La storia, in
particolare quella dell’arte, è costellata di vicende legate a contrasti tra vari antagonisti. Una
rivalità, che via via si fa sempre più accesa e si trasforma in qualcosa di
molto potente, capace di modificare i progetti iniziali di quegli artisti per spingerli a raggiungere vertici innovativi tali da riverberarsi su tutti noi.
Forse non è un caso che
certi destini si incrocino. Forse non è un caso che certe relazioni lascino un
segno che va oltre la vita dei protagonisti. Chissà... ma secondo il pensiero buddista “il caso” non esisterebbe affatto.
In questo
post mi propongo di raccontarvi la storia di due di loro: Gian Lorenzo Bernini
e Francesco Borromini.
Parlando di Bernini e
Borromini sono stati spesi fiumi di inchiostro per definirli quali maggiori esponenti dell’architettura barocca.
Gian
Lorenzo Bernini, Autoritratto (1623 circa), Galleria Borghese, Roma |
Francesco
Borromini, Anonimo ritratto giovanile. |
Ora, come tutti sappiamo, nella storia dell’arte vengono applicate a posteriori delle categorie che servono per comprendere a quale periodo ci si stia riferendo. Nella realtà, nessun artista del diciassettesimo secolo sapeva di essere barocco, ovviamente!
Questa regola vale per
qualsiasi partizione, ma nel caso del barocco oserei dire che vale ancora di più. Perché? Semplicemente perché il termine
“barocco” di per sé non esiste, è pura invenzione.
Verso la fine del Seicento
viene usato l’aggettivo francese “baroque”,
a sua volta ricavato da un vocabolo portoghese, che si riferisce alla perla
scaramazza, dalla forma strana, contorta. Questa parola, però, è stata associata
all’arte e all’architettura romana di quel periodo per indicare qualcosa di bizzarro, in accezione quasi sempre negativa.
Ma vediamo di collocare questa
stagione culturale all’interno di date certe. Possiamo dire che essa nasce con
la conclusione del Concilio di Trento, nel 1560
e si chiude con la salita al trono di Luigi XIV, nel 1666.
Sono anni di conflitti
tremendi che coinvolgono il vecchio continente: basti pensare alla cosiddetta Guerra dei Trent’anni che dilaniò
l’Europa centrale, in particolare il popolo germanico, tra il 1618 e il 1648.
L’Italia, diversamente da altri Paesi, attraversò quel periodo senza grandi
sconvolgimenti bellici, anche se versava in uno stato di estrema povertà a
causa della terribile carestia che facilitò la diffusione della peste (1630-31)
al nord, soprattutto su Milano.
Dal Concilio di Trento, che
per molti ebbe una funzione repressiva, emergono due grandi giustizieri: Carlo Borromeo, che diventerà Arcivescovo
di Milano, si opporrà alla candidatura a pontefice e infine verrà santificato e
Gabriele Paleotti, altro Cardinale
che diventerà Arcivescovo di Bologna. Borromeo e Paleotti, di fatto, scandiscono
i dettami della vita quotidiana. Se la prima metà del ‘500 è dominata dagli
intellettuali, motore della creatività – anche i grandi artisti del
Rinascimento altro non sono che figli di grandi famiglie borghesi e
intellettuali – la seconda metà, quella appunto della controriforma, sarà contro gli intellettuali. La Chiesa in quel
periodo cerca la via dell’accordo per impedire che anche l’Italia venga
sommersa dalle guerre intestine e guarda a quel mondo intellettuale come a
qualcosa di molto pericoloso, proprio perché apportatore di dibattiti che
favoriscono la nascita di ipotesi scomodissime.
Così, lo stesso Borromeo,
vero “regista” del Concilio di Trento, ci va giù pesante. Ispeziona ogni
singola diocesi per verificare la condotta dei vari sacerdoti e interviene più
volte con plateali espulsioni. Chiede ai parroci di tenere sotto controllo il
comportamento dei fedeli (anche i comportamenti superstiziosi e blasfemi),
dispone che durante la celebrazione delle funzioni sacre gli uomini e le donne restino
separati, istituisce processi per stregoneria, indica quali siano i
divertimenti e festeggiamenti consentiti al popolo e quali no. Ma non è tutto
e, infatti, mentre nel Nord Europa si sviluppa l’arte del rigore, qui Borromeo
mette a punto i nuovi canoni, in
particolare, relativi alla pittura sacra. Quindi, istituisce un organo di controllo e di filtro delle opere che
saranno destinate al pubblico, sotto il giudizio dei vescovi. I topos della
pittura controriformista, ad esempio, saranno la sofferenza e la morte
come strumento di affrancamento dai peccati e di elevazione verso Dio. Guai
all’artista che peccherà di fantasia nel rappresentare i personaggi biblici.
Però, come sempre accade, c’è sempre qualcuno che trova degli escamotages. Michelangelo Buonarroti, Giudizio Universale, Cappella Sistina, Roma. Si noti l'intervento censorio di Daniele da Volterra, detto il Braghettone |
Avviene
così che, da una parte, viene ingaggiato Daniele
da Volterra (detto il Braghettone o Mutandaro) per rivestire di “perizomi”
il Giudizio Universale di Michelangelo, mentre dall’altra, Pellegrino Tibaldi (pittore e architetto in cui Carlo Borromeo
riponeva tutta la sua fiducia), paradossalmente presenta opere muscolosissime,
come l’“Adorazione dei pastori” e
“L’accecamento di Polifemo” con
personaggi ripresi di schiena e caratterizzati da pose contortissime.
Pellegrino Tibaldi Adorazione dei pastori, 1549, Roma, Galleria Borghese |
Un altro dettame della
controriforma è appiattire tutto: vengono
pertanto esaltate le arti minori a svantaggio delle maggiori. Tutto deve avere
lo stesso peso: l’intagliatore di legno varrà come lo scultore e così via.
L’arte deve diventare popolare, la stessa Italia deve tornare
alle sue origini popolari e il potere dovrà rimanere in mano all’unico attore
che possiede il diritto di mantenerlo, cioè la Chiesa. Il motto della
controriforma sembra, dunque, essere: “Non leggete, non studiate, non
approfondite. Divertitevi, ma non troppo e solo come indichiamo noi, dopodiché
state calmi”. Le figure dei papi saranno fondamentali nella storia dell'arte barocca (seguite i cognomi e capirete).
Anche sul piano musicale
cambiano i registri: se prima la musica era destinata a pochi eletti che
potevano goderne in privato, ora prende piede l’uso del violino, strumento che risuona più potente di
qualsiasi altro e che, pertanto, si presta a far ballare la gente in piazza. In
architettura scompare il punto di fuga unico, tipico del Rinascimento: gli
equilibri perfetti vanno dimenticati, entrano in gioco torsioni ed equilibri
vertiginosi, più affini all’universo dei manufatti artigianali (certi
riccioli barocchi evocano più la pasticceria, che l’architettura) e si dà il
via a una commistione di estetiche dove tutto si equivale.
papa Gregorio XV |
In questo scenario non va
dimenticata la discesa, oggettivamente cospicua, di nordici che “invadono”
letteralmente i cantieri
romani. Sono tantissimi, infatti, i ticinesi
chiamati a Roma da papa Gregorio XV,
nato Alessandro Ludovisi (quello che nominò Armand-Jean du Plessis, passato
alla storia come il cardinale Richelieu) che svilupperanno la cultura del manufatto. Tutti questi elementi messi
insieme costituiranno la base per la nascita del Barocco che altro non è se non
un grandissimo evento dello spettacolo liturgico. Sarà sotto questa luce che andranno
lette le biografie di Bernini e Borromini.
Francesco
Castelli, nasce, nel 1599, a Bissone, vicino al Lago di Lugano in Canton Ticino,
da una famiglia di capomastri e scalpellini. Più tardi cambierà il proprio
cognome in Borromini, in onore di San Carlo Borromeo. Verso i 12 anni giunge
con il padre a Milano per l’apprendistato presso la Fabbrica del Duomo, dove
rimane per una decina d’anni. In quegli anni, lo zio materno, Leone Garove, impegnato
nei lavori alla Basilica di San Pietro, chiede al nipote di raggiungerlo ed è
allora che i destini del Borromini e del Benini iniziano ad intrecciarsi.
Papa Urbano VIII (1632), Gian Lorenzo Bernini, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma |
A dirigere
i lavori della Basilica, fortemente voluti da papa Urbano VIII, nato Maffeo
Vincenzo Barberini e successore di Gregorio XV, troverà Carlo Maderno
(varesotto di Capolago) e Gian Lorenzo Bernini,
che ha solo un anno più di lui (è nato il 7 dicembre del 1598), ma è giunto a Roma, da Napoli (la madre è
napoletana e il padre è un celebre scultore fiorentino) da piccolissimo, vi è
cresciuto, ha studiato in questa città e si è già fatto notare per le sue poliedriche
qualità artistiche (eccelle dalla scultura all’urbanistica) diventando il prediletto di papa Urbano VIII. Questo papa vede in Bernini una sorta di nuovo
Michelangelo, capace di realizzare opere che comunicano la grandiosità della
Chiesa. Sotto la
sua protezione il nostro artista a tutto tondo realizza la Fontana del Tritone,
in piazza Barberini (1610); Il Ratto di Proserpina (1621-22) in Galleria
Borghese; la Fontana della Barcaccia (1627-29), ai piedi di Trinità dei Monti.
visuale da basso del baldacchino di S. Pietro in Vaticano |
Arriviamo
intorno al 1622 e a Borromini viene chiesto di assistere Bernini nella
decorazione del baldacchino della Basilica di San Pietro. Questa è l’occasione per Borromini che gli permette di mettersi in mostra: ci riuscirà perfettamente. Come già accennato,
a quei tempi Roma è un enorme cantiere a cielo aperto. Ovunque vengono eseguiti
lavori di sistemazione e realizzate nuove strutture. Tra i tanti progetti
avviati, vi è anche la costruzione di Palazzo
Barberini, iniziata nel 1625, la cui direzione viene inizialmente affidata
a Carlo Maderno, il quale chiama Borromini a collaborare e, successivamente
alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1629, subentra Gian Lorenzo Bernini
che continua ad avvalersi del suo contributo.
Borromini, scala interna di palazzo Barberini, 1630 |
Ben presto, però, le loro
strade si separano e l’iniziale
concordia muta in un sentimento di rivalità
e inimicizia. Da qui in poi Bernini e Borromini lavorano incessantemente su più
fronti.
Bernini, Elefantino che sostiene l'obelisco della Minerva |
Tra le opere più popolari di Bernini
realizzate in quel periodo ricordiamo: L’estasi di Santa Teresa d’Avila, (1647 -52),
collocata nella chiesa di Santa Maria della Vittoria; la Fontana dei Quattro
Fiumi (1648-51), in piazza Navona, il Colonnato di San Pietro (1656), l’Elefantino
che sorregge l’obelisco di fronte a Santa Maria sopra Minerva (1667)
Tra quelle di Borromini annoveriamo: la chiesa di San
Carlo alle Quattro Fontane, detta S. Carlino (1638-41), Sant'Ivo alla Sapienza (1642-60), Chiesa
di Sant'Agnese in Agone (1653-57), Basilica di Sant'Andrea delle Fratte
(1653-62), completamento del lato nord del Palazzo della Sapienza (1632-67)
Borromini, Chiesa di S. Ivo |
Tra i due le differenze di carattere sono enormi e il loro rapporto si rivela estremamente
conflittuale, fin dall’inizio. Bernini
mostra un temperamento sanguigno, è estroverso,
focoso, strabiliante e sovente cade in preda a scatti di collera violenta, come
quando commissiona a un sicario l’incarico di sfregiare la fidanzata perché
sospettata di averlo tradito con suo fratello. Bernini conduce una vita principesca, sempre all'insegna della maestosità. Borromini, dalla sua, possiede un carattere inquieto, schivo, ombroso, enigmatico, facilmente incline
alla malinconia e più avvezzo alla solitudine, che alla vita sociale. Borromini rincorre la perfezione e vive nell'ansia di non riuscire a raggiungerla mai. La sua vita è lastricata di sacrifici, di umiliazioni, di paure. Anche i
loro stili sono agli antipodi.
Borromini, Chiesa di Sant'Agnese in Agone |
Le opere del Borromini sono destinate
ad essere apprezzate da un pubblico ristretto e colto, sono realizzate con
materiali poveri eppure sono aperte a sperimentazioni non convenzionali e
ricche di connotati sofisticati, derivanti dalla sua passione per la matematica,
che si esprimono soprattutto attraverso la successione ritmica di linee concave
e convesse, in un gioco di rientranze e sporgenze.
Bernini, invece, esercita con maestria non
solo la scultura e l’architettura, ma anche la pittura e le arti minori,
disegnando oggetti di oreficeria, di arredamento e simili. Inoltre allestisce
con strabiliante originalità le macchine scenografiche e decorative delle
grandi feste pubbliche. Il suo stile è fortemente impattante e volutamente
rivolto a tutti.
Bernini, Apollo e Dafne, 1622-25 Galleria Borghese |
Sintetizzando si potrebbe dire che tra i due protagonisti del
barocco romano, Borromini penetra negli strati più profondi dell’architettura,
mentre Bernini mira all’effetto teatrale e usa tutti mezzi che ha a disposizione
per creare un’ammaliante esibizione.
Diego Velasquez, ritratto di papa Innocenzo X Galleria Doria Pamphilj |
Con la
morte di Urbano VIII, nel 1644, la carriera di Bernini, che nel frattempo si è
distinto ancor di più portando a compimento opere magnifiche, subisce un
improvviso arresto. Roma attraversa un momento di difficoltà economica e il nuovo pontefice, Innocenzo X, nato Giovanni Battista Pamphilj, mostra di possedere
idee diverse dal suo predecessore. Bernini cade dal “trono” di architetto “di
corte” e il suo posto viene occupato dal suo rivale: Innocenzo X affida al
Borromini il rinnovamento della facciata della Chiesa di S. Giovanni in
Laterano e, successivamente, gli commissiona la realizzazione della fontana in
piazza Navona.
Il risentimento del Bernini
verso il rivale cresce sempre più, ma costui non è di certo persona che accetti
un simile smacco mettendosi in disparte. A riprova di questo suo forte
antagonismo, decide di realizzare un modello in argento dell’opera e fa in modo
che esso giunga al papa. In questo modo si riappropria del progetto,
soffiandolo sotto il naso al Borromini, e realizza la Fontana dei Quattro Fiumi.
Bernini, fontana dei Quattro Fiumi |
Intanto i lavori urbanistici
nella capitale sono in grandissimo fermento, anche in vista del prossimo Giubileo che si terrà nel 1650. Borromini, tra il 1653-57 dirige
la costruzione della chiesa di Sant'Agnese in Agone (che guarda caso, si affaccia su piazza Navona e trova di fronte a sé la fontana dei Quattro Fiumi), mentre Bernini lavora alle
cappelle Raimondi a S. Pietro in Montorio e quella dei Cornaro a S. Maria della
Vittoria nelle quali trovano luogo i più formidabili esempi di “bel composto”,
quel concetto universale delle arti, tipicamente berniniano, che sarebbe
risultato fondamentale per l’intera cultura visiva del barocco.
papa Alessandro VII |
Nel
gennaio 1655 muore papa Innocenzo X
e nell’aprile dello stesso anno viene nominato Alessandro VII, nato Fabio Chigi. Contestualmente Bernini
torna in auge perché diventerà un suo protetto. La realizzazione
della Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale (1658-78), così come facciata della
collegiata di Santa Maria Assunta ad Ariccia (1663-65), del rifacimento di
Palazzo Chigi-Odescalchi (1665), fino alla Cattedra di San Pietro e al
Colonnato di San Pietro, verranno assegnate a Gian Lorenzo Bernini per interessamento
della famiglia Chigi.
Bernini, Colonnato ellittico di Piazza S. Pietro, Roma, 1654 |
Ma già intorno al 1650 per Borromini ha inizio una grave crisi che
lo porterà alla depressione. La sua intrinseca tensione alla perfezione, unita all'umiliazione di constatare il grande successo riservato al suo acerrimo nemico lo distruggono. Nell'estate
del 1667 la sua salute, già scossa
dai frequenti disturbi nervosi, si aggrava. La sera
del 1º agosto decide di suicidarsi
gettandosi su una lancia, sistemata all’occorrenza.
Bernini, visuale della cappella
Cornaro: al centro santa Teresa e il cherubino ai lati, i vari membri della famiglia Cornaro si affacciano dai finti balconcini |
La salma di Borromini verrà respinta dalla Chiesa di S. Carlo alle Quatto Fontane, dove lo stesso architetto aveva previsto di venir tumulato, perché la morte è avvenuta per suicidio. Le sue spoglie riposano ora, sotto una
minuscola lapide, presso la chiesa di S. Giovanni de’ Fiorentini.
Bernini si
spegnerà molti anni più tardi, serenamente, dentro il suo letto all’interno del
palazzo situato in piazza di Spagna, il
28 novembre del 1680. Verrà
sepolto, con tutti gli onori, in Santa Maria Maggiore.
Eppure, viene da pensare che in
questa relazione, dove l’invidia ha avuto probabilmente un ruolo molto
importante, siano scattati anche meccanismi positivi che hanno portato i due
artisti a confrontarsi l’uno con l’altro al fine di raggiungere obiettivi
sempre migliori. Una tale competizione non può, dunque, a mio modesto parere,
prescindere da un sentimento speculare che coesiste alla base della loro
rivalità e cioè una grandissima ammirazione reciproca.
Finisce così la storia di
questi due grandi artisti che hanno contribuito a disegnare il volto della
capitale.
E ora, mi rivolgo a voi:
Vi interessano le storie di rivalità tra i personaggi famosi della storia dell'arte?
Quali sono le coppie antagoniste che vi hanno affascinato di più?
E ora, mi rivolgo a voi:
Vi interessano le storie di rivalità tra i personaggi famosi della storia dell'arte?
Quali sono le coppie antagoniste che vi hanno affascinato di più?
BIBLIOGRAFIA:
Paolo Portoghesi, Roma
barocca, storia di una civiltà architettonica, Roma (Laterza) 1966.
Sito ufficiale di Francesco
Borromini
Wikipedia
ICONOGRAFIA:
1 Gian Lorenzo Bernini,
autoritratto (1623 circa), Galleria Borghese, Roma. Wikipedia
2 Francesco Borromini, anonimo,
ritratto giovanile. Wikipedia
3 Michelangelo Buonarroti,
Giudizio Universale, Cappella Sistina. Wikipedia
4 Pellegrino Tibaldi, Adorazione
dei pastori, 1549, Roma, Galleria Borghese. Wikipedia
5 Papa Gregorio XV, autore
sconosciuto. Wikipedia
6 Gian Lorenzo Bernini, Papa
Urbano VIII (1632), Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma. Wikipedia
7 G.L. Bernini, veduta dal
basso del baldacchino di S. Pietro in Vaticano. Wikipedia
8 Francesco Borromini, scala
interna di palazzo Barberini, 1630, Roma. Wikipedia
9 G. L. Bernini, Elefantino
che sostiene l'obelisco della Minerva, Roma. Wikipedia
10 Francesco Borromini, Chiesa
di S. Ivo, Roma. Wikipedia
11 Francesco Borromini, Chiesa
di S. Agnese in Agone, Roma. Wikipedia
12 G.L. Bernini, Apollo e
Dafne, 1622-25, Galleria Borghese, Roma. Wikipedia
13 Diego Velasquez, ritratto
di papa Innocenzo X, Galleria Doria Pamphilj, Roma. Wikipedia
14 G.L. Bernini, Fontana dei
Quattro Fiumi, Roma. Wikipedia
15 papa Alessandro VII, nato
Fabio Chigi, autore sconosciuto. Wikipedia
16 G.L. Bernini, Colonnato
ellittico di Piazza S. Pietro, Roma, 1654. Wikipedia
17 G.L. Bernini, visuale della
cappella Cornaro, Roma. Wikipedia
Non solo la storia dell'arte, ma anche nella scienza a volte ci sono state grandi rivalità. Celeberrima quella tra Galvani e Volta.
RispondiEliminaRicordo vagamente la disputa a cui fai riferimento, ma sono attratta da queste curiosità. Ti andrebbe di scrivere un guest post sui principali casi di rivalità in ambito scientifico? Qui sul mio blog sarebbe il benvenuto!
EliminaNe avevo in parte parlato in questo mio vecchio articolo:
Eliminahttp://insidetheobsidianmirror.blogspot.it/2014/12/ore-dorrore-frankenstein-pt2.html
Grazie, Marco. Ho letto e ritrovato il caso Galvani - Volta, descritto benissimo, anche per un "non addetto ai lavori". Se ti andasse di raccontare della disputa tra i due scienziati, che se non ricordo male si era svolta a livello di carteggi (saggi e lettere) e se volessi citarne altri, l'invito rimane validissimo!
EliminaMagistrale come sempre questo articolo di Clementina Sanguanini. Ho apprezzato ogni singola riga della storia dell'arte e della storia stessa,connessa in uno spazio temporale che diventa cornice e affresca le figure del Borromini e del Bernini. Tra immagini superlative e sequenze è facile intuire quanto determinante è stato l'apporto dei due artisti alla configurazione del volto della Capitale. La bellezza dell'articolo risiede nella capacità di Clementina di mettere in rilievo le caratteristiche diverse e contrastanti dei due protagonisti del baracco romano. E non solo a livello artistico, quanto umano e caratteriale. Grazie, Clem. Ancora una volta ho scoperto volti dell'arte italiana di cui non conoscevo elementi così approfonditi.
RispondiEliminaGrazie di cuore, Annamaria!
EliminaBellissimo post, molto completo... anche se alla fine mi ha lasciato una certa tristezza di fondo. Se mi piacciono le storie di rivalità tra artisti? Ebbene sì, o altrimenti non avrei scritto un certo romanzo! ;)
RispondiEliminaMi pare di ricordare che vi fosse rivalità tra i tre pittori inglesi Constable, Turner e Gainsborough. Ci sono rivalità anche in ambito sportivo, specialmente in Formula 1 e nelle gare in moto. Invece l'invidia e la gelosia che si vedono delineate in Amadeus tra Mozart e Salieri non sono storicamente documentate. Anzi, Salieri era più apprezzato di Mozart alla sua epoca.
Ma ciao, Cristina, mi ero persa il tuo commento! Ahahaha, sapevo che avresti apprezzato l'argomento! Confermo la rivalità tra i tre inglesi e, ovviamente quella di Salieri per Mozart, ma in generale si parla poco (e male) di questi sentimenti. Grazie del passaggio! ;-)
EliminaIn effetti ho commentato solo oggi perché sono stata travolta da incombenze lavorative... Però avevo letto il titolo del post del lunedì e mi ero fatta un nodo al mio fazzoletto mentale. :)
EliminaTutti a scuola da Clementina! Ad Ariccia abbiamo Palazzo Chigi e (di fronte) la collegiata di Santa Maria Assunta in Cielo. Due splendidi capolavori! In entrambi i casi Bernini si avvalse della collaborazione dell'artista e amico Carlo Fontana. Volevo contribuire!
RispondiEliminaGrazie per questi golosi post.
Ciao Lauretta, sei un tesoro e il tuo contributo è prezioso! Non ho citato tutte le opere dei due artisti per evitare l'effetto lista, ma voi a Roma siete circondati da meraviglie :))
EliminaGrazie di cuore per la visita, ti abbraccio. A presto! :-)