venerdì 22 settembre 2017

L'incontro 3/3



L’incontro 3/3 


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Cari amici, se vi fa piacere, qui troverete il terzo e ultimo capitolo de “L’incontro”, il mio racconto pubblicato a puntate sul blog.
Vi auguro una buona lettura e, come sempre, vi ricordo che i commenti sono molto graditi. ^__^





René Magritte, Il terapeuta, 1941



Un turbine di idee frastornanti lo travolge all’improvviso, angosciandolo sempre più.
Il cuore prende a battere all’impazzata, mentre una fiacchezza profonda si impossessa del suo corpo ghermendone le membra che, con tutto ciò, ormai si muovono come foglie al vento.
Le mani, le braccia, persino le gambe, prendono ad agitarsi in un tremore diffuso e grosse gocce di sudore scendono copiose dalla fronte, dalle ascelle, dall’inguine. 
«Soffoco, sto morendo d’infarto» è il suo primo pensiero.  
Un invisibile macigno comprime le costole e l’aria non può più entrare nei polmoni.
D’istinto, prima di accasciarsi a terra in mezzo al viale deserto, slaccia i primi bottoni della camicia. Quel semplice gesto si rivela salvifico, di lì a poco riprende a respirare e, pian piano, l’attacco si attutisce.  
Trascorsi alcuni minuti, sebbene ancora in preda alla confusione, un pensiero prende a sgomitare tra i circuiti della mente per farsi strada:
«Devo rivivere il tempo perduto, non restare inerte, chiuso nel mio guscio e vinto dalla paura, in attesa che il mio destino si compia. Quale che sia il significato di questo sbalzo temporale lo scoprirò solo confrontandomi con la gente.». 

Convinto che a quell’ora la zona più battuta dai villeggianti sia il litorale, decide di farvi ritorno.
In principio cammina come un sonnambulo che, incerto sul procedere, in un sogno dai contorni opalescenti e minacciosi, si muove a stento. Poi, recuperando via via le forze, allunga il passo e, infine, intravedendo una panchina libera verso cui si sente attratto come un metallo alla calamita, inizia a correre di gran carriera fino a raggiungerla.
Non fa in tempo ad accomodarsi che un debole ma insistente fischio nell'orecchio sinistro, inizia a farsi sentire.  
«Purché non peggiori» si dice «lo posso sopportare». 
Osservando l’allegro andirivieni dei passanti riprende fiato e, finalmente, concede al buonumore di fargli visita.
Un paio di minuti dopo gli si avvicina un bellimbusto, sui trentacinque anni, vestito di tutto punto, con cappello, cappotto, giacca e cravatta che, ammiccando, prende posto sul medesimo sedile apprestandosi a sfogliare un quotidiano. 
Umberto inclina leggermente il capo per osservare il volto del nuovo arrivato, quasi del tutto celato dal grande foglio di giornale, senza dar troppo nell’occhio.  
«Mi scusi» sussurra, mordendosi subito le labbra per essersi lasciato scappare quelle parole senza usare cautela. Ma il tono della voce è fin troppo basso perché l’altro possa averlo udito in mezzo all’acuto stridio di gabbiani scoccato tutt'intorno. Se ne rende conto a breve e così anche il rimprovero, appena lanciato contro se stesso, cade in fretta nel vuoto.
Qualche istante più tardi è di nuovo in procinto di gettare un’occhiata furtiva in direzione del damerino costantemente assorto nella lettura delle notizie quando, di colpo, lo sente borbottare, forte e chiaro, all’indirizzo di una coppia che sta camminando dinanzi a loro.
Il rancoroso brontolio, per la precisione, viene rivolto alla giovane donna, una biondina teneramente appoggiata al braccio del suo uomo: 
«Con me non esci, ma con lui sì!»

La bionda, accortasi della molesta presenza dell’individuo che forse tante altre volte l’aveva importunata per strada, accenna a una smorfia di disgusto e senza insospettire il compagno, attratto dalle onde del mare che si accavallano fino a scagliarsi con fragore sugli scogli in un crescendo di scoppiettanti spruzzi, allunga il passo inducendolo a seguirla in tutta fretta. 
L’ex galeotto non può far a meno di inseguire con lo sguardo i due innamorati che, intanto, raggiungono un piccolo chiosco, posto sull’angolo dove la strada curva per seguire la costa, e spariscono dalla sua visuale.  
In quel frangente il vicino, senza alcun cenno a voler staccare gli occhi dalla carta stampata, parla di nuovo: 
«Buongiorno! Bella giornata, vero?» gli domanda con spavalderia
Lui, che non ha mai dimenticato il suono di quella voce, ora è più che certo di riconoscerla. 
Il giovanotto lo sta approcciando col fare loquace di chi è intenzionato ad attaccar bottone, ma ora egli è troppo eccitato per rispondere. Nella sua mente, a causa della scena cui ha appena assistito, sta per scatenarsi un uragano di pensieri che, l’uno dopo l’altro, si rincorrono attorcigliando tra loro sentimenti contrastanti.
Le immagini appena assimilate si fan sempre più vivide, intrecciandosi con quelle dei ricordi snocciolati notte, dopo notte, in carcere. Reminiscenze che, con prepotenza, bussano alla memoria e che insieme alle nuove percezioni, si accostano come frammenti di una pellicola rimontata alla bell’e meglio sulla moviola per restituire un cortometraggio noto, ma con un preludio inedito.
Ed è proprio il prologo a provocargli un brivido che percorre la schiena e increspa la pelle: in quel luogo aveva avuto inizio il suo dramma.

I pensieri galoppano come furie sfrenate verso quei momenti, svelando poco a poco ogni loro particolare.
Quel maledetto giorno di trent'anni fa si era accomodato su questa panchina a prendere una boccata d’aria. Si sentiva allegro, sollevato dalle preoccupazioni e allo stesso tempo affamato di nuove eccitanti esperienze.
Il viale si presentava sgombro dal solito viavai di gente rumorosa, forse a causa dell’imminente mareggiata.
L’immenso specchio d’acqua era mosso da tumultuosi cavalloni e nel cielo le nuvole si rincorrevano per unirsi in un torbido coagulo che nel giro di qualche minuto avrebbe oscurato il bel sole del mattino.
Gli pare di sentire ancora nell'aria l’odore pungente dell’ozono che annuncia il temporale.
Di lì a poco avrebbe incontrato Guido.

Già, Guido!
Colui per il quale ha trascorso tre decenni fra le sbarre, l’uomo che in questo momento sta occupando l'altra metà della panchina.
   
Per l'intera durata della prigionia si è tormentato senza sosta, tra le strette mura della cella, per tentare, invano, di comprendere cosa avesse spinto il baldanzoso giovane a compiere un omicidio tanto scellerato, quanto inspiegabile.
Ciascuna ipotesi formulata aveva perso miseramente consistenza, una volta sottoposta al ragionamento: un errore, un’improvvisa esaltazione, la rabbia covata verso l’ambiente di lavoro e verso la sua clientela. Supposizioni assurde, lontane anni luce dall’indole fredda e impassibile di quell’uomo.  

Ma adesso tutto ha acquistato una nuova luce.

“Dannazione. Come ho fatto a non capirlo in tutto questo tempo?” si chiede, con durezza.
Ma Umberto non avrebbe mai potuto immaginare ciò che solo oggi gli si sta dipingendo davanti agli occhi con tanta precisione, perché a quei tempi ignorava cosa fosse accaduto prima del suo arrivo lungo la passeggiata e, pertanto, gli sfuggiva l'imprescindibile dettaglio che lo avrebbe aiutato a trovar la soluzione.
L’irrefrenabile corsa, da poco sostenuta, che lo ha spinto a giungere in anticipo, rispetto alla sequenza primigenia, presso il luogo in cui ora siede, gli ha permesso di strappare un frammento sconosciuto appartenente all'intera scena. Attimi fondamentali, grazie ai quali ha potuto cogliere l’indispensabile connessione da sempre inseguita e, infatti, ha potuto riconoscere il corteggiatore della donna dai capelli d'oro, che altri non era che il povero giudice Lo Iacono.
Dunque, Guido, non solo conosceva la futura vittima, ma la detestava.
Ne era morbosamente geloso.
Con molte probabilità si era convinto che il rivale non meritasse di vivere felice accanto alla donna su cui lui stesso aveva posato gli occhi.
Aveva preso di mira una giovane donna che nemmeno conosceva, come si prende di mira una preda durante una battuta di caccia. Sull’onda di un sentimento corrotto e insano si era sentito autorizzato a pretendere che la ragazza ricambiasse le sue attenzioni, autorizzato a oltraggiarla e, come se non bastasse, a progettare, sì, a progettare, con deliberata freddezza, un terribile piano mirato a uccidere il magistrato.
Ecco, quindi, ricomposto il drammatico mosaico. Ecco, finalmente, svelato l’arcano.    

E a breve, come in un dejà vu, avrà luogo il primo dialogo con l’orrenda causa della sua rovina.

«Mi serve ancora un minuto» implora in silenzio a pugni stretti, mentre guarda da una nuova angolazione il “vecchio complice”.
Vede un individuo spocchioso, seduto a fingere di sfogliare il giornale, mentre ambisce a ben altre e più turpi mire.
Scruta il modo in cui si atteggia, disinvolto, sfoggiando l’ingannevole sorriso di chi affronta la vita con sfacciataggine, cinismo e distacco.
Riflette che dietro quel volto d’angelo si nasconde un mostro pericoloso, pronto a ingannare e usare chiunque, senza alcuna remora, pur di ottenere ciò che desidera per sé e poi… Poi rammenta le parole della Morte: «Devi dimenticare il passato».

Indugia in silenzio.
Guido, che intanto ha staccato gli occhi dalla rivista, ora osserva con aria interlocutoria lo stravagante vicino. 
La scelta è compiuta.

Umberto mantiene il contatto visivo e si alza. Inghiotte la saliva, aggiusta per bene il cappotto. Solo dopo aver abbozzato un sorriso di educata circostanza ed essersi schiarito la voce, risponde: 
«Buongiorno a lei». 

Si accerta di aver recuperato un po’ di stabilità sulle gambe, poi molto lentamente, si gira dalla parte opposta e spingendo con veemenza lo sguardo oltre l’orizzonte, va incontro alla nuova vita.



Buona giornata a tutti ^__^  e buon fine settimana! 
Il prossimo articolo su questo blog uscirà lunedì: vi aspetto! 


Ciao! :-)


13 commenti:

  1. I miei complimenti per questo tuo grande racconto.
    Saluti a presto.

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    1. Buongiorno e grazie, Cavaliere!
      È una bella soddisfazione vedere che il racconto abbia incontrato il tuo pieno gradimento. Ho apprezzato tantissimo le tue belle parole!

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  2. Bello! Bello davvero!
    Ci è voluta la morte per capire come erano andate le cose. Per fortuna Umberto questa volta sa e non ripete l'errore.
    Ma a questo punto, una domanda mi sorge spontanea. Visto che tutto si sta ripetendo e che c'è la possibilità di cambiare il passato, era stata davvero la morte a proporgli il patto? Oppure qualche essere sovrannaturale benevolo che cercava di aggiustare le fratture di una volta? Di rimettere a posto gli sbagli compiuti?
    Complimenti!!!!!

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    1. Carissima Patricia, un grazie di cuore per l’apprezzamento e uno ancora più grande per la domanda che mi hai posto.
      Il tuo prezioso quesito, infatti, mi offre l’opportunità di far luce su questo insolito personaggio.
      Ebbene, seppure, per ragioni di efficacia, abbia “vestito” la Morte dei panni più consoni alla tradizione nostrana, il personaggio attinge alla mitologia orientale. Nello specifico, si tratta di un “Deva”, il cui nome è Mara, che altri non è che un demone (sicuramente uno dei più importanti) dell’Induismo e del Buddismo. Però, prima ancora di spiegare le sue caratteristiche, mi preme chiarire che i demoni appartenenti a queste due – chiamiamole così per comodità – correnti di pensiero, godono del medesimo rispetto normalmente attribuito alle divinità. Questo dipende dal fatto che – sintetizzando il più possibile – tanto le divinità, quanto i demoni, svolgono una funzione fondamentale all’interno del quadro della vita (di tutti, uomini e non).
      Veniamo a Mara, dunque.
      Mara – che afferisce al genere maschile – rappresenta il Deva della Tentazione, ovvero un essere, tremendo, spaventoso, che ha un preciso compito: verificare la sincerità e la forza dello spirito di ciascun uomo. Per farlo, ricorre a un espediente tanto pericoloso, quanto efficace e cioè quello di presentare ostacoli terribili, spesso mettendo il destinatario in condizione di effettuare scelte estrema.
      Mara, non è dunque solo il demone della tentazione, giacché in genere ricorre alla lusinga e titilla le bramosie più recondite, ma rappresenta a tutti gli effetti non solo la Morte che deriva dalla nascita (assumendo un altro nome, ovvero Hajun, che significa, appunto, morte), che a sua volta evidenzia uno stretto legame con l’Illusione (in queste filosofie, vita e morte costituiscono un unicum e non c’è separazione tra una e l’altra, tanto che la parola morte indica un passaggio, quindi, una crisi), ma soprattutto raffigura la Morte Spirituale… e più morte di così… ;-)
      Ecco allora che Mara, che nel mio racconto ho dipinto con teschio e falce (oltre che come Il Terapeuta di Magritte, attraverso l’immagine iniziale), mette alla prova il valore spirituale di Umberto, offrendogli al contempo una grande opportunità che egli potrà usare a proprio vantaggio. :))
      Spero di esser stata abbastanza esaustiva, nel caso contrario chiedi e ti sarà risposto!!!
      Un super abbraccione ^__^

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    2. Grazie infinite a te della bella spiegazione. Tutte cose che sinceramente non conoscevo. Non so nulla sulla mitologia orientale. È stato un piacere leggere.
      Bacio stella e buon weekend

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  3. Ho letto e apprezzato il tuo racconto, Clementina, molto ben scritto :-) La tua spiegazione a Patricia mi fa però supporre che in qualche modo tu, a livello di possibilità, non ritenga completamente fantastico il racconto. Ho ben compreso?

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    1. Ciao Ivano, grazie infinite! ^__^
      Diciamo che ho voluto fondere l’elemento fantastico con quello misterioso in un’ottica un po’ apocalittica (ti prego, prendi questa definizione con le pinze) che mi era funzionale a reggere la narrazione.
      Con questo espediente, ho tratteggiato Umberto come l’uomo che, sino all’istante in cui comprende e finalmente sceglie, fatica ad avere consapevolezza dei propri sentimenti, mentre la Morte, provocando in lui il risveglio dalla condizione di “dormiente”, fa ‘sì che l’autentica inclinazione del suo spirito salga in superficie, e solo a rivelazione avvenuta lo potrà giudicare. Di fatto Umberto scampa alla morte solo grazie alla decisione finale, di salutare e volgersi dalla parte opposta a Guido, così da lasciarsi alle spalle ogni rancore e desiderio di vendetta.
      In fondo, il modo in cui il protagonista pensa e agisce dipende unicamente dalle sue forze interne, dalla sua volontà. Lui è l’unico artefice del proprio destino.
      A presto e buona settimana! *__*

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  4. Mi è piaciuta molto la soluzione prospettata, una possibilità di redenzione che mette in gioco unicamente il nostro arbitrio. Non credo che sia stato facile pronunciare quel «Buongiorno a lei», perché fino a quel momento il solo scopo di Umberto era la vendetta, non aveva ancora "compreso". Quantomeno questa è la mia interpretazione ;) Un grande insegnamento per tutti, lasciare alle spalle ciò che ci ha fatto soffrire o ci ha danneggiato, svoltare e riprendere un cammino più "autentico" rispetto a ciò che vogliamo essere.
    Molto ben scritto, come già ha sottolineato Ivano, e d'effetto: cattura chi legge! *_*

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    1. Ciao Glò ^__^, grazie di cuore!
      Sì, non dev’essere stato facile nemmeno un po’ pronunciare quel “Buongiorno a lei”, anzi ;-)
      Umberto, alla fine, si è dimostrato saggio, scegliendo di lasciare alle spalle ciò che lo fatto soffrire anni e anni, per serbare rispetto e benevolenza verso se stesso.
      Quella era l’unica via che poteva percorrere per riprendere il cammino e guardare al mondo con l’animo sereno.
      Sono felice che ti sia piaciuto il racconto e che ti sia piaciuto il protagonista!
      In fondo, credo che nella vita sia capitato un po’ tutti di sentirsi ingannati e offesi, ma personalmente penso che la vendetta non aiuti a superare i traumi, ma, al contrario, installi un meccanismo che ci spinge a perpetuare il dolore del ricordo.
      Se si è in condizione di denunciare pubblicamente l’inganno, affinché non si abbatta su altre persone, è giusto e doveroso attivarsi.
      In altre circostanze, dove non si può intervenire che su se stessi, l’unico modo per estinguere quell’incubo è darsi una seconda chance, ripartendo dai principi che ci sono più cari.
      Un bacione *__*

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  5. E' stato bello rileggere questo racconto, e ancora più bello alla luce della tua spiegazione. Anch'io non conoscevo queste nozioni di mitologia orientale! Complimenti e un abbraccio.

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    1. Ciao Cristina, ti ringrazio! ^__^
      Guarda, sono davvero contenta di aver avuto l’occasione di entrare nel dettaglio della genesi del personaggio e sono felice che la spiegazione sia stata interessante.
      A presto e ricambio l’abbraccio! :-))

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  6. Bello. L'unica falla è: se cambia la storia della propria vita, nel futuro non può incontrare la Morte che gli dà l'indicazione su come cambiare la propria vita, quindi tutto si annulla in circolo. Ma questo è un paradosso di tutti i viaggi nel tempo, ovvero che non si possa cambiare il passato.
    Ciao Clementina! :)

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    1. Super Marco, vedo solo oggi questo tuo commento: perdonamiiiiii!!! E hai pure perfettamente ragione :D ma in fondo la Morte può permettersi percorsi che a noi sono preclusi ;-)
      Devo terminare la lettura della tua opera (sono sempre in ritardo su tutto), ma già ti anticipo che mi sta piacendo un sacco.
      A presto e buon tutto! ^__^


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dani.sanguanini@gmail.com