lunedì 25 settembre 2017

Inseguendo la Luna nel Parco dell’Olona




scorcio della pista ciclo-pedonale presso Castelseprio


Gli amici che seguono quest’angolo di arzigogoli sono ormai al corrente di quanto la natura mi affascini, ma pochi sanno che, una dozzina di anni fa, mi sono trasferita dalla grande metropoli che mi ha dato i natali e che mi ha ospitato per quarant’anni, per stabilirmi in un piccolo centro in aperta campagna.
Quel posto sembrava perfetto: a trenta minuti d’auto da Milano, a trenta da Como, a trenta da Varese. Tre splendidi specchi d’acqua dietro l’angolo di casa: lago di Como, lago di Varese, lago Maggiore; spazi verdi a perdita d’occhio.
Nel tempo libero, dunque, clima permettendo, non sono mai mancate le occasioni per esplorare il circondario, molto spesso in bicicletta.

Oggi, infatti, voglio parlarvi di una mia recente escursione sulle due ruote che, però si è dimostrata tutt’altro che rilassante.

Dopo aver attraversato alcuni centri abitati, ho imboccato, a Castellanza, una pista ciclo-pedonale che ben conosco e che ho bazzicato tantissime volte, anche perché praticamente passa anche sotto casa mia.

Tuttavia, non frequentavo quel tracciato da circa un anno. 

la pista tra i comuni di Gorla Minore e Gorla Maggiore
scatto personale


Si tratta di un sentiero che si snoda per una ventina di chilometri nella Valle dell'Olona, da Castellanza a Castiglione Olona, fiancheggiando in certa misura il fiume Olona e il sedime di una vecchia linea ferroviaria internazionale, dismessa da decenni, la Valmorea, la quale terminava a Mendrisio, in Svizzera. 


un tratto all'altezza di Gorla Minore
scatto personale





Dovete sapere che la peculiarità di questo circuito, percorribile senza fatica, è di attraversare un’ampia area valliva e boschiva punteggiata, vuoi da realtà industriali, vuoi da antichi siti accolti sotto l’egida dell’Unesco in quanto Patrimonio dell’Umanità, come ad esempio il bellissimo Monastero di Torba, a Gornate Olona, e il parco archeologico di Castelseprio.

In questo spazio, perlopiù protetto dal traffico automobilistico, incrocio panorami suggestivi alternati a scorci molto meno poetici, come gli stabili fatiscenti, dismessi negli anni ’70, o i transiti accanto al fiume  lungo i quali l’odore nauseabondo prodotto da decenni di sversamenti chimici raggiunge le narici senza pietà.

Insomma, quello che la zona offre non è solo rose e fiori!

Ma andiamo avanti.



monastero di Torba - scatto personale

Avendo trascorso i primi dieci chilometri in un contesto piuttosto ordinato e attrezzato, supero il confine del mio paesello e proseguo serena per un altro po' di strada. 
Chissà come mai, canticchio mentalmente una canzonetta, divertente e orecchiabile, in voga ai tempi in cui il futuro ci veniva dipinto come un bel sogno facilmente raggiungibile: Viva la campagna.

la pista affianca l'Olona a Catelseprio



Non so quanti tra voi la ricordino, o l’abbiano mai ascoltata, per cui vi riporto la prima parte del testo, quella che in quel frangente fluiva limpida nei miei pensieri imponendosi con prepotenza:




“Io sto in città/ son come una formica nella folla dell’umanità/ che corre qua e là/ a gran velocità/ con l’orologio che va che va che va/ Felicità non sei in città/ viva la campagna viva la campagna/ la civiltà è bella ma/ viva la campagna che mi dà: un arcobaleno sereno l’odore di fieno/ il canto corale di mille cicale/ un bianco puledro/ il fiore di cedro le stelle più grandi del ciel…”



Ecco, però, che nell’arco di poche pedalate, l’ambiente si trasforma radicalmente.

Man mano che avanzo colgo segni di una nuova trascuratezza che, in qualche modo, ha il merito di portare a galla il reale degrado del territorio circostante, scaraventandolo con rabbia sotto gli occhi di tutti per chiederne conto: erbacce incolte, staccionate divelte, manto stradale danneggiato da profonde buche, cavi elettrici penzolanti (che oltre a deturpare il paesaggio, forse sono anche pericolosi), rifiuti abbandonati intorno ai capannoni industriali dismessi e persino panchine date alle fiamme. 


uno stabile fatiscente tra le erbacce che costeggiano la ciclopedonale all'altezza di Cairate - scatto personale

lo stabile fatiscente della cartiera Vita Mayer a Cairate


il tratto lungo la ex cartiera











cavi elettrici penzolanti nel tratto di Fagnano Olona




sono molti i punti in cui il manto stradale è rovinato e le ortiche
stringono la strada


panchina incendiata lungo la pista ciclabile presso Cairate

Ebbene, se prima lo squallore della superficialità dell’uomo verso l’ambiente era mascherato da un’edulcorata patina di bon ton – l’erba e il manto stradale curati, le adeguate recinzioni che delimitano il percorso evitando l’accesso alle aree dismesse – adesso, si vede con chiarezza che il re è nudo.

L’area che accoglie questa pista, sfruttata per anni per attività produttive industriali (in parte lo è ancora), è sempre rimasta priva di un piano complessivo di interventi di  bonifica

il fiume accanto alla pista ciclabile presso Castiglione Olona
scatto personale

Si badi bene che non sto avanzando delle ipotesi, ma vi sto parlando di studi condotti dalla stessa Regione Lombardia ( per approfondire cliccare QUI ) che riferiscono più di un caso di superfici a rischio, grazie alla presenza di rilascio di sostanze inquinanti.


Secondo queste analisi, almeno uno dei vari stabili lungo la ciclabile, la Cartiera Vita Mayer di Cairate, è stato ufficialmente dichiarato potenzialmente rischioso dal punto di vista della salute in quanto contaminante. Ciononostante, nessuno ha disposto un intervento di bonifica del suo terreno (sarà colmo di amianto? chissà!)  e nessuno ne ha disposto un monitoraggio costante. È ancora lì, come potete osservare nella foto.

Alla luce di quanto finora esposto, forse il vandalismo e l’abbandono di rifiuti che ho potuto documentare durante la mia pedalata, soprattutto nel percorso che attraversa Cairate, non sono soltanto gesti pessimi e deprecabili, ma segnalano un malessere sociale in risposta anche alla diffusa sciatteria dell’amministrazione dei Comuni che hanno deliberatamente abbandonato il loro territorio all’incuria, trasformandolo in terra di nessuno

Orbene, l’impressione ricavata in seguito alla recente esplorazione della pista in Valle Olona è che nella nostra folle società (ahimè, in tutta la Penisola), nella quale domina la cultura dell’ingordigia, le istituzioni si fanno mute.

Mi pongo molte domande: chi ha il dovere di farsi carico della manutenzione dei luoghi pubblici? Chi dovrebbe ridare decoro al territorio? Chi dovrebbe farsi carico di immobili abbandonati quando i proprietari non sono più reperibili e/o non rispondono?
I Comuni? Le Province? La Regione? Lo Stato?

Per quanto ne so, la manutenzione di quella pista è di spettanza dei comuni attraversati e il risultato è sotto gli occhi di tutti: alcuni di essi hanno evidentemente ottemperato al proprio dovere, mentre altri non l’hanno fatto.
Inoltre, mi sembra che la normativa nazionale indichi a chi inquina l’obbligo di pagare gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale. Però, prevede anche che, qualora i responsabili non siano individuabili, o non rispondano, gli interventi debbano essere realizzati d’ufficio dal Comune territorialmente competente, o se questo non risponde, dalla Regione.
Ma, intanto, sono trascorsi quasi cinquant’anni da quando la cartiera di Cairate è stata dismessa ed è ancora lì, con i suoi inquinanti.
Perché, allora, nessuno interviene?
Perché nella ricca provincia di Varese, nell’opulenta regione Lombardia, così come nel resto della Penisola, ci ritroviamo, anno dopo anno a constatare l’inefficienza dei nostri amministratori? 


Quale significato assegneranno all’ambiente, le amministrazioni di questi comuni negligenti? E quale senso attribuiranno alla sicurezza?


Dal mio modesto punto di vista, la sicurezza è una categoria concettuale molto ampia che comprende diversi significati e, tra le tante accezioni, include la tutela e salvaguardia ambientale

Inutile fingere di non vedere: siamo in un Paese dove tutti si credono superiori ed estranei alla natura, tutti la possono violentare, ma nessuno ammette la propria responsabilità.

Mi chiedo a cosa sia servito dimostrare di aver raggiunto la Luna, ai tempi in cui alla radio trasmettevano Viva la campagna (Felicità non sei in città/ viva la campagna viva la campagna…) se oggi ci lasciamo governare da chi non rispetta la terra in cui viviamo.

No, cari signori, non bastano le canzonette!


Oggi il post è così... :-(  

Spero di ricevere i vostri commenti e auguro a tutti una felice settimana! 





12 commenti:

  1. Commento volentieri ringraziandoti per il tuo articolo utile e, nonostante l'argomento, anche piacevole grazie alla tua bella scrittura. Che dire? L'ennesima "deprecatio temporum"? Potrei raccontarti lo stato dei fossi e dei cigli stradali qui nella civile Emilia Romagna... Alla tua giusta indignazione aggiungo la mia: oltre alle industrie, allo Stato, alle Regioni, ai Comuni bisognerebbe rivolgerla ai cittadini che contribuiscono a distruggere tutto ciò che di bello esisteva e potrebbe continuare a esistere. Grazie della canzone, non me la ricordavo. Clem, sei unica!

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    1. Ciao Nadia, grazie del bel commento e di aver apprezzato la canzone! :-) ;-) :-D…
      Guarda, sull’indignazione verso i cittadini incivili sfondi una porta aperta… tuttavia, credo che il fenomeno del vandalismo possa generarsi anche all’interno di gruppi di individui senza potere che usano il danneggiamento per comunicare la propria insoddisfazione.
      Non metto affatto in dubbio che questo atti siano deplorevoli, ma soffermandomi a riflettere sulla logica che li guida, penso che quando le istituzioni abbandonano il luogo che dovrebbero presidiare dal pericolo, che dovrebbero contribuire a mantenere sicuro, certi fenomeni diventino prevedibili.
      Credo che la responsabilità di questi gesti barbari e incivili vada distribuita in modo sensato, perché quando si viene meno al proprio mandato si spezza arbitrariamente un patto di fiducia. In fondo, si parla tanto di domanda di sicurezza e per tutta risposta si sente dire che servono più ronde militari in giro. A me questa proposta non esalta nemmeno un po’. Penso, invece che la sicurezza sia una categoria concettuale molto ampia che comprende diversi significati e, tra le tante accezioni, include anche la tutela e salvaguardia ambientale.
      Dal mio punto di vista, alla base di tutto, c’è carenza di cultura da ambo le parti: individui e istituzioni. Solo che il peso della responsabilità delle istituzioni è inevitabilmente più grande… Finché l’ambiente (come anche l’arte e tutta la cultura in senso ampio) rimarrà un concetto marginale e trascurabile per chi amministra i beni pubblici, non si capisce perché dovrebbe essere prioritario per chi sta ai margini della società.
      Un abbraccione ^__^

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  2. Un atto di denuncia scritto con una mano che resta comunque delicata, una mano che spinge la coscienza popolare assopita a risvegliarsi. Cara Clem, panorami degradati ne ho visti a migliaia nella cintura della capitale. Spesso, durante l'estate, vado al mare con lo scooter e passando per la Via del Mare, avverto ogni volta la sgradevole e triste sensazione di non appartenere ad un Paese civile. Nella zona industriale di Pomezia, decine di stabilimenti dismessi, cadono a pezzi. Di loro resta lo scheletro e le erbe infestanti che li invadono. Da anni nè il Comune, nè la Prvincia ha mai mosso una mano per riabilitare lo scempio di una vasta area abbandonata a se stessa. Grazie per aver scritto questo splendido articolo. Uno spaccato del tuo territorio che mi ha permesso di parlare anche del mio in un comune sentimento di sdegno.

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    1. Cara Annamaria ^__^, ti ringrazio tantissimo della tua testimonianza e mi fa piacere riscontrare che anche tu, come me, e spero come tanti altri, sia indignata di fronte all’abbandono e conseguente degrado di vaste aree urbane.
      Una trascuratezza che, oltre a offendere la vista e lo spirito, genera inevitabilmente altre forme di decadimento e da qui si passa inevitabilmente al pericolo che si può manifestare in tante forme, non ultima anche nel crimine.
      È mai possibile che in tanti anni non si siano risolti certi problemi? Sì, a quanto pare, ma allora viene inevitabile pensare che chi ci ha amministrato in passato e, forse anche chi ci amministra oggi, li trascura deliberatamente perché ha a cuore ben altri interessi…

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  3. Un post di denuncia molto interessante. Purtroppo in Italia ci sono molte situazioni simili, nel più assoluto abbandono.
    Saluti a presto.

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    1. Ben tornato e grazie, Cavaliere! :-)
      Sono totalmente d’accordo con ciò che scrivi e ne sono consapevole.
      Senza dubbio il mio sfogo produrrà ben poco, tuttavia non me la sentivo di rimanere in silenzio.
      Ricambio i saluti, a presto!

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  4. Credevo che il degrado fosse aumentato nelle grandi città, ma che i piccoli centri si salvassero. Forse situazioni del genere esistono anche qui in Friuli, e io nemmeno me ne accorgo, se non per la propensione a considerare gli alberi secolari buoni per la legna. :( Per chi ama la natura, le stilettate al cuore sono comunque molto, troppo frequenti.

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    1. Ciao Grazia, bentornata! :-))
      Dici proprio bene: le stilettate sono fin troppo frequenti!
      Il problema dell’inquinamento, si sa, pone sempre molte variabili in gioco. Da una parte, ci sono industrie che delocalizzano (lasciando a spasso i lavoratori locali) e può darsi che altre, magari chimiche, per rimanere sul territorio, patteggino con le amministrazioni condizioni tutt’altro che favorevoli all’ambiente (con parametri assegnati ad hoc che autorizzano sversamenti nelle acque non certo salutari)… può darsi.
      Poi c’è il problema degli edifici dismessi, fabbriche spesso fallite da quasi cinquant’anni, che torreggiano, fatiscenti, pericolanti, inquinanti, in mezzo ai campi rilasciando amianto e altre porcherie. E la salute della gente? Ma che sarà mai? Basta chiudere un occhio, anzi meglio tutt’e due.
      E in cinquant’anni, mezzo secolo, nessuno ha mai trovato i soldi per demolirle e bonificare la zona? No, ovviamente, e nemmeno la monitorano… sia mai!
      In compenso ci creano sopra un parco… che poi nessuno cura e arriva il degrado.
      Ma in Italia, si sa, il concetto di manutenzione viene sempre vissuto come lo spauracchio, oppure come un mostro dai mille tentacoli: vade retro!
      La solita tiritera che ci si sente raccontare è che i comuni non hanno liquidità, ma non sarà invece che ci sono sempre altre priorità?

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  5. La canzone "Viva la campagna" non era di Nino Ferrer? :) E che meraviglia il monastero di Torba e il parco di Castelseprio!

    Invece che tristezza vedere certe situazioni di degrado, qui dalle mie parti ce ne sono moltissime e purtroppo non è sempre colpa delle amministrazioni. Ci sono cittadini, chiamiamoli così anche se meriterebbero altri epiteti, che si sbarazzano di rifiuti ingombranti e non, mollandoli agli angoli delle strade e addirittura nei fossati. Come sempre l'educazione, o la maleducazione, parte dall'individuo, e si estende nel mondo circostante. Il piccolo si riflette nel grande, e viceversa.

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    1. Grazie della testimonianza, Cristina​.
      :)
      Si sa, la madre degli stolti è sempre incinta, e i responsabili delle porcherie da te descritte lo sono senz'altro, come lo sono quelli che danno fuoco alle panchine.

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  6. Io so solo che pago ogni anno una tassa che va al Consorzio Bonifiche della mia regione, quindi immagino che il compito tocchi a loro... altrimenti perché si chiamerebbe "consorzio bonifiche"?
    Detto ciò, sono affascinato dalle rovine industriali... Ho dedicato anche un post all'argomento, intitolato "Torneranno i prati".
    E la canzone me la ricordo, eccome :-)
    Bel post, Clementina. A presto rileggerci!

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    1. Ciao Ivano e grazie mille 😊
      Qui è tutto uno scaricabarile

      Eh, la canzone era forte...
      Ciaooooo e a presto

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dani.sanguanini@gmail.com