periodo di dominazione austriaca, sotto il regno
di Maria Teresa e poi di Giuseppe II. Sono gli anni di costruzione dell’Illuminismo,
vengono fondati il Teatro alla Scala e l’Accademia di Brera e in
città circolano figure importanti, come Pietro Verri, Alessandro Verri, Cesare
Beccaria, Paolo Frisi, Ruggero Boscovich, Giuseppe Parini e Giuseppe
Piermarini. Sono anni di grande fermento! I Navigli continuano a funzionare e gli austriaci, per migliorare
la navigabilità del lago Maggiore e del lago di Como, intervengono su due
corsi d'acqua esterni alla città che hanno la funzione di scaricare le acque delle
piene del Seveso, responsabili di inondare Milano nei pressi di Porta Romana:
i navigli di Paderno e il Redefossi.
In questo periodo e fino al
secolo successivo, tutt’intorno alla fossa interna e ai Bastioni, cioè partendo dal
Ponte delle Gabelle e da via San Marco,
attraverso via Fatebenefratelli, per raggiungere piazza Cavour e via Senato, vengono
costruite una serie di sontuose ville
con giardini ricchi di meravigliosi giochi
d’acqua derivante dai Navigli. Nei pressi
delle porte sudorientali (Ticinese e Lodovica) e poi lungo la circonvallazione
interna, quindi arrivando in via De Amicis
e alla Darsena, l’acqua dei
navigli viene, invece, impiegata come mezzo di lavoro e qui sorgono i quartieri più popolari della città.
Incile
del Villoresi: le chiuse di derivazione dal bacino di calma del Panperduto, vicino a Sommalombardo (VA) – Credit: Marco Sala |
Lasciamo pure che il tempo scivoli via veloce. Siamo nel 1819, cioè l'anno in cui viene inaugurata anche
la navigazione del Naviglio Pavese, ma con l’avvento dell’età della Borghesia, che coincide con la crescita economica e la
prima fase di industrializzazione, cominciano
a venir chiuse diverse rogge, come l’Acqualunga che scendeva da Precotto
per percorrere piazza Loreto e raggiungere i Giardini Pubblici di Porta Venezia.
In questo periodo viene realizzato il Canale
Villoresi che parte dalla diga sul Ticino del Pan Perduto, vicino a Somma
Lombardo e si getta nella Martesana.
“Il naviglio di
via Francesco Sforza” Giuseppe
Canella, 1845 a sinistra si nota la Cà Granda, oggi sede della Univesità Statale |
A partire da allora iniziano a
prender corpo diverse polemiche
rivolte ai navigli, a cui non si sottraggono neppure intellettuali e politici. Alessandro
Manzoni, per esempio, in un breve componimento
ironico, li definisce “fogne a cielo aperto”.
Tenete anche presente che tra
il 1830 e la fine del secolo, la sola Darsena di Porta Ticinese registra una
media di 8300 barche in entrata e uscita per un movimento complessivo di 350
mila tonnellate all’anno. In pratica, per quanto appaia paradossale, Milano a quei tempi è uno dei porti
commerciali più importanti dell’intero paese. La città
d’acqua tanto amata da Stendhal, tuttavia, trova opposizioni un po’ ovunque.
Naviglio e ponte San Marco, Segantini, 1880 |
via Arena, veduta settecentesca delle conche. Arturo Ferrari, 1895 |
Tombone di San Marco. Credit Lombardia beni culturali |
Più avanti, Filippo Turati attacca il “Tombone” di San Marco, un luogo posto tra via San Marco e via Montebello, in cui le acque della Martesana incontrano quelle del Seveso generando una moltitudine di cataratte e mulinelli. Qui
attraccavano le barche, cariche di ghiaia e rotoli di carta destinati al
Corriere della Sera, e sempre qui si davano appuntamento anche gli aspiranti suicidi, che si
gettavano nei gorghi, certi di trovare la morte. Non fatevi ingannare, però, dal
toponimo “Tombone”, in milanese “Tumbun”, che non sta a designare il luogo di
sepoltura dei tanti sventurati, ma indica un significato tecnico. È il tombino,
la tombinatura, la tomba a sifone… insomma si tratta di un termine
squisitamente idraulico... anche se…
Il
naviglio in via Fatebenefratelli, scendendo da San Marco credit Civico archivio fotografico Milano |
I lavori di copertura del
naviglio vicino a piazza San Marco (1929-1930) |
.
Intorno a i Navigli il fermento sembra non avere mai fine.
Durante gli anni ’50 e ’60 questa
porzione della città diventa lo scenario perfetto per un grandissimo giallista come Giorgio
Scerbanenco, che tratteggia un mondo
milanese crudo, amorale, cinico, malvagio, fatto di milanesi che gettano
cadaveri nei Navigli. Scerbanenco non è né il primo, né l'ultimo scrittore a considerare i Navigli il cuore di Milano. Una delle più grandi poetesse del nostro Paese la pensava esattamente come lui, Alda Merini. Impossibile dar loro torto!
Intanto, nel 1959, la Darsena finisce la sua attività.
Intanto, nel 1959, la Darsena finisce la sua attività.
Negli anni ‘70 il quartiere che
accoglie i due Navigli principali (Grande e Pavese) diventa centro di aggregazione e socialità dei giovani.
Gli affitti delle case sono a buon mercato e la zona è ricca di locali sempre
più interessanti e vivaci. In questi anni si procede a ricoprire di asfalto altri
tratti dei Navigli, più spostati verso Ovest, in direzione di Piazza Napoli. Lungo
quel nastro di asfalto che è la circonvallazione esterna il traffico scorre a
tutte le ore del giorno e della notte, senza sosta. Lo si potrebbe definire un luogo da stress permanente,
dove gli alterchi, gli incidenti, la prostituzione e la malavita non si fermano
mai.
Ma le case di ringhiera dei Navigli degli anni ‘70
che incoraggiano le attività collettive, precludono anche la privacy e così lo
spazio un tempo pubblico si chiude presto agli estranei. Negli anni ’80,
infatti, l’edilizia del quartiere viene ristrutturata, le abitazioni si
trasformano in residenze alla moda
che ingolosiscono i ceti più agiati. Nasce la “Milano da bere” e con essa spariscono
gran parte degli artigiani. Oggi sui Navigli si concentrano due realtà
contrapposte: la “movida” di medio-basso livello e un’altra, di altissima qualità,
che si riscontra all’interno delle corti in cui sorgono attività commerciali
rivolte a una clientela di nicchia, show room di eccellenza, culle del design.
Arriviamo ad oggi.
Tra il 2008 e il 2010 la
Facoltà di Architettura del Politecnico
di Milano ha condotto studi sulla possibile riapertura dei Navigli. E’
stata analizzata la fattibilità degli interventi sotto ogni profilo. Il costo
stimato supera i 400 milioni di euro. Riaprire i navigli significherebbe
chiudere la circonvallazione interna alle auto per incrementare l’uso dei mezzi
pubblici (inclusi i battelli). Milano non sarebbe la prima a scegliere di
avviarsi verso un futuro più a misura d’uomo. Per esempio, Madrid ha
riaperto il Manzanarre, altre città europee riaprono le vie d’acqua e persino
Tokyo sta riaprendo i canali. Intanto, l'amministrazione comunale, guidata da Giuliano Pisapia, ha iniziato un lavoro di riqualificazione della Darsena degno dell'orgoglio dei milanesi. Cosa ci offrirà l'amministrazione Sala? Non lo so. Ciò che posso dire è che tra non molto i milanesi saranno chiamati a esprimere
la propria opinione in merito a questa nuova opportunità.
Chiaramente, io tifo per la
riapertura dei Navigli e sospendo il giudizio sull'attuale amministrazione. Vedremo!
E
voi, cosa ne pensate?
Buona settimana e arrivederci
al prossimo post! :-)
BIBLIOGRAFIA:
Storia dei Navigli, Wikipedia
Idrografia milanese, Wikipedia
Cerchia dei Navigli, Wikipedia
Storia di Milano, Wikipedia
Bonvesin de la Riva, Wikipedia
Conca dell’Incoronata, Wikipedia
Lombardia, Beni Culturali, sito ufficiale
Lombardia, Beni Culturali, sito ufficiale
Tutte le immagini sono tratte dal web
Penso che questa pagina sia imperdibile per qualità delle informazioni e per vivacità di scrittura. Grazie Clem, come sai anch'io sono donna d'acqua e il Mincio e i tre laghi di Mantova sono sempre nella mia memoria e nella mia fantasia.
RispondiEliminaWow! *_* Grazie!
EliminaNadia, questo commento mi riempie il cuore di gioia! E che bella definizione “donne d’acqua”, in cui mi ritrovo al 100%, da milanese e da figlia di mantovani :))) Viva l’acqua e tutti gli stupendi scenari che regala agli occhi, al cuore popolando e arricchendo di poesia i nostri sogni! Un giga-abbraccio! <3
Ma che articolo Clementina! Ogni volta che ti leggo imparo, ed è questa la cosa più bella e costruttiva per me. I fiumi deviati nell'epoca dei romani, la nascita dei Navigli, vero punto di incontro della città, le polemiche, le ispirazioni dei grandi artisti, insomma: "Lungo i Navigli e sull'acqua" per conoscere il vero cuore pulsante di Milano. Anche io sono una donna d'acqua,tra i laghi d'Albano e di Nemi, il fiume Tevere e il Mar Tirreno all'orizzonte. Grazie per avermi insegnato ancora una volta, Clem!
RispondiEliminaCara Annamaria! (^.^)
EliminaChe bella questa nuova affinità: donne d'acqua! Racchiude tanti significati... Son felicissima del tuo passaggio e delle belle parole che mi hai lasciato. Grazie! <3
Bellissimo post, Clementina! Avrei anche un'aggiunta da fare, tra il penultimo e l'ultimo paragrafo, che riguarda la lunga (11 minuti!) canzone-invettiva di Adriano Celentano intitolata "Sognando Chernobyl" (2008). All'incirca a metà, la canzone così recita:
RispondiEliminaTutti quanti insieme salteremo in aria bum!
E salteranno anche tutti i sindaci Caini figli di Erode
che con le loro giunte meschine... sono loro l'anima del vero terrore,
i mandanti di quelle colate di cemento che hanno seppellito gli orti e le bellezze dei navigli.
Mi hanno sempre emozionato moltissimo queste parole, perché le ho sempre riferite al mio stesso territorio, quello in cui sono nato e cresciuto, che ha vissuto lo stesso scempio delle colate di cemento che hanno sostituito la bellezza degli orti e dei prati.
Ciao Ivano e GRAZIE!
EliminaC'è ancora chi si indigna per questi soprusi e non è disposto a far finta che tutto vada bene, quando nulla va per il verso giusto. Il mondo intero sembra aver immolato l'ambiente al dio denaro, con ottusità e miopia, senza capire che, così facendo, ha immolato se stesso. Ambiente e persona sono due facce della stessa medaglia e una non può esistere senza l'altra. Ma i cinici, avidi e micragnosi non lo comprendono.
Ricordo che ci fu anche una reazione piccata da parte di Letizia Moratti. Chissà che le cose non abbiano cominciato a muoversi in un'altra direzione proprio da allora.
EliminaNon mi risulta che le cose siano andate esattamente così.
EliminaDi sicuro la famiglia Moratti è una famiglia che conta e che ha relazioni molto importanti a Milano. Detto questo, andrebbe ricordato che questa famiglia, il cui capostipite è Angelo Moratti, ha costruito la propria ricchezza e fama intorno alla raffinazione del greggio.
Nel 1929, quando sotto il fascismo viene eseguita la prima opera di copertura dei navigli, lo scopo dell’allora governo è dimostrare che sia in grado di realizzare il cambiamento (la storia è sempre quella!). In quel frangente, i lavori di copertura dei navigli hanno fondamentalmente l’obiettivo di dare sostegno all’industria edilizia. Ti dico solo che, nel 1929, laddove oggi troviamo piazza Diaz che collega il Duomo a piazza Missori, esisteva un quartiere medievale, chiamato Bottonuto. (ti consiglio di guardare il video: https://www.youtube.com/watch?v=xV58wbBytgY ) Il Comune stipulò un accordo con una società italo-americana per la costruzione di un edificio a dieci piani, che avrebbe ospitato due sotterranei da adibire a garage, uffici, magazzini, negozi, un albergo di 400 stanze e un cinema da 3.000 posti. Fatto l’accordo, iniziò l’operazione mediatica di diffamazione del quartiere che aveva l’obiettivo di declassarne il valore e trovare consensi per la sua demolizione. Si parlò di odor di fogna, di sporcizia, di frequentazioni malfamate. Pure invenzioni che sortirono l’effetto desiderato. A demolizione avvenuta, un vero scempio in pieno centro, la società italo americana si ritira dall’affare lasciando l’opera incompiuta. Arriviamo al 1933 e vien chiamato Piero Portaluppi a progettare parte del palazzo dell’INA. Nel 1937 iniziano le prime proteste dei milanesi. Nel frattempo i bombardamenti della Seconda guerra mondiale fanno ulteriori scempi.
Giunge il 1953, quando viene messo a punto un progetto che prevede la realizzazione di una grande arteria a scorrimento veloce per le auto e che avrebbe dovuto collegare piazza San Babila a via Vincenzo Monti. Per realizzare questo raccordo, chiamato Racchetta, viene prevista la demolizione di altri quartieri, in pratica lo squarcio del centro storico: il Pasquirolo, il Verziere e via Larga. In questo caso siamo di fronte a un’operazione che intende dare un forte sostegno all’industria automobilistica (degli Agnelli) e, ancora una volta, a quella edile. La Racchetta, tuttavia, non verrà mai ultimata, ma lo squarcio è rimasto.
A quel punto viene simulata la costruzione della Torre Martini realizzando una struttura tubolare per verificarne l’impatto ambientale. La Torre Martini verrà realizzata solo tra il 1956 e 1958.
In tutti questi casi, dalla demolizione dei vecchi quartieri alla realizzazione della Torre Martini e ancora per la realizzazione della Racchetta, viene impiegata mano d’opera poco specializzata che sarebbe rimasta riconoscente a vita con le amministrazioni che si sono succedute, una dopo l’altra, per l’occasione offerta.
La proposta di cui parli tu, se non ricordo male, era partita in seno alla lista dell’arancia, quella di Pisapia per intenderci, nella quale rientrava anche Emilia Bossi, detta Milly, ovvero la moglie di Massimo Moratti, presidente dell’Inter e petroliere della Saras. Non è un’idea di Letizia Brichetto Arnaboldi, moglie di Giammarco Moratti, fratello di Massimo.
A ogni modo, è evidente che almeno sul piano degli interessi economici, le due famiglie, Agnelli e Moratti, sono sempre state accomunate dagli stessi obiettivi.
Che meraviglia questa lunga immersione, è il caso di dirlo, nella storia d'acqua della nostra Milano! Non lo si direbbe mai, oggi, quanto le sorti di questa città furono legate all'acqua, eppure era così. Prima o poi dovrò leggere il trattato di Bonvesin de la Riva in quanto so che è una pietra miliare per comprendere meglio la nostra città medievale. Avevo letto anche il bellissimo romanzo storico Il signore del falco di Valeria Montaldi in cui è meravigliosamente descritta una Milano che assomiglia molto a Venezia, con ponti, canali, chiatte e dove le attività fervono vivacemente.
RispondiEliminaChiudere i Navigli è stato un delitto, e le motivazioni che ne sono state date sono tipiche di una certa mentalità: invece di affrontare il problema con soluzioni di miglioramento e preservazione, si optava per la soluzione più rapida anche se non per quella più indolore per le casse dello stato, come hai ben scritto. Anch'io avevo letto con grande interesse e speranza del progetto del Politecnico, e se vi fosse un referendum mi precipiterei a votare con un sonoro SI (almeno con il cuore perché ormai non ho più la residenza a Milano)!
Per non parlare della solita speculazione edilizia (leggi commento in risposta a Ivano). Il trattato del Bonvesin è utile, senz'altro, ma ti consiglio anche di guardare i video su youtube di Andrea Rui, da cui c'è sempre molto da imparare.
EliminaGrazie del passaggio, cara Cristina :) e a presto!
Un articolo splendido!
RispondiEliminaAle, ma che bellissima sorpresa! :-)))
EliminaSono felice che tu ne abbia gradito la lettura! ^_^