Cari lettori, sappiate che il pentolone
dell’Angolo di Cle è in gran fermento!
Pertanto oggi, anziché procedere, come previsto, all’esposizione dello sviluppo del pensiero filosofico di questo secolo (che riprenderà con il prossimo post dedicato al tema), aprirò una parentesi per offrirvi uno spaccato sulle condizioni della donna nel quotidiano.
Pertanto oggi, anziché procedere, come previsto, all’esposizione dello sviluppo del pensiero filosofico di questo secolo (che riprenderà con il prossimo post dedicato al tema), aprirò una parentesi per offrirvi uno spaccato sulle condizioni della donna nel quotidiano.
Ma ancor prima, desidero
fortemente fare una premessa.
A proposito, voi cosa pensate dell'accadere simultaneo e fortuito di circostanze diverse?
Beh, secondo me, talvolta capita che mettendoci in condizione di “ascolto” di un determinato tema, l’ambiente in cui viviamo risponda favorendone uno sviluppo che assumerà forme inattese.
Beh, secondo me, talvolta capita che mettendoci in condizione di “ascolto” di un determinato tema, l’ambiente in cui viviamo risponda favorendone uno sviluppo che assumerà forme inattese.
Ebbene, questa serie di post, dedicati
alla donna dell’Ottocento, è nata dal mio bisogno personale di ripercorrere
alcuni aspetti dell’evoluzione dell’emancipazione femminile in un momento in
cui anche solo parlare di femminismo risulta, in generale, complicato e spesso sviante.
In seguito, il caso (se vogliamo parlare
del caso) ha voluto che, appena ultimata la stesura del primo articolo di questa collana, venissi
contattata da un’amica, la quale desiderava coinvolgermi nel nuovo progetto di
cui vi sto per parlare.
Forse non tutti sanno che da
alcuni anni aderisco a un gruppo, il cui nome è IncipitReadingLab, con il quale seguo un percorso di studi dedicati
alla lettura scenica e,
contestualmente, partecipo a svariate esibizioni interpretative aperte al
pubblico.
Attualmente, come già accaduto
due anni fa in coincidenza della mostra “Leggere, leggere, leggere”, IncipitReadingLab
collabora con la Pinacoteca Züst, di
Rancate (Mendrisio), Svizzera, una prestigiosa galleria che ha messo a punto
negli anni un programma espositivo mirato a restituire l’immagine della donna
nell’arte, sia essa artista o soggetto della rappresentazione.
Dal 15 ottobre 2017 al 28
gennaio 2018, all’interno del prestigioso spazio è in corso la mostra “Divina Creatura” che indaga
l’evoluzione dell’abbigliamento
femminile tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento attraverso
dipinti, sculture, abiti, accessori, ventagli, gioielli firmati dai più importanti artisti dell’epoca: Boldini, Segantini, Previati, Zandomeneghi,
De Nittis, Mosè Bianchi, Corcos, Induno, Tranquillo Cremona, eccetera.
Ed ecco lo svelamento dell’arcano: il museo, che
desidera proporsi come mediatore di esperienza e conoscenza viva, oltre a prevedere
laboratori didattici, destinati agli allievi delle scuole, elementari, medie e
superiori, permette a tutti (studenti e adulti) di integrare il normale percorso di visita con la fruizione
della lettura interpretativa del
nostro copione. Proprio così, il copione che noi di IncipitReadingLab
abbiamo composto, selezionando brani letterari ad hoc, per accompagnare la visione delle più significative opere
esposte. In questo modo, il visitatore potrà esperire una narrazione ancora più coinvolgente
(e ci auguriamo, se possibile, ancora più efficace e piacevole) dei significati cultuali e delle profonde contraddizioni sociali della donna, della moda e delle arti di fine Ottocento.
Da domani, quindi, fino alla
conclusione della mostra, presso la Pinacoteca Züst di Rancate (Mendrisio), cinque
rappresentanti di IncipitReadingLab, che vi presento in ordine alfabetico... ta-dam!: Antonella Dell’Ara, Chiara Muggetti, Narcisa Pecchioli, Cristina
Pedretti, Clementina Daniela
Sanguanini. Noi cinque daremo voce e corpo (e cervello) a questa esperienza. :-)
Non vi nascondo di essere
rimasta affascinata dalla naturalezza con cui si sono intrecciati questi due
percorsi narrativi (quello che porto avanti personalmente sul mio blog e quello
che, tutte insieme, noi del gruppo di lettura scenica, contribuiamo a mettere a
punto) e mi piace pensare che non si tratti di una mera casualità!
Ora, passando agli aspetti più
pratici, prima che mi prendiate per una patetica illusa (^_^), vi informo che, se foste
interessati alla mostra e alla nostra performance, troverete QUI tutte le informazioni e i
dettagli.
Inoltre, se vorrete, sabato 2 dicembre 2017, alle ore 13,30, potrete seguire la trasmissione Ridotto dell’Opera (Rete Due, canale
radio RSI, trovate QUI tutte le
coordinate), che si intitolerà “Donne,
madonne e pistolere agli albori del ‘900” e durante la quale Giorgio Appolonia ospiterà in diretta:
il regista teatrale, scenografo e costumista, Ivan Stefanutti; due esponenti di
IncipitReadingLab, Cristina Pedretti e (io) Clementina Daniela Sanguanini; la co-curatrice
della mostra “Divina Creatura”, Marialuisa Rizzini, in rappresentanza della
Pinacoteca Züst.
Bello, vero? E adesso affrontiamo il tema
proposto all’inizio.
Come già esposto nei
precedenti post dedicati alla donna nel XIX secolo (trovate QUI, QUI e QUI i link ai post
precedenti), l’Ottocento vede l’inizio
della costruzione di un’immagine femminile distorta dalla realtà e
mirata a intrappolare la donna unicamente in ruoli gregari all’uomo.
Alla realizzazione di questi
modelli, oltre alla letteratura e al teatro, contribuiscono ampiamente anche pittori, scultori, artigiani, sarti e
stampa.
Con i progressi tecnici
avviati dalla Rivoluzione industriale nasce l’industria della moda. La
lavorazione meccanica, infatti, che cominciava dalla filatura, passando alla
tessitura, per assorbire, in seguito, la realizzazione di merletti,
passamanerie, ricami, sposta la produzione dall’ambito artigianale alla scala
industriale.
In quest’epoca la struttura sociale si fa più sciolta, grazie all’emergere di una
nuova classe dirigente formata dall’unione di borghesia imprenditoriale e
aristocrazia, cosicché l’apparire individuale
va via via assumendo sempre più importanza comunicativa. L’industria
dell’abbigliamento sfrutterà al massimo la funzione dell’abito come mezzo di qualificazione sociale per rimarcare
una gerarchia di ceto attraverso il lusso di chi lo indossa.
Sebbene l’importanza
dell’apparire si estenda a entrambi i sessi, la pressione della moda si
concentra quasi esclusivamente sulla donna.
Il centro propulsivo della moda per l’intera Europa era Parigi, cui ogni altro
stato guarda e si conforma.
Oltre all’haute couture,
che ne sancisce l’aspetto più elitario, i grandi magazzini si rivolgono a una clientela molto più allargata,
offrendo merce molto diversificata per qualità e costo, appunto tramite la produzione seriale.
Le vie delle città si popolano
di vetrine che espongono a profusione capi vestiari e anche le donne del ceto
popolare iniziano a essere attratte dal fascino pervasivo dell’industria
dell’abbigliamento.
Ed ecco ciò che succede.
La donna che, dopo una breve liberazione del corpo, avvenuta tra il Settecento e l’inizio dell’Ottocento, portata avanti attraverso il ricorso ad abiti leggeri, semplici e senza orpelli, si ritrova progressivamente rinchiusa in vesti vistose, complesse, costose e tutte rigorosamente dotate di strutture costrittive, come i busti che, dovendo restituire un girovita di 50 centimetri (vi consiglio di dotarvi di un metro da sarta per constatare l’aberrazione di cui stiamo parlando!) pongono chi li indossa in condizioni di costante tortura quotidiana. In pratica, questa moda fortemente voluta dagli uomini, compromette seriamente la salute delle donne e non tardano all’appello le morti dovute alla perforazione degli organi interni, per stritolamento delle costole, così come quelle imputabili a combustione, perché molto spesso i tessuti degli abiti femminili sono altamente infiammabili.
La donna che, dopo una breve liberazione del corpo, avvenuta tra il Settecento e l’inizio dell’Ottocento, portata avanti attraverso il ricorso ad abiti leggeri, semplici e senza orpelli, si ritrova progressivamente rinchiusa in vesti vistose, complesse, costose e tutte rigorosamente dotate di strutture costrittive, come i busti che, dovendo restituire un girovita di 50 centimetri (vi consiglio di dotarvi di un metro da sarta per constatare l’aberrazione di cui stiamo parlando!) pongono chi li indossa in condizioni di costante tortura quotidiana. In pratica, questa moda fortemente voluta dagli uomini, compromette seriamente la salute delle donne e non tardano all’appello le morti dovute alla perforazione degli organi interni, per stritolamento delle costole, così come quelle imputabili a combustione, perché molto spesso i tessuti degli abiti femminili sono altamente infiammabili.
Questi abiti, così realizzati,
tra l’altro con una quantità indescrivibile di stoffa, svolgono precise funzioni: tenere la donna lontano dalle attività consentite
agli uomini, come studiare, lavorare, praticare l’arte e lo sport. L’ambito femminile rimane confinato alla gestione della casa e della famiglia e, all’uopo, i canoni e le modalità trasmesse dalla
tradizione vengono accuratamente codificati anche dai galatei: la donna deve attenersi scrupolosamente a un modello
educativo che, quando "va bene", la vede trasformata in uno straordinario biglietto da visita .
La moda borghese del periodo
non lascia spazio a fogge alternative, obbligando le donne ad accettare
passivamente il connubio tra bellezza
e sofferenza, e nonostante l’invito, promosso dagli ambiti culturali più emancipazionisti, a liberarsi da quella
tirannia, solo pochissime trovano il coraggio di indossare abiti senza busto.
Contestualmente all’uscita
delle nuove proposte di abbigliamento, le riviste
invitano a un consumo continuo,
pubblicando immagini aspirazionali di donne
famose, siano esse aristocratiche o attrici, che offrono precisi modelli di comportamento. È in questo secolo che nasce il consumismo!
Ogni occasione della giornata
esige abiti diversi.
Nel 1881, Matilde Serao,
scrive con arguta ironia: “Con diciotto
abiti nuovi, dieci o dodici cappellini, quattro ombrellini, sei ventagli,
stivalini e guanti analoghi, una dama può decentemente passare due mesi a
Sorrento”
Come accennato, anche le arti raffigurative concorrono a questa
sottile operazione di creazione del modello femminile e lo fanno restituendo ritratti di donne su commissione (del marito, o del padre).
Questi ritratti, conservati
tra gli arredi di casa, hanno come scopo, sia quello di ostentare verso gli
ospiti lo status del proprietario
della dimora (che poteva permettersi, sia di possedere un’opera di un artista
celebrato e sia di abbigliare la moglie con abiti, gioielli e accessori di
altissima qualità), sia di affidare alle generazioni successive lo stile della donna effigiata,
concorrendo in quel modo a generare la mitologia
familiare.
Insomma, ci troviamo di fronte a un sistema assai complesso, sottile e studiato a puntino per neutralizzare (lo so, ho usato un eufemismo) le donne.
Ma quanta paura avevano/hanno gli uomini delle donne?
Insomma, ci troviamo di fronte a un sistema assai complesso, sottile e studiato a puntino per neutralizzare (lo so, ho usato un eufemismo) le donne.
Ma quanta paura avevano/hanno gli uomini delle donne?
Per alleggerirvi l’animo e strapparvi
un sorriso vi propongo un momento delle nostre prove nella sala dei ventagli della pinacoteca ;-)
Or dunque, passo a voi la
parola: cosa ne pensate?
Se finora avete apprezzato questo
mio lavoro di ricostruzione dell’immagine femminile nel corso del XIX secolo,
restate sintonizzati su questo blog: ho ancora moltissimi argomenti da
affrontare e discutere insieme a voi!
Vi aspetto, sia qui che alla
mostra e nel frattempo vi auguro uno splendido fine settimana! :-)
Ciao!
Ciao!
BIBLIOGRAFIA:
“Divina Creatura. La donna e
la moda nelle arti del secondo Ottocento”, Silvana Editoriale
Matilde Serao, “Cuore
Infermo”, parte quarta, 1882, Scrivere Edizioni
O’Followell, “Il Corsetto”,
1908
Clem, sei un portento! In poche righe hai descritto il difficile viaggio della donna che ancora è in essere per imporsi in un mondo tuttora maschilista, nonostante le lotte, le conquiste ecc. ecc., un viaggio di cui ancora non vedo l'arrivo. E a chi ti legge consiglio di prenotarsi alla visita del 12 dicembre (reading incluso) presso la pinacoteca Zuest, dove, oltre a godersi una esperienza unica ed interessante, potrà sicuramente trovare degli spunti di riflessione sull'argomento.
RispondiEliminaE dici benissimo, mia bella Narci!
EliminaQuanta strada abbiamo fatto, noi donne, e chissà quanta strada dovremo fare ancora... siamo ancora in viaggio!
E anche il nostro viaggio, quello di Incipit Reading Lab, prosegue, pertanto, come dice la mia amica, prenotate la visita alla mostra e venite ad assistere al nostro reading!
😍
Fantastico. Mi ripeto, qui c'è materiale da raccogliere in un unico testo.
RispondiEliminaCiao Max, grazie di cuore!
EliminaMa ti assicuro che ho ancora molte cose da raccontarvi 😉...
Buonissima serata! 😊
Ub gran bel lavoro, complimenti.
EliminaBellissimo tutto: post, foto, iniziativa (cui purtroppo non posso partecipare).
RispondiEliminaFaccio a te e alle tue amiche i miei migliori auguri!
Un abbraccio.
Ciao Francesca, un giga-abbraccio anche a te e mille grazie per i complimenti, che riporterò molto volentieri alle mie amiche! 😊
EliminaChe post interessante Clementina! Bella la mostra e anche l'opportunità che vi hanno concesso. Complimenti!
RispondiEliminaUn caro saluto.
Marina
Ciao Marina, grazie infinite! 😍
EliminaÈ proprio così, una mostra stupenda e una bellissima opportunità per tutte noi 😊
Un salutone!
Sempre interessante Clementina, continua così 😀
RispondiEliminaBentornata, cara Giulia!
EliminaGrazie dell'incoraggiamento e un abbraccio!
Fantastico viaggio nell'evoluzione femminile a tutto tondo! Devo dire che l'iniziativa è davvero lodevole, un richiamo imperdibile per chi vive al Nord. Il percorso che le donne devono affrontare è ancora lungo, ma a mio modesto parere credo che molta strada l'abbiamo già fatta, opponendoci a divieti e restrizioni che per secoli hanno mortificato la nostra fisicità e il nostro essere femmine. L'opportunità che vi hanno concesso è davvero stupenda. Stima e ammirazione per tutte voi. Splendido reportage, come sempre del resto!
RispondiEliminaAnna, carissima, grazie per aver lasciato le tue preziose osservazioni sulle conquiste femminili che mi trovano completamente d'accordo.
EliminaL'occasione che ci è stata offerta è davvero splendida e ieri, che abbiamo avuto i primi riscontri con gli studenti, giovani uomini e giovani donne, sia delle superiori che delle medie, siamo state in grado di constatare l'impatto straordinario del messaggio veicolato attraverso quest’esperienza, unica nel suo genere. L’atto di trasformare un museo in un luogo di contaminazione delle arti in cui la creatività dei dipinti, dei capolavori vestimentari e degli oggetti iconici dell’Ottocento rivive attraverso l’abilità di offrire voce e corpo all’arte narrativa di altrettanti capolavori, quali i testi di Flaubert, Woolf, Serao, Wilde, o i saggi di Bauman, o il libretto di un’opera magnifica come quella di Puccini, eccetera, ha rivelato potenzialità veramente enormi. Vedere con quanta attenzione, interesse e, credimi, sincera commozione, quei ragazzi e quelle ragazze hanno seguito la performance per afferrare le tante sfumature e le stratificazioni del significato del percorso emancipazionale femminile, ha colpito ciascuna di noi in modo profondo, superando di gran lunga tutte le attese.
Un abbraccio enorme.
Fantastico il reading accanto ai quadri, in un travaso virtuoso tra le vari arti, in modo piacevole e non noiosamente didattico! Non c'è limite alla creatività. :) Ricordo sempre con particolare piacere ogni volta che mi è capitato di trovare delle guide in carne e ossa in luoghi come musei o palazzi, mi ricordo che ad Hampton Court c'erano dei figuranti in costume che invitavano bambine e bambini a provare dei passi di danza dei tempi di Enrico VIII.
RispondiEliminaVenendo all'argomento del tuo post, inutile dire che l'ho trovato interessantissimo, ma che mi è venuto istintivo paragonare le costrizioni dei bustini e del girovita a 50 centimetri a certi modelli proposti ora. Se non hai una taglia 40-max 42, sei fuori norma = sei grassa. Da qui poi a sviluppare patologie e ricorrere a interventi estetici il passo è breve. Secondo me la donna era intrappolata all'epoca, ma anche oggi non è che se la passi molto meglio. Assodato il fatto che bisogna avere cura della propria salute, bisognerebbe anche imparare a non guardarsi sempre e solo attraverso gli occhi della società, e soprattutto a volersi più bene.
È esattamente così, come fai notare in questo acuto commento, Cristina.
EliminaIl nostro obiettivo, durante tutto il reading, soprattutto sapendo di rivolgerci, in primis, a un’utenza sensibile e delicata quale quella degli adolescenti, è stato di documentare, e vivificare le aberrazioni di certe consuetudini, tenendo costantemente lo sguardo orientato al presente. In un’epoca in cui disturbi come anoressia e bulimia sono all’ordine del giorno, non potevamo mancare una simile occasione per attivare riflessioni sul tema. Lo stesso vale per tutte le altre tematiche da noi portate sotto i riflettori; la costruzione dei modelli di comportamento femminile, nel tempo, è andata stratificandosi sempre più e di questo non abbiamo potuto non tenerne conto. Del resto, il nostro gruppo è composto da donne... Il lavoro di concertazione tra noi e la pinacoteca, infatti, non si conclude con la visita, ma prosegue nelle classi grazie al lavoro delle insegnanti che andranno a scandagliare ciascuna tematica da noi elicitata per analizzarla insieme agli studenti e farla loro comprendere a fondo.
Complimenti per il tuo lavoro, prima di tutto. :) Le "coincidenze" stupiscono, ma solo quando presti loro attenzione ti rendi conto di quante siano, e hai l'impressione che si moltiplichino. In particolare, spesso mi sembra che degli specifici argomenti siano nell'aria, non per me soltanto, ma come vibrazioni che anche gli altri colgono, per cui succede che un argomento mai toccato per decenni rispunta per diverse persone in simultanea, senza che ne abbiano parlato tra loro. No, non credo nel caso! ;) Per quanto riguarda la situazione femminile, mi hai fatto ripensare al detto "per abbellire si deve soffrire". No comment! Ho una campagna sempre aperta contro le alterazioni, costrizioni e distorsioni del corpo, a chiunque appartenga.
RispondiEliminaCarissima Grazia, i tuoi complimenti mi lusingano e li ricambio subito con un forte abbraccio! :-)
RispondiEliminaCondivido ogni tua parola in merito alle coincidenze e per quanto riguarda la lotta contro qualsivoglia forma di violenza, costrizioni, alterazioni e modalità affini, trovi in me una convinta alleata.