lunedì 25 giugno 2018

Gustavo Rol, l’uomo del “tutto è possibile”





«Spalancare le porte dell’infinito, distruggere la malinconia, superare il terrore della morte».

Questa è una delle frasi pronunciate in modo ricorrente da uno dei personaggi del ‘900, a mio parere, più affascinanti e, al tempo stesso, più difficili da inquadrare: Gustavo Adolfo Rol.

Rol nel suo studio
Rol nasce il 20 giugno del 1903 in una famiglia agiata di Torino. Il padre, Vittorio, è un avvocato che, nel 1909 viene incaricato di aprire e dirigere la sede torinese della Banca Commerciale Italiana, la madre, Martha Peruglia, è figlia del Presidente del Tribunale di Saluzzo. Il giovane cresce in un ambiente ricco e colto, frequenta fin da giovane le famiglie più in vista della città, si interessa alle arti, alla pittura e alla musica. Nel 1922 si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Torino, dove si laurea. In seguito studia anche scienze commerciali a Londra e si interessa di biologia, con il sostegno del premio Nobel, Jacques Monod, che conosce a Parigi negli anni ‘50. Inizia a lavorare per diverse banche e in questo modo gira tutta l’Europa.


Intorno agli anni ’30 decide di cambiar vita, lascia il lavoro nelle banche, si dedica al commercio di oggetti antichi e alla pittura. A Parigi, in un café, conosce la ragazza che poi diverrà sua moglie. Si chiama Elna Resch-Knudsen, norvegese, figlia di un capitano di marina e nipote di un ministro di Stato.


Rol a 5 anni (a destra) con madre e fratelli
Durante la Seconda Guerra Mondiale si arruola nel corpo degli Alpini e dopo l’8 settembre del 1943 mette in gioco le sue potenzialità telecinetiche per salvare molte persone condannate alla fucilazione da parte dei nazi-fascisti, stupendo e divertendo con i suoi esperimenti i vari ufficiali tedeschi.
Potrebbe approfittare delle sue strabilianti doti per arricchirsi, ma non lo farà mai. Anzi, continua a vivere un’esistenza all’insegna della riservatezza e della sobrietà. Rifugge la popolarità e prende nettamente le distanze da qualsivoglia ambiente legato all’esoterismo, di cui Torino abbonda, tra l’altro.

Muore il 22 settembre 1994, ultranovantenne, nella sua città.
Elna Rol da giovane
La sua fama di sperimentatore del paranormale, invece inizia in modo da lui stesso definito “molto banale”.

Sollecitato dal giornalista Renzo Allegri, su “L’uomo dell’impossibile”, egli risponde così:
«Era un pomeriggio di sabato. Avevo ventitré anni e mi trovavo a Marsiglia perché lavoravo in quella città. Notai nella vetrina di un tabaccaio una scatola contenente due mazzi di carte da gioco; la scatola era scivolata e un mazzo, uscendovi, si era rovesciato in maniera che non se ne scorgeva il dorso. Sull’altro mazzo era visibile il dorso di colore verde. Incuriosito, cercai di immaginare il colore dell’altro mazzo. Allontanandomi, non potevo distogliere il pensiero da quel mazzo di carte. La mia curiosità diveniva sempre più grande: quale colore aveva accostato al verde il fabbricante delle carte? Azzurro non mi sembrava possibile, rosso sarebbe stato banale, giallo… forse il giallo… ecco il giallo mi pareva adatto ad accostarsi al verde. Ritornai sui miei passi e riguardai la vetrina. I mazzi di carte erano ancora lì e poiché la mia curiosità era sempre maggiore, entrai nel negozio ed acquistai quelle carte. Rimasi molto deluso perché il mazzo rovesciato aveva il colore nero».


Rol nel 1924
Per gioco, dunque, inizia un lunghissimo studio sulla relazione che lega il suo cervello con le sorgenti del caso e della materia. Durante i primi due anni stabilisce l’esistenza di un legame essenziale tra i colori e i suoni. Un rapporto che egli stesso definisce «atto a favorire quella particolare sensazione psichica offerta dalle vibrazioni provocate dai colori e dai suoni, che avrebbe potuto tradursi in una sorta di ‘calore’.”
Va da sé che, in seguito ai primi esperimenti sulle carte, inizia a studiare le tradizioni della mistica e della teologia di tutte le religioni, immergendosi in un cammino di profonda ricerca esoterica.
Continuando a rispondere al giornalista Rol aggiunge:
«Sono indicazioni vaghe, queste, ma ho voluto fornirle egualmente per smentire che io sia nato con delle particolari facoltà sensorie, per le quali, oggi, mi si vorrebbe indicare quale ‘sensitivo’ dagli studiosi di parapsicologia. »

Casa Rol
E, non a caso, Allegri inizia la prima monografia mai scritta su questo curioso personaggio, usando le seguenti parole:

«Non è possibile dare una definizione di Rol. Egli le rifiuta e le contesta tutte. Non è un medium, non è un mago, non è un guaritore, non è un veggente, non è un paragnosta […] Le sue esibizioni sembrano violare in modo sconcertante le leggi fisiche. Sa scrivere a distanza, leggere in un libro chiusa, disintegrare gli oggetti, trasportarli senza toccarli; inoltre, sa predire il futuro, vede intorno al capo di ogni uomo la famosa “aura” di cui parla la filosofia indiana, e conosce tutto dell’individuo che osserva; è stato fotografato nello stesso istante in due città diverse, lontane migliaia di chilometri l’una dall’altra; può mettersi in comunicazione con lo “spirito intelligente” di chiunque, vivo o morto che sia; fa e fa fare viaggi nel passato e nel futuro. E tutto questo con la massima naturalezza, spontaneità, semplicità, senza mai andare in trance, a volte per strada, o anche al ristorante, come fossero azioni normali della sua normale vita quotidiana. »  

Gatto, olio su tela di G. Rol
Infatti, proprio nella consapevolezza che Renzo Allegri stia conducendo un’inchiesta sul paranormale per conto del settimanale “Gente”, egli si pronuncia in questo modo:
«Ma è sicuro che io sia importante per la sua inchiesta? Io sono una persona qualsiasi. Non ho niente a che vedere con i medium, i guaritori, gli spiritisti che lei intervista. Quello è un mondo lontano dalla mia mentalità. I miei modesti esperimenti fanno parte della scienza. Sono cose che in un futuro tutti gli uomini potranno realizzare. »

È evidente quanto sia conscio di possedere i pregi e i difetti di tutti gli altri esseri umani, seppure lo sia altrettanto di essere dotato di capacità che egli stesso non è in grado di spiegare compiutamente. Ebbene, ciononostante nutre un profondo scetticismo nei confronti dello spiritismo, mentre si sente più affine a un ricercatore dei campi del possibile a cui stanno profondamente a cuore le leggi che regolano l’attività della materia e il suo continuo mutamento, nel campo della chimica e della fisica.
Per Rol la materia è energia e ogni cosa, animata o inanimata, possiede uno “spirito” e a questo “spirito” egli conferisce una prerogativa assoluta.

Serata a casa Rol
Man mano che i suoi studi avanzano cresce la sua fama. E così entra in rapporti di conoscenza con personaggi che, a vario titolo, hanno lasciato un segno nella storia del XX secolo: Mussolini, Enrico Fermi, Curzio Malaparte, Albert Einstein, Pablo Picasso, Elisabetta d’Inghilterra, Benedetto Croce, Valentino Bompiani, Alberto Bevilacqua, John Kennedy, John Cage, Gabriele D’Annunzio, Georges Braque, Jean Cocteau, Salvador Dalì, Vittorio Valletta, Giovanni Agnelli, Cesare Romiti, Valentina Cortese, Vittorio Gassman, Giorgio Strehler, Dino Buzzati, Dino Segre, Franco Zeffirelli, Federico Fellini, e molti altri ancora.

Rol con John Cage
Sono numerosissimi gli esempi delle straordinarie esperienze condotte da Rol che vengono riportate sul libro di Allegri e su molte altre biografie a seguire. Invitandovi a sfogliare le pagine di questi libri, ne do un assaggio:

(da “Rol, L’incredibile”, di Renzo Allegri, Musumeci, 1986)
«Un giorno invitai a casa mia Rol per fargli vedere un quadro che avevo appena acquistato. So che non ama certa pittura contemporanea, ma, poiché è un grande intenditore d’arte tenevo molto al suo giudizio. Accompagnandolo in salotto gli dissi: Ecco il quadro. “Non mi piace” disse subito Rol e aggiunse: “Te lo scarabocchio”. Estrasse la sua famosa matita e la puntò contro il quadro tracciando dei segni nell’aria. Per carità non farlo, gridai io. Mi è costato un sacco di soldi. Corsi verso il quadro per vedere se Rol me lo avesse rovinato, ma non notai nessun segno. Meno male che non hai combinato disastri, esclamai sollevato. “Prova a togliere quel quadro”, disse ancora. “Lo tolsi e sul muro c’era un vasto scarabocchio a matita. Rol aveva risparmiato il mio quadro; ma aveva manifestato il suo dissenso scrivendo sul muro sotto il quadro».
«A volte Rol “scrive” anche sui tovaglioli delle persone che stanno ai tavoli vicini. Lo fa solo quando è sollecitato dagli amici, che vogliono divertirsi. Mi hanno riferito che uno di questi è Federico Fellini. Quando si trova a Torino, il riferito regista va sempre a salutare Rol. Poi lo invita a pranzo e infallibilmente gli chiede di “scrivere” a distanza, sui tovaglioli di certi commensali. Rol si rifiuta, dice che non riesce a fare qualcosa che altri vorrebbero, ma poi finisce per cedere. Fellini sceglie certi signori corpulenti, che pranzano con il tovagliolo puntato sul petto sporgente. “Scrivigli qualche epiteto spiritoso”, suggerisce a Rol. Il sensitivo traccia dei segni per aria e sul tovagliolo bianco del tranquillo commensale appaiono le frasi più strane, spesso pungenti.
Quando il “bersagliato” se ne accorge protesta con i proprietari del ristorante. Qualcuno si arrabbia, minaccia e Fellini si diverte un mondo. Un medico mi mostrò una tovaglia con una rosa disegnata sopra, una rosa in un vasetto di vetro. “Rol disegnò la rosa”, mi disse il medico “che era sul nostro tavolo, e mi donò la tovaglia” aggiunse. Gli feci osservare che mancava il vasetto. “Sei proprio incontentabile”, disse Rol “Tieni bene sollevata la tovaglia” aggiunse. Così a un metro di distanza, sotto gli occhi delle persone che erano al tavolo con noi, il vasetto venne tracciato per aria e apparve immediatamente sulla tovaglia, completando il disegno». 

(da L’uomo dell’impossibile, Viaggio nel paranormale, le storie dei sensitivi italiani nella grande inchiesta di Gente, Rusconi, 1978)
«Distribuì dei fogli di carta perfettamente bianchi. Li osservai attentamente: erano comuni fogli di carta, tolti da una risma intonsa. Ci invitò a piegarli alcune volte e a riporli al centro del tavolo. Uno di quei fogli isolato, contrassegnato e consegnato a me con l’invito di mettermelo in tasca. Lo controllai ed eseguii. A questo punto Rol chiese ai presenti di indicare un argomento. Ci consultammo e decidemmo di parlare di arte. “Sta bene” aggiunse Rol. “Parliamo pure di arte”. Si cominciò col dire che l’arte proviene dal pensiero, che è possibile dividerla in arte antica e arte moderna, arte classica e arte astratta. Rol chiese che gli dessimo una definizione di arte classica e arte astratta. Una signora disse: “L’arte classica proviene dall’espressione del pensiero”. “È una definizione non proprio ortodossa” disse Rol, “comunque va bene. Ora chiediamo all’Enciclopedia Treccani una definizione dell’arte astratta. Attraverso le carte, in modo che sia il caso a decidere, sceglieremo due numeri di due cifre ciascuno: il primo indicherà il volume dell’enciclopedia, e il secondo la pagina di quel volume. Ebbene, la prima riga della pagina che indicheranno i numeri scelti a caso, dovrà iniziare con una frase che sia una risposta logica alla domanda: ‘Da dove proviene l’arte astratta?’”. La prima carta estratta era un 2 e la seconda un 3: il primo numero quindi era il 23; il secondo risultò essere il 22. “Allora”, disse Rol “dobbiamo controllare il volume ventitreesimo a pagina 22”. Fu portato il ventitreesimo volume della Treccani: alla prima riga della pagina 22 leggemmo: ‘dalla metafisica del pensiero’. “È una buona definizione”, disse Rol. “L’arte astratta proviene dalla metafisica del pensiero. È un concetto che non mi dispiace. Mi faccia vedere il foglio che ha in tasca”, disse rivolto a me. Me ne ero dimenticato. Lo presi, e al centro a matita c’era scritto: ‘dalla metafisica del pensiero’: la stessa frase indicata nell’enciclopedia dai numeri scelti a caso. Rol sorrise guardando il mio stupore. Poi volle firmarmi il foglio a ricordo di quell’esperimento».

(da “Universo proibito”, SugarCo editore, di Leo Talamonti, 1966)
«Fu nel marzo 1961 che incontrai per la prima volta il dottor G. Rol. Gli avevo telefonato da Milano nel pomeriggio di un mercoledì, e si era rimasti d’accordo che ci saremmo incontrati in casa sua due giorni dopo, cioè il venerdì successivo, alle 21,30. Ma io anticipai la partenza e giunsi a Torino nelle prime ore pomeridiane del giovedì. Ero appena sceso in un alberghetto scelto a caso tra i numerosi della zona di Porta Susa, quando fui raggiunto da una sua telefonata assolutamente inattesa: “Ho cambiato idea: venga pure questa sera, alla stessa ora che avevamo fissato per domani”.
“Ma lei come fa a sapere che sono già arrivato e che mi trovo in questo albergo?”
“Stavo disegnando a carboncino e la mano ha scritto automaticamente il suo nome, aggiungendo l'indicazione: albergo P., stanza 91”.
Elementi, nella normalità, ignoti al sensitivo. Quando mi presentai a casa sua... avevo con me una delle solite cartelle di cuoio con vari incartamenti... mi apostrofò con queste parole: “Vedo che la sua cartella contiene due articoli sulla telepatia, già pronti ma non ancora pubblicati. Argomento interessante”. Era vero, ma come faceva a saperlo? Senza darmi il tempo di proseguire, disse: “L'avverto però che l’episodio riguardante Napoleone, di cui lei parla nel secondo articolo, contiene una inesattezza. Posso dargliene la prova”. ».

Paesaggio, olio su tela, Gustavo Rol
(da “Gustavo Adolfo Rol. Il grande precursore”, di Giuditta Dembech, ed. Ariete, 2005, un episodio vissuto in prima persona dalla giornalista e scrittrice)
«Un pomeriggio mi trovavo a casa sua, da lui c’erano due ragazze di cui non ricordo il nome. Al momento di congedarci Rol chiese di dargli un passaggio fino a Porta Nuova. Io non avevo ancora la patente e chiese di accompagnare anche me per non farmi prendere il taxi. Le ragazze avevano una microscopica Fiat Cinquecento, lui era alto un metro e novanta; ridendo, obiettarono che in quattro saremmo stati molto stretti. Da parte mia rinunciai al passaggio. Non così Rol:
“Di cosa vi preoccupate? Io posso diventare grande o anche piccolissimo! Non ci credete? Ecco qua…”
Eravamo in piedi all’ingresso, pronte per uscire, si infilò i pollici sotto alle bretelle elastiche e le tirò estendendole verso l’esterno. Un gesto normalissimo e un po’ gigione, ma…Sotto ai nostri occhi divertiti tutto il suo torace si era… espanso, gonfiato a dismisura… Estese le bretelle verso l’alto ed ecco che si era allungato anche in altezza oltre che in larghezza! Era diventato enorme come l’omone della Michelin! Toccava quasi il soffitto, dovevamo alzare la testa per guardarlo! Era buffissimo… ridevamo come pazze!
“Eh, che ne dite? Ma posso anche diventare piccolo piccolo…”
Sempre ridendo, lasciò andare con uno schiocco le bretelle elastiche sul torace, e lo vedemmo come “sgonfiarsi”, si ritirò tutto su se stesso, come se si fosse accartocciato, divenne piccolo e magro, più piccolo di me che sono alta 1,65… Giusto il tempo di farci un’altra risata divertita e, non saprei dire come, era tornato normale… Ma la cosa che oggi ritengo più incredibile è che noi tre, anziché rimanere esterrefatte, magari anche impressionate, ridevamo, come fossimo al circo…»

(da una testimonianza dello scrittore Vittorio Messori, da lui stesso riportata sullo speciale Sette del Corriere della Sera, dell’ottobre del 1994)
«Si conversava, un giorno (era con me Giuditta Dembech) nel grande salone stile Impero, in attesa di trasferirci nell’ambiente attiguo per gli “esperimenti”. Si venne a parlare di quel Cottolengo dove Rol (mi dicono) era una presenza abituale e benefica e che, come si sa, non vive che di ciò che, giorno per giorno offre la Provvidenza. Sapevo bene che non aveva mai voluto approfittare per sé delle sue capacità inspiegabili. Ma per qual motivo non per gli altri?
“Dottor Rol”, gli chiesi dunque, “perché, con questa sua possibilità, mille volte provata, di ‘prevedere’ ciò che uscirà da un mazzo di carte o da una roulette, non sbanca un casinò? Perché non sottrarre qualche miliardo a quegli speculatori per dirottarli verso chi ne ha bisogno?”. Sorrise e lasciò cadere la domanda.
Poco dopo, ci sedemmo attorno al gran tavolo antico. Lui era a un capo, io a un altro, a notevole distanza uno dall'altro. La luce nell’ambiente era piena: non era ancora del tutto buio e i lampadari di cristallo erano accesi. Dopo qualche incredibile quanto consueto – per  lui – “esperimento” con le carte, mi si rivolse all’improvviso:
“Caro amico, voglio rispondere alla sua domanda. Si alzi, nel cassetto di quel tavolino troverà una risma di fogli bianchi. Ne prenda alcuni, li esamini uno ad uno, ne controlli la filigrana in controluce. Poi li ripieghi in quattro e li infili nella tasca interna della sua giacca. E chiuda bene il bottone!”.
Eseguii, ritornai al mio posto. Rol non si era mosso dal suo, non ci si era sfiorati. Per un attimo piegò la testa all’indietro, “scrisse” nell’aria con una sua matita – famosa tra i suoi frequentatori – rivestita di bambù. Subito dopo mi disse di estrarre dalla giacca i fogli bianchi che avevo controllato a uno a uno e che io solo avevo toccato. Sul foglio più interno stava scritta, a matita, la risposta alla mia domanda:
“Sarebbe una beneficienza fatta senza sacrificio, quindi non avrebbe valore alcuno (qui, una parola indecifrabile, n.d.r.) dello spirito di Rol”.
Volle che gli consegnassi il foglio: con la stessa matita (anche se in carattere più marcato) e con la stessa calligrafia – era inconfondibilmente sua quella “apparsa” di colpo nella mia tasca, quasi che la grafite si fosse depositata venendo dall'aria – scrisse: “Proprietà del dottor Vittorio Messori, 11 aprile 1989. R”.
Lo arrotolò e me lo consegnò “per ricordo”».

Gustavo Rol 
Ebbene, come avrete intuito, non è semplice trattare il retroterra filosofico di Rol, ma di sicuro possiamo dire che esso ha molto a che fare con la fede.
Infatti, in uno degli incontri narrati dallo stesso Allegri, egli, nel cercare di spiegare alcuni passaggi inerenti ai suoi prodigiosi esperimenti, prende il libro del Vangelo e indica le seguenti parole: “È la fede che smuove i monti”. Immediatamente aggiunge:
«Non si fermi al concetto di fede religiosa. Sostituisca pure alla parola fede quella di fiducia incrollabile. È la stessa cosa. Anche coloro che non credono in Dio possono avere una fiducia incrollabile […] Avrà notato che molto raramente cito nomi di filosofi, di scienziati, o di santi perché ognuno di noi ha i mezzi per intuire da solo. Questa è la vera strada della conoscenza. È vero che i maestri agevolano il cammino, ma forse il loro passo è più lento del nostro, il loro sguardo meno acuto, la loro resistenza meno grande. La mia non è presunzione e neppure mancanza di umiltà. Riconoscendoci in ciò che è possibile compiamo un atto di fede ed allora non manchiamo certamente la meta».
Orbene, non so a voi, ma a me anche quest’ultima affermazione ricorda tanto da vicino quella espressa ne “Lo Zen e il tiro con l’arco” (p. 24): “Eppure viene il giorno in cui questo impossibile diventa possibile, anzi persino ovvio.” (se vuoi leggere l’articolo clicca QUI).

Come molti di voi già sapranno, su Gustavo Rol sono state scritte e dette tantissime cose, nel bene e nel male.
Io ho sempre guardato a quest’uomo con il grande rispetto che si rivolge agli individui intelligenti, sensibili, gioiosi, sicuramente speciali, ma soprattutto desiderosi di apportare qualcosa di buono per impedire alle persone di cadere nella disperazione, donando speranza e confidando nella pace nel mondo.

Gratitudine, olio su tela, G. Rol
E voi, cosa ne pensate?

« In un momento qualsiasi della giornata lo spirito può divenire improvvisamente sereno, come il paesaggio all'alba. E' l'istante, questo, della grande iniziazione al sublime, dove si incontrano le grandi cose, come l'amore, la speranza o addirittura la rinuncia. »
Gustavo Rol, 7 luglio 1947











BIBLIOGRAFIA:

Renzo Allegri, “L’uomo dell’impossibile”, in “Viaggio nel paranormale”, Rusconi, 1978
Renzo Allegri, “Rol, L’incredibile”, Musumeci, 1986
Leo Talamonti, “Universo proibito”, SugarCo editore, 1966
Giuditta Dembech, “Gustavo Adolfo Rol. Il grande precursore”, ed. Ariete, 2005
Vittorio Messori, Sette del Corriere della Sera, dell’ottobre del 1994
Gustavo Adolfo Rol, Wikipedia

ICONOGRAFIA:
Gustavo Rol, Renzo Allegri, L’uomo dell’impossibile, Viaggio nel paranormale, Rusconi, 1978
copertine dei libri su Gustavo Rol:  http://2000-2013.gustavorol.org/home.html
Casa Rol, Archivio Franco Rol (© Arc. F. Rol)
Rol a casa di amici, poco prima dell'inizio degli esperimenti, Archivio Franco Rol (© Arc. F. Rol)
Gustavo a cinque anni, con la madre, la sorella Tina e il fratello Carlo, Archivio Franco Rol (© Arc. F. Rol)
Rol nel 1924 in divisa da Alpino, Archivio Catterina Ferrari
Rol con il compositore americano John Cage (gustavorol.org)
Elna Rol da giovane (gustavorol.org)


lunedì 18 giugno 2018

Tarocchi classici: Arcani Maggiori. Il Carro/16






Carissimi, il nostro viaggio tra gli Arcani Maggiori continua.
Avevamo incontrato L’Innamorato, una lama attraverso cui ci siamo trovati di fronte a una scelta, una scelta fatta con l’anima, ora incontriamo il settimo Arcano, Il Carro. I significati di questa lama sono molteplici, ve ne accorgerete presto.
Andiamo a conoscerli!



Anche se incappiamo subito in un giovane principe, il nome di questa carta non allude al personaggio, com’era sempre accaduto finora, ma al veicolo sul quale egli viaggia: il Carro, appunto.
Iniziamo dicendo che ci troviamo di fronte a una lama che parla di azione, di movimento. Anche il numero abbinato a questo Tarocco, il VII, è un numero primo,  divisibile solo per se stesso e che appartiene, dunque, anche alla famiglia dei numeri infiniti. Questo numero, fin dall’antichità, è stato considerato sacro, potente, magico e di buon auspicio, basterà ricordare i sette colori dell’arcobaleno, le sette note musicali, i Sette Spiriti di Dio citati nell’Apocalisse (usati anche per riferirsi alla perfezione e al completamento), i sette vizi e le sette virtù, i sette arcangeli della tradizione giudaica del Libro di Enoch, i sette giorni della settimana, i sette pianeti dell’astronomia antica, i sette sigilli dell’Apocalisse, i sette sacramenti,…

“Sinassi dell’Arcangelo Michele”.
Icona ortodossa dei sette Arcangeli,
Chiesa Ortodossa Russa, di Nižnij Novgorod,
dell’Assemblea dell’Arcangelo Michele.
 Tempera su legno, XIX sec.
Da sinistra a destra: Jegudiel, Gabriel, Selaphiel,
Michael, Uriel, Raphael, e Barachiel.
Sotto la mandorla del Cristo Emmanuele
sono rappresentati due Cherubini (in blu)
e un Serafino (in rosso).

Proseguendo nella mia ricerca, vi propongo anche questa coincidenza: ritroviamo il numero sette e il carro anche ne La Divina Commedia di Dante, nel Canto XXIX. Qui, Dante e Matelda risalgono le sponde del fiume Lete. Poco lontano, a Dante sembra di vedere nell’aria sette alberi d’oro, che però quando si avvicina gli appaiono chiaramente come sette candelabri che risplendono in modo tale da rischiarare tutto il cielo. Matelda invita il poeta a osservare non solo i candelabri, ma ciò che avviene dentro ad essi e Dante nota sette liste luminose, lasciate dalle lampade, simili ai colori dell'arcobaleno. Dietro ai candelabri avanzano ventiquattro vecchi che cantano le lodi alla Vergine e, al loro seguito, giungono quattro animali che circondano un carro trionfale a due ruote… :

Ed ecco un lustro sùbito trascorse
da tutte parti per la gran foresta,
tal che di balenar mi mise in forse...
Sotto così bel ciel com’io diviso,
ventiquattro seniori, a due a due,
coronati venien di fiordaliso [...]
Lo spazio dentro a lor quattro contenne
un carro, in su due rote, triunfale,
ch’al collo d’un grifon tirato venne[...].

Beatrice incontra Dante, William Blake

Tornando ai Tarocchi di Marsiglia, e ai significati di questa carta sottolineati da Jodorowsky e Tuan, ci soffermiamo  sul suo aspetto iconografico. Ecco, infatti, davanti a noi un Carro di forma cubica, sormontato da un baldacchino e trainato da due cavalli, i quali tirano in due direzioni opposte, pur guardando entrambi a destra, cioè nella stessa direzione in cui guarda il conducente. Questo conducente, come abbiamo già detto, è un giovane principe, il quale regge uno scettro d’oro nella mano destra.
Com’è possibile vedere nella rappresentazione, il principe non ha bisogno di usare le briglie per condurre il carro, gli basta la sua asta dorata con la quale capta le energie del mondo e dirige il cocchio.
I due cavalli rappresentano le forze vitali, gli istinti abissali e la ragione. In pratica, il Carro può essere interpretato anche come la mente. Per esempio, Platone, nel suo Fedro, descrive la mente come un carro trainato da un cavallo bianco e uno nero (rispettivamente l’istinto e la ragione).
Già da questi pochi elementi è chiaro che il principe, che vediamo all’interno di questo veicolo, domina, sicuro, la situazione e, nonostante la quiete del suo apparire, egli vigila con riflessi prontissimi. Il suo scettro domina la vita materiale. Sulle spalle di questo personaggio vediamo due maschere, due mezze lune, che potrebbero rappresentare il passato e il futuro, oppure il positivo e il negativo, o il tempo e lo spazio, oppure, come suggerisce Laura Tuan, potrebbero rappresentare le emozioni, gli istinti sui quali ha già ottenuto il dominio.
Il Carro, infatti, è una lama che ci parla di mistero: il mistero esteriore il cui scopo è quello di condurci al mistero interiore.
Abbiamo detto che i due cavalli trainano in due direzioni opposte, ma essi hanno una meta comune, poiché, come il guidatore, guardano entrambi a destra. Quindi, tra i tanti significati, abbiamo l’unità di intenti e l’unità di direzione.
Le quattro colonne che racchiudono lo spazio in cui il giovane si muove fanno riferimento, sia alle colonne del Tempio, sia ai quattro elementi (acqua, terra, fuoco, aria).
Il principe si trova in alto e in questa posizione riesce ad avere un punto di vista superiore e centrale che gli consente di superare il concetto di dualità delle cose.
Questa situazione di equilibrio dato dal movimento e di movimento, dato dall’equilibrio, rimanda a una condizione di dinamismo che ci ricorda il senso de I’Ching: “l’esistenza si costruisce sul mutamento”.
Così come per gli orientali è chiaro che tutto nell’universo avviene costantemente attraverso il trapasso di un fenomeno in un altro, anche nei Tarocchi di Marsiglia è altrettanto chiaro che non ci si possa sottrarre a questa legge. Non per nulla il Carro ci ricorda quanto sia importante procedere verso una direzione unitaria per andare incontro a un processo di trasformazione.
Ecco, dunque, un altro importante significato di questa carta che ci indica un importante punto di svolta sul cammino spirituale in cui è vitale domandarsi come ci stiamo muovendo sul sentiero, mettendo alla prova i nostri pregiudizi e i nostri modelli routinari.
Continuando a guardare Il Carro, ci accorgiamo che sembra quasi di vedere il carro di Helios, il Sole, che percorreva la volta celeste dall’alba al tramonto per tuffarsi poi negli abissi del maree illuminare, così, il mondo intero.

Il carro di Helios ci riporta anche al Carro di Fuoco di Elia, citato nell’Antico Testamento, nel Secondo Libro dei Re, Capitolo 2: “Mentre camminavano conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo.”

Ascensione al cielo del profeta Elia, Novgorod,
seconda metà del XIII secolo
L’iconografia cristiana delle origini ha utilizzato spesso iconografie pagane, in particolare nei primi tre secoli. Due di queste sono il Sol radiante e il Carro di sole, entrambi collegati al concetto di Sol Invictus.  
Un mosaico forse raffigurante Gesù come Apollo-Helios è stato scoperto in un mausoleo sotto la basilica di San Pietro e datato circa al 250, nel periodo cioè delle persecuzioni di Valeriano. La valenza cristiana del mosaico si dedurrebbe dai tralci di vite che circondano l’immagine del dio Helios.

Mosaico del III secolo nella Necropoli vaticana
sotto la basilica di San Pietro
In pratica, l’arcano Il Carro potrebbe avere un collegamento anche con la festività del Dies Natalis Solis Invicti (“Giorno di nascita del Sole Invitto”) che, fin dall’antichità, veniva celebrata nel momento dell’anno in cui la durata del giorno cominciava ad aumentare dopo il solstizio d’inverno: la “rinascita” del sole.

Fondamentalmente, il Carro indica lo stato di colui che riesce a dominare ogni aspetto della propria vita, servendosene per andare avanti.
Di conseguenza, questo Arcano ci richiama a prestare attenzione alla nostra disposizione mentale e spirituale nel momento in cui ci attiviamo per affrontare i nostri problemi.

Pertanto, Il Carro, è una carta di trionfo sugli eventi, sulle difficoltà. Rappresenta anche (o soprattutto) la traversata dell’uomo nella materia per raggiungere il mondo spirituale.
È una carta che parla di impegno da prendere in fretta, ci parla di proseguimento nella ricerca del sé, evoca la ricerca alchemica.
In particolare, vi segnalo un paio di passaggi della lettura di questo arcano, rispettivamente da parte di Jodorowsky e Tuan.
Secondo Jodorowsky:
“Si tratta di una carta che cammina verso il successo. Gli unici pericoli sono l’imprudenza e l’inflessibilità del conquistatore, che non ha dubbi circa la legittimità della sua conquista… Il Carro incita a porsi delle domande sui mezzi che si utilizzano per intervenire sul mondo e sul modo con cui uno guida la propria vita”  
Secondo Tuan:
“Maturato attraverso le scelte e le prove, il consultante sperimenta una nuova condizione di consapevolezza, stabilità emotiva, fiducia in se stesso, autocontrollo. Una nuova fase, attiva ed energica dell’esistenza, arricchita da progetti, conquiste, riuscita ottenuta grazie alle proprie capacità direttive e alla facoltà di persuadere facilmente chi incontra… Carta di espansione e di massima indipendenza, non esclude tuttavia qualche rischio… Non mancheranno gli aiuti insperati, protezioni, appoggi: un periodo di lotta e di esperienza, spesso solitaria, estremamente fecondo”  

Bene, cari amici, cosa pensate di questo tarocco? Siete rimasti colpiti da qualche suo dettaglio? Da cosa, eventualmente, e perché?

Buon proseguimento di settimana e a presto! :)



BIBLIOGRAFIA:
La Via dei Tarocchi, Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa, Universale Economica Feltrinelli
Il Linguaggio segreto dei Tarocchi, Laura Tuan, De vecchi Editore

ICONOGRAFIA:
“Sinassi dell’Arcangelo Michele”. Icona ortodossa dei sette Arcangeli presso la Chiesa Ortodossa Russa, di Nižnij Novgorod, dell’Assemblea dell’Arcangelo Michele. Tempera su legno, XIX sec. Wikipedia
Beatrice incontra Dante, William Blake, Tate Britain, Londra, 1824 – 1827, Wikipedia
Ascensione al cielo del profeta Elia, Novgorod, seconda metà del XIII secolo, tempera su tavola, Collezione Intesa Sanpaolo, Gallerie d’Italia - Palazzo Leoni Montanari, Vicenza.
Sol Invictus, Wikipedia
Mosaico sotto la Basilica di San Pietro, Wikipedia
  

lunedì 11 giugno 2018

Una visita a Villa Nobel in compagnia di Enza Manna



ingresso di Villa Nobel a Sanremo



Mi trovo a Sanremo, ospite della mia amica Elisabetta con la quale mi sono recata in Corso Cavallotti 116, dove si trova un elegante e imponente edificio che si presenta in uno stile architettonico promiscuo, tra il liberty e il moresco: Villa Nobel.

La villa, essendo fin dal 1973 di proprietà della Provincia di Imperia, tutt’oggi è sede di manifestazioni culturali di alto spessore, in campo nazionale e internazionale, nel solo interesse pubblico e senza fini di lucro, oltre che esposizione permanente, a cura della Fondazione Nobel di Stoccolma, dedicata alle scoperte dell’Ottocento e in memoria dei molteplici premi Nobel, insigniti a partire dal 1901. 

1901 prima assegnazione premi Nobel
Accademia della Musica, Stoccolma
Qui abbiamo incontrato Enza Manna, responsabile di Villa Nobel, con la quale abbiamo avuto il piacere di intrattenere un’interessantissima e piacevolissima chiacchierata che riporto qui di seguito.


Buongiorno Enza, ti andrebbe di raccontare ai lettori del mio blog come sei arrivata qui a Villa Nobel e cosa ti ha donato di significativo questo incarico?

Sono arrivata qui nel 2007, dopo aver partecipato a un bando di concorso. Prima di intraprendere questo prestigioso incarico professionale lavoravo per la Provincia di Imperia, negli uffici di Ventimiglia. A quell’epoca non immaginavo minimamente cosa mi riservasse il futuro. In modo del tutto inaspettato si è presentata l’occasione di partecipare a quel bando di concorso e ricordo molto bene il momento in cui mi sentii domandare se volessi gestire Villa Nobel. Non credevo alle mie orecchie! Anche se una vocina si insinuava nella mia mente suggerendomi se fossi all’altezza di svolgere questo compito, non esitai un istante e risposi, con estremo entusiasmo, che, sì, lo avrei fatto!

Enza Manna - responsabile di Villa Nobel
Ritengo che sia stata una delle scelte più importanti, significative e felici della mia vita, qui ho potuto mettere a frutto un’esperienza fantastica che, in tanti anni, mi concede ancora oggi, ogni giorno, una gioia immensa. Entrando in questo luogo, dove si tengono numerosi eventi, conferenze e spettacoli, mi si è aperto un mondo. Non avevo mai pensato prima di allora di poter lavorare immersa in tanta bellezza e cultura. Qui arrivano persone da tutto il mondo, dalla Svezia, dalla Norvegia, da ogni angolo del pianeta. Semplici turisti, scienziati, membri delle associazioni professionali più disparate, degli avvocati, dei geologi, degli ingegneri, … ciascuno di loro ha subito il fascino della mente di quest’uomo.

Quale dettaglio della vita di questo grande scienziato, più di ogni altro, ha lasciato in te un segno indelebile?
Forse, la cosa che mi ha colpito più di ogni altra è che lui stesso non si rendeva conto di essere un genio e il suo approccio alla sperimentazione si è sempre dimostrato umile e, al contempo, costante e insaziabile.
Sono sempre rimasta affascinata da una frase che Nobel usava ripetere: “Se io ho mille idee e solo una di queste risulta essere buona, sono soddisfatto.” Considerando che nell’arco della sua esistenza quest’uomo ha brevettato più di 350 invenzioni, la sua affermazione non può essere dettata da altro che nell’immensa fiducia nella creatività dell’uomo e denota il personaggio come una persona speciale.

Testamento di Nobel in italiano
Per me queste parole hanno lo stesso significato di quelle pronunciate da Martin Luther King, ovvero, se hai un sogno lo devi inseguire. Trovo che egli sia un personaggio di grande stimolo per tutti, specialmente per i giovani. Lo è stato anche per me. Una volta iniziata l’attività a Villa Nobel, respirando la grande energia che scaturisce da questo tempio di conoscenza, ho deciso di riprendere gli studi e mi sono laureata a 51 anni in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo.

Sta di fatto che proprio qui a Sanremo Nobel dettò le sue ultime volontà, istituendo così il famoso premio Nobel. Da cosa fu spinto?
Quando giunse a Sanremo, nel 1891, Nobel era uno tra gli uomini più ricchi d’Europa, possedeva 93 fabbriche sparse in 20 paesi del pianeta, ed era uno scienziato instancabile che desiderava portare avanti i propri studi. Alfred Nobel era un inventore nato, aveva registrato più di 300 brevetti e, anche se la maggior parte di essi erano nel campo degli esplosivi, sviluppò una grande varietà di altri prodotti, tra cui la pelle e la seta sintetica, motori ad aria calda, contatori del gas, barche in alluminio e così via. La scoperta più importante della sua vita, anche quella che lo rese ricco e famoso, fu senza dubbio la dinamite. Per realizzarla prese spunto dagli studi sulla nitroglicerina, condotti circa vent’anni prima dallo scienziato piemontese Ascanio Sobrero, e li portò a compimento stabilizzando la sostanza. Era un industriale che viveva in un periodo di transizione tra la società agraria e quella moderna e in questa dimora, il 27 novembre 1895, Nobel redasse il suo testamento definitivo con il quale destinò quasi tutte le sue proprietà alla creazione di una fondazione i cui proventi avrebbero dovuto essere conferiti annualmente come premio a coloro i quali, nel corso dell'anno precedente, avessero reso all’umanità il miglior servizio nei campi della Fisica, Chimica, Fisiologia, Medicina, Letteratura e Pace.

lo studio di Alfred Nobel
La Fisica e la Chimica erano i suoi campi di ricerca, anche il padre era un inventore e un ingegnere, quindi è naturale che abbia deciso di premiare queste due discipline. Forse, il premio per la Medicina è più legato alla speranza che la scienza potesse creare un mondo alleggerito dalla malattia. Inoltre, era un uomo che amava leggere e citare sia i classici che i contemporanei, per cui era naturale anche che prevedesse di premiare chi si fosse messo in gioco, animato da un ideale, per la Letteratura. Però è proprio il premio per la Pace, che può apparire la scelta più paradossale, considerando che molte delle sue invenzioni erano destinate al mondo militare, a fare la differenza.

Bertha Kinsky Von Suttner
In che senso, esattamente?
Intorno al 1875, quando viveva ancora a Parigi, Nobel aveva assunto Bertha Kinsky come segretaria, la quale lavorò solo qualche mese con lui per poi tornare in Austria a sposare il barone Von Suttner. Tra loro nacque un’amicizia profonda, fondata su interessi comuni, in particolare sulla letteratura e sulla filosofia, e i due rimasero in contatto epistolare, fino alla morte di Nobel.

Bertha Kinsky, Von Suttner da sposata, divenne una figura centrale del movimento pacifista, grazie al suo libro, tradotto in moltissime lingue, “Abbasso le armi”. Nobel sovvenzionò i convegni e le attività pacifiste di Bertha e partecipò addirittura a uno di questi, che si tenne a Berna, sebbene in incognito. È assolutamente probabile che il legame affettivo provato per Bertha abbia spinto Nobel a istituire il premio per la Pace che, nel 1905, venne attribuito proprio a lei. Questo intreccio amoroso, seppure platonico, è andato al di là della vita e della morte. E pensare che Nobel, prima di conoscere Bertha, aveva idee del tutto contrapposte sulle modalità per ottenere uno status di non belligeranza tra i popoli!

pontile nel giardino della villa da cui Nobel effettuava
gli esperimenti di lancio delle torpedini
Oltretutto, e lo indico quale segno di lungimiranza da parte di Nobel, tutti i premi vengono assegnati a Stoccolma, tranne uno: quello per la Pace, che viene elargito a Oslo. Questa disposizione fu fortemente voluta da Nobel in quanto a quel tempo, Svezia e Norvegia, pur essendo ancora unite dal punto di vista politico, stavano attraversando una fase molto delicata di inasprimento, una guerra fratricida, che si risolse un anno dopo la morte dello scienziato: egli aveva messo un seme anche se non ne avrebbe visto i frutti!

Ti ringrazio moltissimo, Enza, per questa preziosa conversazione, anche a nome dei miei lettori.
Grazie a te e ai tuoi lettori. Ti invito a tornare a trovarmi il 10 dicembre, insieme a Elisabetta, così andremo al Casinò per assistere al collegamento, in diretta streaming da Stoccolma, della cerimonia di consegna dei premi Nobel. Ricordo, inoltre, a chiunque fosse interessato, che tutte queste informazioni e molte altre ancora possono esser lette direttamente sul sito www.villanobel.provincia.it e che sul sito di Sanremonews.it/manifestazioni sono disponibili tutte le date delle rappresentazioni in costume della vita di Nobel, qui a Villa Nobel, a cura di Marco Macchi e la Cooperativa Arcadia – Liguria da scoprire.

vita di Nobel in breve

Cari amici, in un primo momento avevo pensato di inserire, oltre all’intervista a Enza Manni, anche una sezione biografica sulla vita di Alfred Nobel, ma ho poi deciso di dare risalto unicamente alla bella esposizione della responsabile del museo, che è stata bravissima a coglierne i punti di vista topici. 

In occasione della visita di dicembre, creerò un nuovo post dedicato alla vita di Nobel nel quale passerò in rassegna le tappe essenziali del suo prezioso operato, mettendole in correlazione con gli aspetti più personali.  

Pertanto, l’articolo si chiude qui, mi auguro che sia stato di vostro gradimento e vi ricordo che, se voleste porgere ulteriori domande alla nostra ospite su Villa Nobel, potrete farlo scrivendo nella sezione commenti.


Vi invito con entusiasmo a visitare Villa Nobel, ne rimarrete molto sorpresi e soddisfatti!

Un caro saluto e a presto! ^__^

  










N.d.R.: tutte le foto sono state personalmente scattate presso Villa Nobel, Corso Cavallotti, 116, Sanremo.