lunedì 28 novembre 2016

Gradite un caffè?






C’è chi dice che debba essere «nero come la notte, dolce come l’amore e ardente come l’inferno»; c’è chi ne ama soprattutto l’aroma, evocativo di terre lontane, sconosciute e foreste tropicali. 

In seguito e in ordine sparso, troviamo: chi lo ritiene un carburante indispensabile per una vita irrequieta e spericolata; quelli che lo bevono per sostenere l’energia nervosa, utile a tirare avanti la giornata; quelli per cui è sempre una buona scusa per vedere un amico e scambiare due chiacchiere; altri che lo consumano per riflettere pensando alla giornata che verrà, o per esaltare i sensi e stimolare le idee, la memoria; chi lo vuole servito in una bella tazza, perché i dettagli hanno la loro importanza; quelli che lo usano per prevedere il futuro, leggendone i fondi. 

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Insomma, che lo amiate oppure no, il caffè rimane un grande protagonista della vita di moltissime persone, più o meno ovunque in giro per il mondo, a tutte le latitudini.

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Per me, ad esempio, la giornata non inizia bene se non è accompagnata da una tazza grande di caffè nero e bollente e, se possibile, bevuto con calma mentre curiosamente scorro le notizie del mattino.

E proprio sfogliando le pagine di un noto quotidiano, con la tazza fumante tra le mani, ho appreso che il caffè, non solo è la bevanda più amata dagli italiani, ma – per come lo descrive Il Sole 24 Ore – è addirittura «un vero e proprio tonico per l’economia del Paese».

A quel punto ho deciso di proporvi un nuovo viaggio improntato alla scoperta dell’«oro nero» più delizioso che noi tutti conosciamo. O che crediamo di conoscere! Ed eccoci qua.

Inizierei col dire che parlare di caffè non è affatto banale, soprattutto se lo si considera una merce che ogni anno dà vita al più alto volume di scambi in tutto il pianeta.

Per i maggiori paesi esportatori di caffè (Brasile, Colombia, Uganda, Vietnam, Venezuela, Yemen, Guatemala, India, Messico, Nicaragua, Costa d’Avorio, Costa Rica, Kenia), prevalentemente collocati nella fascia tropicale e appartenenti al cosiddetto «Terzo Mondo», questo prodotto, rappresenta una delle principali fonti di sostentamento, quindi è prezioso quanto l’oro. 
lavorazione del caffè - fonte web

Pare, appunto, che la domanda di caffè nel mondo sia in costante aumento e lo sono anche, di conseguenza, le esportazioni.

Per quanto riguarda l’Italia, inoltre, stando ai dati ISTAT riportati nell’articolo del Sole 24 Ore, l’espresso (sia il caffè in polvere, che le macchine da bar o domestiche, che gli impianti di packaging, che le capsule) vanta un primato mondiale con un business che si assesta intorno ai 5 miliardi di euro, e un grandissimo potenziale oltreconfine. Insomma, la filiera italiana, artigianale e industriale, legata a questo prodotto è in grande fermento.
Bene, anzi, benissimo!

Ma l’aspetto che più mi affascina, ancor prima di quello economico e commerciale, è quello antropologico, in quanto il caffè rappresenta un fenomeno all’origine di mode che hanno largamente influenzato i consumi occidentali, i luoghi, le forme e l’attitudine a vivere in queste società negli ultimi tre secoli. Vale dunque la pena di partire dalle sue origini, che non a caso, sono alquanto misteriose!

Dovete sapere, infatti, che sono in molti a vantarsi di averlo scoperto e di avergli dato i natali, con la conseguenza che molti Paesi lo considerano bevanda nazionale. 

In realtà si sa poco delle origini storiche di questa bevanda, ma sono tante le leggende legate alla sua scoperta, sempre più o meno casuale.
Il suo nome si lega a Coffea Arabica, una pianta originaria dell’Etiopia, il cui nome deriva da Kaffa, regione in cui il caffè sarebbe stato scoperto.

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Tuttavia, il nostro Pellegrino Artusi (1820 – 1911)
Pellegrino Artusi,
fonte Wikipedia
sostiene che il miglior caffè provenga dalla città yemenita di Moka, dove alcuni monaci osservando l’irrequietezza delle capre che avevano mangiato le bacche di un arbusto, provarono a raccoglierle, abbrustolirle, tostarle e macinarle per prepararne un infuso mirato a contrastare i colpi di sonno che li colpivano durante le preghiere notturne.

Stando a ciò che sostengono alcuni enciclopedisti francesi, inoltre, il caffè viene citato da Omero e in diversi testi religiosi, tra cui la Bibbia, dove si trova un episodio in cui l’arcangelo Gabriele avrebbe donato del caffè a Maometto per aiutarlo a contrastare la sonnolenza. 

Intorno all’anno Mille, poi, il medico, filosofo e matematico persiano Avicenna, da molti considerato il padre della medicina moderna, prescriveva il caffè (bunc, questo il nome abissino del caffè) come forte antidepressivo e digestivo.

Avicenna, fonte Wikipedia
Sulla scia di Avicenna, diversi secoli più tardi, nel 1691, Angelo Rambaldi, medico bolognese, dedicò addirittura un trattato a questo infuso ritenuto portentoso:

«[…]non solo teneva svegli senza diminuzioni di forze, ma corroborava lo stomaco, asciugava le flussioni, preservava dai calcoli e dalla gotta, sradicava le ostruzioni, quietava i tumulti delle parti naturali, cioè di “affetti ipocondriaci”, sollevava gli idropici, raffrenava gli isterici, apriva copiosamente le urine e le “purghe” delle donne, aiutava le gravide, preservava dalle febbri intermittenti col solo fumo, aguzzava la vista e faceva effetti che per essere fra di loro contrari, parevan fuori dall’ordine di natura. […]» (clicca qui per continuare la lettura del trattato di Rambaldi)

Sarà per via dei suoi benefici effetti, o per il gusto e l'aroma irresistibile, che nel corso del Cinquecento il caffè inizia a spostarsi dall’Arabia e dallo Yemen per approdare in Turchia. Sempre secondo gli storici, è infatti verso il 1475 che a Costantinopoli compaiono i primi ambulanti del caffè, dei veri e propri caffettieri, i quali, appostati nelle piazze, nei cortili delle moschee e in ogni via della città, preparavano al momento la bevanda per venderla ai passanti.

In Europa, l'oro nero arriva circa un secolo e mezzo più tardi. 

Siamo nel 1624, a Venezia, il più importante crocevia dei commerci da e per l’Oriente, e un gruppo di accorti mercanti, che avevano avuto modo di osservare quanto quelle strane bacche fossero in grado di conquistare le piazze arabe, decide di acquistare e smerciare una partita di sacchi di chicchi di caffè tostati. 
La loro scelta viene premiata da un grandissimo successo e nell’arco di due decenni, oltre alla progressiva diffusione dei chicchi di caffè, si assiste alla propagazione dei Caffè, i locali in cui vengono serviti caffè, a quei tempi definito «Vino d’Arabia», tè e altre bevande, che pian piano si espandono nell’intero territorio nazionale, come parallelamente accadrà anche a Londra, Parigi, Vienna e Berlino, fino a conquistare tutto il Vecchio Continente e, più tardi, il mondo intero.

il ritorno del Bucintoro, il Canaletto
pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli - Torino - fonte web
Va detto che nel corso di quei secoli, la diffusione del misterioso prodotto proveniente dall’Oriente islamico, nero come gli inferi e amaro come le pene dell’inferno, non manca di venir contrastata da remore e pregiudizi di natura religiosa e culturale messe in atto dagli ambienti più conservatori dell’Europa cristiana e cattolica, tanto che qualcuno inizia a parlare di «diabolici effetti». 

Ciononostante, la moda del caffè prosegue inarrestabile e trionfante, dando vita ad un numero incalcolabile di fan appartenenti ai mondi più disparati e  lasciando anche abbondanti tracce nella letteratura, fino ad oggi.

Già nel Settecento, il caffè fa il suo ingresso ufficiale a teatro con Carlo Goldoni, il quale ne parla svariate volte all’interno delle sue commedie, come L’uomo di mondo, La vedova scaltra, Le femmine puntigliose, La putta onorata, La buona moglie, Il cavaliere e la dama, L’avvocato veneziano. Ma ne parla soprattutto nel suo capolavoro, La bottega del caffèscritto nel 1750, nel quale ci presenta un geniale intreccio imperniato su pettegolezzi, manie, stravaganze, imbrogli e finzioni, rappresentativo della società veneziana di allora, ma che ancora risulta oggi straordinariamente attuale.

Carlo Goldoni - fonte Wikipedia

fonte Wikipedia
Ma se il caffè viene consacrato nel teatro veneziano di Goldoni, a Milano, nel 1764, diventa il titolo del più famoso periodico di estrazione illuminista, portavoce delle istanze culturali, sociali e politiche delle classi emergenti che puntavano allo svecchiamento delle istituzioni e alla razionalizzazione dell'apparato statale di allora, fondato da Pietro Verri e Cesare Beccaria: Il Caffè.

La scelta del nome dell’illustre foglio va, infatti, letta in una duplice chiave che mette in risalto l'importanza della bevanda nella storia: da una parte, attesta il grado di diffusione e consenso raggiunto dai Caffè, intesi come botteghe, ormai diventati luogo di scambio e di diffusione delle idee del riformismo illuministico e, dall’altra, testimonia dell’affetto sviluppato dagli intellettuali verso la bevanda, che tiene attiva la mente, in contrapposizione al vino, che la offusca. 

E, se il caffè continua imperterrito la sua felice corsa alla conquista di nuovi pubblici, non posso fare a meno di citare Napoli, città indiscutibilmente stregata dal culto di questa bevanda, il suo teatro, il suo cinema e la sua musica.

Così troviamo il caffè protagonista delle più note opere di Eduardo De Filippo. E lo troviamo
Eduardo De Filippo, dal web
 
servito in tazza, nella scena iniziale di Natale in casa Cupiello, vero e proprio dramma dell’incomunicabilità, ma anche commedia ricchissima di comicità e di amara umanità; è grande protagonista della passione di Pasquale Lojacono, in Questi fantasmi (trovate qui il video), amabile personaggio che svela al dirimpettaio il segreto del «coppetiello»; 
è l’oggetto della vendita abusiva al mercato nero da parte di Amalia Jovine, protagonista di Napoli milionaria.   

Sempre a Napoli, il caffè e il rito quotidiano della «tazzulella ’e cafè», carico di innumerevoli simbologie, rimane costantemente al centro della scena pur spostandosi dal teatro al cinema.  

Così, lo rintracciamo servito, da una strepitosa Titina De Filippo, alquanto freddo e in scarsissima quantità, nell’esilarante commedia Totò, Peppino e i fuorilegge, o abbondantemente zuccherato, ne La banda degli onesti, così come in tantissime altre pellicole cult di Antonio De Curtis.  
Totò e Peppino ne La banda degli onesti
fonte Wikipedia


E Tazzulella ’e cafè diventa, molti anni dopo, anche il titolo di una delle più famose canzoni di Pino Daniele, un testo di denuncia nel quale vengono evocate le grandi varietà di umori, atmosfere e stili di una Napoli orgogliosa e piena di contraddizioni. (cliccare qui per il video)

Pino Daniele - fonte web


Ma il caffè, come elemento di primo piano nel mondo della canzone di autore, non si ferma a Napoli e prosegue il suo viaggio fino a Genova, con Fabrizio De Andrè

Don Raffaè è, infatti, uno dei capolavori indiscussi di questo cantautore, una canzone di denuncia della situazione dei detenuti in carcere negli anni Ottanta e della totale subordinazione dello Stato al potere e alla volontà di Mafia e Camorra. Il testo allude molto chiaramente al camorrista Raffaele Cutolo e il suo ritornello, dedicato al caffè, si ispira ad un brano di Domenico Modugno, 'O cafè.  (cliccare qui per il video)

Fabrizio De Andrè - fonte web

Diciamolo senza pudore: di caffè potremmo parlare all’infinito!

Tuttavia, dovendomi dare un limite, riferisco ancora soltanto qualche piccolo accenno al mondo dell’arte, non solo italiano come vedrete,  in quanto a partire già dal Seicento, fino ad oggi, il caffè e l’universo simbolico che ruota intorno ad esso, ci viene proposto quale co-protagonista di tantissimi dipinti e disegni che ne testimoniano le varie fasi della sua preparazione, fino al rito della sua degustazione. 

Tra gli innumerevoli autori, ho scelto di mostrarvi anzitutto le opere di due tra i miei tanti artisti preferiti: Edward Hopper, con le sue desolate visioni notturne dall’atmosfera sospesa, che possiamo osservare in Automat 

Automat, E. Hopper - Des Moines Art Centre, Des Moines 



e in Nighthawks  
Nighthawks, E. Hopper - Art Institute, Chicago- fonte web


ed  Édouard Manet, con l’ultimo dipinto realizzato prima di morire, nel 1879, Chez le Père Lathuille

Chez le Père Lathuille, E. Manet - Musèe des Beaux Arts, Tournai, fonte web

Come già accennato, anche in Italia vi sono artisti che sentono l’esigenza di ritrarre il caffè nelle loro opere.


Tra questi, incontriamo Giacomo Balla, esponente del movimento futurista,  che sceglie uno stile insolitamente classico e figurativo per raffigurare se stesso in questo autoritratto, scherzosamente denominato Autocaffè, realizzato nel 1929 e attualmente ospitato presso la Galleria degli Uffizi, a Firenze. 

Autocaffè, G. Balla, Galleria degli Uffizi, Firenze
fonte web
Un altro grande autore italiano che avverte il bisogno di rappresentare una famosa bottega dentro la quale si muovono personaggi famosi, camerieri e turisti, è Renato Guttuso con l’opera Caffè Greco, ispirata allo storico caffè di Roma, qui di seguito riportata nella versione del 1976 ospitata presso il Museo Ludwig, a Colonia.



















Caffè Greco, R. Guttuso, Museo Ludwig, Colonia - fonte web


Eccoci dunque arrivati alla fine del post: non mi resta che salutarvi, dandovi appuntamento alla prossima settimana per un nuovo affascinante viaggio e augurando buon caffè a tutti!



E voi, cari amici, amate il caffè? E a quali opere, eventualmente lo accostate?







FONTI: 


- La filiera italiana del caffè vale 5 miliardi - articolo di Ilaria Visentini, Il Sole 24 Ore, 21 novembre 2016

- Youtube, per i filmati proposti nel post: Don Raffaè, di Fabrizio De Andrè; Tazzulella ’e cafè, di Pino Daniele; Questi fantasmi, di Eduardo De Filippo; 

- Wikipedia, per le immagini e i riferimenti alle opere e gli autori citati

- Ambrosia arabica ovvero della salutare bevanda caffè, di Angelo Rambaldi, sito dell'Accademia Barilla 

Cenni storici sul Caffè: Annali Universali di Statistica, Economia pubblica, Storia e Viaggi - A.A.A., edito nel 1834



















8 commenti:

  1. Un articolo di grande pregio, uno srotolarsi di notizie che hanno arricchito la mia conoscenza sulla bevanda più famosa nel mondo. Ho letto e apprezzato, in questo lungo percorso dalle origini ad oggi, la struttura, le informazioni e le curiosità legate al caffè. Un amico con cui ci intratteniamo da sempre, a partire dalle prime luci dell'alba. Uno dei principali effetti che ha su di noi questa bevanda è proprio l'aggregazione. Prendere il caffè con gli amici, andare al bar, fermarsi in un autogrill, porta sempre e solo un connotato "Caffè". Artisticamente parlando il Caffè lo associo a Parigi, quella dell'epoca in cui si sviluppò la cultura del Caffè Letterario dove gli artisti di ogni branca si riunivano per scambiarsi opinioni e visioni. Da Hopper a Manet, fino ad arrivare a Guttuso, come ha splendidamente riportato Clementina, il caffè ha agito anche come fonte di ispirazione e non solo. Io, personalmente, non potrei farne senza. Il suo aroma, il suo potere magico riscaldano la mia giornata delineandone l'inizio e anche il termine. Splendido escursus tra latitudini e particolarità di un rito, quello di prendere il caffè, che appartiene a milioni di persone nel mondo. Grazie, Clemetina!

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    1. Cara Annamaria, anzitutto ti ringrazio per tutti i tuoi stupendi commenti ai quali, con immenso piacere, rispondo.
      Ed eccomi prontissima a dare risposta anche a questo!
      Inizio col dire che mi piace moltissimo e condivido in pieno il tuo accostamento del caffè al convivio e al senso di amicizia e mi sbilancio aggiungendo (sapendo di inimicarmi i fan del tè! ;-) ) che, ancor più di qualsiasi altra bevanda, calda o fredda che sia, il caffè ha dalla sua un aroma tanto avvolgente e affascinante, capace di conquistare anche i più riottosi.
      E per quanto riguarda i caffè parigini, cui fai riferimento, ti confesso che avrei voluto aggiungere una nota anche su quelli, ma mi sono trattenuta… Approfitto, dunque del tuo stimolo per spendere almeno due parole sul più antico caffè letterario parigino: Le Procope. Infatti, proprio fra le sue mura è nata addirittura L’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert (ma ci pensi a come sarebbe stato straordinario entrare lì dentro trovandovi questi due “illuminati” alle prese con quel capolavoro?) e, inoltre, tra i suoi tanti avventori vengono annoverati nomi altrettanto illustri, quali Prévost, Montesquieu, Verlaine, Hugo, Wilde, e immancabilmente anche Danton e Robespierre. Insomma, hai veramente ragione Annamaria, i caffè letterari parigini di quei tempi, ma anche quelli del primo ventennio del ‘900, per esempio il Cafè du Dome, nei quali si “rischiava” di incappare in artisti come Picasso, Hemingway, Soutine e Modigliani, erano luoghi dotati di un’energia sicuramente magica!
      Grazie per avermi regalato anche questa possibilità!
      Un forte abbraccio e alla prossima!

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  2. Cara Clem, di recente e per motivi di salute, ho scoperto che posso vivere piacevolmente anche senza glutine e senza latticini (senza carne ormai da decenni), ma senza caffè...non ci provo neanche!E' davvero uno dei più grandi piaceri della vita. Una bella tazza di caffè fumante la associo romanticamente e immediatamente alle due città da te citate, la voluttuosa Venezia del 1700 (nel 1720 è nato il caffè Florian!) e l'artistica Parigi di fine '800 e dei primi decenni del '900 (le pareti del cafè Guerbois hnno ascoltato le prime teorie dell'impressionismo) A questo proposito mi hai ammaliata con il dipinto di Manet...ancora una volta mi hai proposto qualcosa di cui mi sto occupando in questo periodo, Manet e Berthe Morisot!
    Un'altra opera a cui assocerei il caffè è "Terrazza di un caffè di notte" di Van Gogh, che ritrae un locale ancora oggi visibile nella piazza di Arles, ulteriore romantico luogo da visitare.
    Per quanto riguarda il caffè nei romanzi, mi piace ricordare "Gabriella garofano e cannella" di Amado, e l'aroma delle fumanti caraffe di caffè che le mani di fata di Gabriella preparano per Nacib, insieme a tante profumate e deliziose vivande...

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    1. Caspita, il Cafè Guerbois! Ma certo, dove si ritrovavano grandissimi artisti per discutere di arte. Tra i suoi frequentatori c’era la crème de la crème del mondo dell’arte, da Renoir, a Monet, Cezanne, Degas,… i migliori sono passati di lì.
      Sono assolutamente d’accordo con te sulla bellezza di Arles, non ricordavo Terrazza di un caffè di notte, sono andata a riguardarmelo e devo dire che è stupendo. Qui, Van Gogh, è romanticissimo e quel caffè, così animato e chiassoso, diventa un’isola felice nel mezzo del paesaggio.
      Ma quando mi hai tirato fuori Jorge Amado e la sua Gabriella ho sentito un tuffo al cuore: che meraviglia quel romanzo, lo adoro. I manicaretti preparati dalla bellissima creola, che conquistano Nacib, ma anche un esercito di altri uomini, il fascino di quelle terre, i suoi profumi, le sue contraddizioni… grazie di questo ricordo, Stella, è meraviglioso!

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  3. Ciao cara, anch'io negli ultimi anni sono diventata un'affezionata del caffè e riesco anche a berlo senza zucchero. Dopo aver avuto la sensazione di bere una sorta di veleno, con il tempo si riesce ad assaporarlo davvero a fondo e a distinguere le varie miscele, scarse oppure ottime. Avevo letto anch'io che il dinamismo - e anche la nevrosi produttiva - della società contemporanea si regge sul consumo di caffè, che diventa quell'eccitante indispensabile per reggere il ritmo lavorativo dall'alba al tramonto. Avevo letto anche che il caffè è associato al mondo arabo.

    Assolutamente affascinante il viaggio storico-artistico che proponi, e io, che ho aperto sul blog Il Caffè della Rivoluzione, apprezzo sicuramente il riferimento a questi ritrovi dove si riunivano i più famosi personaggi dell'epoca. Per quanto riguarda le opere, mi viene in mente "Agostina Segatori, le Café du Tambourin" di Vincent Vang Gogh, e a livello letterario i tanti bistrot del commissario Maigret dove, oltre al caffè, si consumano anche tanti liquorini.

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    1. Oh, mia carissima Cristina, sai bene che Maigret arriva dritto al mio cuore! Le atmosfere fumose descritte da Simenon sono impagabili, il commissario, la sua pipa, tutti quei personaggi così miseramente e grandiosamente umani, le uova sode sul bancone, i vermouth e… i caffè! Sapevo che avresti apprezzato almeno l’idea di questo post, dato che hai da poco aperto Il Caffè della Rivoluzione!!! Non mi era venuto in mente Van Gogh e quel suo quadro, grazie del contributo e in questo modo mi fai ricordare un'altra sua opera, nella quale troviamo ancora il caffè protagonista: Il Caffè di Notte. Si tratta della raffigurazione di un bar nelle ore notturne, con tanto di biliardo al centro e tavolini ai lati dove siedono alcuni sparuti avventori. Qui l’atmosfera risulta destabilizzante, attivando in chi lo osserva un profondo senso di isolamento, di chiusura. È’ un quadro che parla della grande difficoltà dell’uomo ad entrare in comunicazione con gli altri e in questo caso, il caffè – bar smette di essere luogo di aggregazione per diventare territorio elettivo degli emarginati. Ma, parlando delle atmosfere dei caffè di Van Gogh, mi vengono in mente i quadri di Toulouse Lautrec (i due artisti avevano anche partecipato insieme ad una esposizione parigina), e in particolare, quello del Signor Boileau al caffè: non più gli emarginati, ma i signori della Parigi-bene, in tuba e panciotto. Insomma, il caffè è sempre un grande protagonista!
      Abbraccissimi!!!!!

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  4. Il caffè, che bell'argomento... Il caffè è un'istituzione, è un pilastro, è la base su cui poggia il resto della giornata. Amo il caffè e non potrei farne a meno. Nel tuo splendido articolo ho scoperto nuove facce di quella storia fantastica e un po' fiabesca che viene tramandata circa le sue origini. Anni fa feci alcune ricerche, quando mi cimentai nella stesura di un libro di ricette improbabili (non so cucinare...), ma non approfondii oltre le bacche e le caprette sveglie! Qui adesso ho scoperto molto di più! Il caffè per me è il risveglio, impossibile partire senza quella tazzina di liquido scuro e caldo, mai macchiato, per carità. Zuccherato sì, un po'. E dopo averlo sorseggiato mi sento carica, pronta a fare qualunque cosa; questo rito si ripete a metà mattina e a metà pomeriggio, qualche volta anche la sera. E posso confermare tutto quel che si dice circa gli effetti benefici del caffè: io lo prendo decaffeinato da anni (ordine del dottore...) eppure, posso garantire circa l'effetto "carica"! Il caffè è ormai entrato nelle nostre vite, come spieghi nella tua pagina, di caffè ce n'è in ogni forma d'arte, nella musica, nel cinema, nella pittura. Il ricordo più "antico" che ho legato al caffè, è "Il caffè della Peppina" (lo Zecchino d'Oro!) che già da piccina mi allietava la giornata, quando cantavo il ritornello a squarciagola. Oggi è molto di più. Ho un rapporto stretto e intimo, con lui e posso affermare con assoluta certezza che non ci lasceremo mai. :)

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    1. Ah, “Il caffè della Peppina”! Me la canticchiavo mentre scrivevo l’articolo, ecco: lo confesso! E tu me la riproponi qui, nel tuo commento: fantastico! Ma certo, perché il caffè fa parte della nostra vita, da sempre e proprio per questo ho pensato (peccando un po’ di presunzione, lo ammetto) che parlarne fosse interessante. Sì, perché, seppure lo si beva ogni giorno, nella maggior parte dei casi si ignora quanta storia porti con sé e ciò che io ho riportato è solo una briciola dell’universo che circonda questo prodotto. Più mi documentavo e più mi venivano in mente nuove implicazioni. Per esempio, ho citato un paio di casi musicali, ma ce ne sarebbero a iosa, idem per le sue rappresentazioni artistiche e letterarie, ma poi mi sono venute in mente anche pubblicità che hanno segnato la storia della nostra economia, soprattutto quella degli anni del boom… bei tempi ;-) … come quella del caffè Paulista, con Carmencita, o quella della moka Bialetti e il suo omino! Insomma, parlare di caffè porta sempre il buon umore, quindi: evviva il caffè!
      Un super abbraccio!!!

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dani.sanguanini@gmail.com