C’è chi dice che debba
essere «nero come la notte, dolce come
l’amore e ardente come l’inferno»; c’è chi ne ama soprattutto l’aroma,
evocativo di terre lontane, sconosciute e foreste tropicali.
In seguito e in ordine
sparso, troviamo: chi lo ritiene un carburante indispensabile per una vita irrequieta
e spericolata; quelli che lo bevono per sostenere l’energia nervosa, utile a
tirare avanti la giornata; quelli per cui è sempre una buona scusa per vedere
un amico e scambiare due chiacchiere; altri che lo consumano per riflettere
pensando alla giornata che verrà, o per esaltare i sensi e stimolare le idee, la
memoria; chi lo vuole servito in una bella tazza, perché i dettagli hanno la
loro importanza; quelli che lo usano per prevedere il futuro, leggendone i
fondi.
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fonte web |
Insomma, che lo amiate oppure
no, il caffè rimane un grande protagonista della vita di
moltissime persone, più o meno ovunque in giro per il mondo, a tutte le
latitudini.
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fonte web |
Per me, ad esempio, la
giornata non inizia bene se non è accompagnata da una tazza grande di caffè
nero e bollente e, se possibile, bevuto con calma mentre curiosamente scorro le
notizie del mattino.
E proprio sfogliando le
pagine di un noto quotidiano, con la tazza fumante tra le mani, ho appreso che
il caffè, non solo è la bevanda più amata dagli italiani, ma – per come lo
descrive Il Sole 24 Ore – è addirittura «un vero e proprio tonico per
l’economia del Paese».
A quel punto ho deciso di
proporvi un nuovo viaggio improntato
alla scoperta dell’«oro nero» più
delizioso che noi tutti conosciamo. O che crediamo di conoscere! Ed eccoci qua.
Inizierei col dire che parlare
di caffè non è affatto banale, soprattutto se lo si considera una
merce che ogni anno dà vita al più alto
volume di scambi in tutto il pianeta.
Per i maggiori paesi esportatori di caffè (Brasile,
Colombia, Uganda, Vietnam, Venezuela, Yemen, Guatemala, India, Messico,
Nicaragua, Costa d’Avorio, Costa Rica, Kenia), prevalentemente collocati nella
fascia tropicale e appartenenti al cosiddetto «Terzo Mondo», questo prodotto, rappresenta
una delle principali fonti di sostentamento, quindi è prezioso quanto
l’oro.
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lavorazione del caffè - fonte web |
Pare, appunto, che la domanda di caffè nel mondo sia in costante aumento
e lo sono anche, di conseguenza, le esportazioni.
Per quanto riguarda l’Italia, inoltre, stando ai dati ISTAT riportati nell’articolo del
Sole 24 Ore, l’espresso (sia il caffè in polvere, che le macchine da bar o
domestiche, che gli impianti di packaging, che le capsule) vanta un primato mondiale con un business che si
assesta intorno ai 5 miliardi di euro, e un grandissimo potenziale oltreconfine.
Insomma, la filiera italiana, artigianale e industriale, legata a questo
prodotto è in grande fermento.
Bene,
anzi, benissimo!
Ma l’aspetto che più mi affascina,
ancor prima di quello economico e commerciale, è quello antropologico, in quanto il caffè rappresenta un fenomeno
all’origine di mode che hanno largamente influenzato i consumi occidentali, i
luoghi, le forme e l’attitudine a vivere in queste società negli ultimi tre
secoli. Vale dunque la pena di partire dalle sue origini, che non a caso, sono alquanto
misteriose!
Dovete sapere, infatti, che
sono in molti a vantarsi di averlo scoperto e di avergli dato i natali, con la
conseguenza che molti Paesi lo considerano bevanda nazionale.
In realtà si sa
poco delle origini storiche di
questa bevanda, ma sono tante le leggende legate alla sua scoperta, sempre più
o meno casuale.
Il suo nome si lega a
Coffea Arabica, una pianta originaria dell’Etiopia, il cui nome deriva da Kaffa, regione in cui il caffè sarebbe
stato scoperto.
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fonte web |
Tuttavia,
il nostro Pellegrino Artusi (1820 –
1911)
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Pellegrino Artusi, fonte Wikipedia |
sostiene che il miglior caffè
provenga dalla città yemenita di Moka,
dove alcuni monaci osservando l’irrequietezza delle capre che avevano mangiato
le bacche di un arbusto, provarono a raccoglierle, abbrustolirle, tostarle e
macinarle per prepararne un infuso mirato a contrastare i colpi di sonno che li
colpivano durante le preghiere notturne.
Stando a ciò che
sostengono alcuni enciclopedisti francesi, inoltre, il caffè viene citato da Omero e in diversi testi religiosi, tra
cui la Bibbia, dove si trova un episodio
in cui l’arcangelo Gabriele avrebbe donato del caffè a Maometto per aiutarlo a
contrastare la sonnolenza.
Intorno all’anno Mille, poi, il medico, filosofo e
matematico persiano Avicenna, da
molti considerato il padre della medicina moderna, prescriveva il caffè (bunc, questo il nome abissino del caffè)
come forte antidepressivo e digestivo.
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Avicenna, fonte Wikipedia |
Sulla
scia di Avicenna, diversi secoli più tardi, nel 1691, Angelo Rambaldi, medico
bolognese, dedicò addirittura un trattato a questo infuso ritenuto portentoso:
«[…]non solo teneva svegli senza
diminuzioni di forze, ma corroborava lo stomaco, asciugava le flussioni,
preservava dai calcoli e dalla gotta, sradicava le ostruzioni, quietava i
tumulti delle parti naturali, cioè di “affetti ipocondriaci”, sollevava gli
idropici, raffrenava gli isterici, apriva copiosamente le urine e le “purghe”
delle donne, aiutava le gravide, preservava dalle febbri intermittenti col solo
fumo, aguzzava la vista e faceva effetti che per essere fra di loro contrari,
parevan fuori dall’ordine di natura. […]» (clicca qui per continuare la lettura del trattato di Rambaldi)
Sarà per via dei suoi benefici effetti, o per il gusto e l'aroma irresistibile, che nel corso del Cinquecento il caffè inizia a spostarsi
dall’Arabia e dallo Yemen per approdare in Turchia.
Sempre secondo gli storici, è infatti verso il 1475 che a Costantinopoli compaiono i primi ambulanti del caffè, dei veri e
propri caffettieri, i quali, appostati nelle piazze, nei cortili delle moschee e in ogni via
della città, preparavano al momento la bevanda per venderla ai passanti.
In Europa, l'oro nero arriva circa un secolo e mezzo più tardi.
Siamo nel 1624, a Venezia, il più importante crocevia dei commerci da e per l’Oriente, e un gruppo di accorti mercanti, che avevano avuto modo di osservare quanto quelle strane bacche fossero in grado di conquistare le piazze arabe, decide di acquistare e smerciare una partita di sacchi di chicchi di caffè tostati.
Siamo nel 1624, a Venezia, il più importante crocevia dei commerci da e per l’Oriente, e un gruppo di accorti mercanti, che avevano avuto modo di osservare quanto quelle strane bacche fossero in grado di conquistare le piazze arabe, decide di acquistare e smerciare una partita di sacchi di chicchi di caffè tostati.
La loro scelta viene premiata da un
grandissimo successo e nell’arco di due decenni, oltre alla progressiva
diffusione dei chicchi di caffè, si assiste alla propagazione dei Caffè, i
locali in cui vengono serviti caffè, a quei tempi definito «Vino d’Arabia», tè
e altre bevande, che pian piano si espandono nell’intero territorio nazionale,
come parallelamente accadrà anche a Londra, Parigi, Vienna e Berlino, fino a
conquistare tutto il Vecchio Continente e, più tardi, il mondo intero.
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il ritorno del Bucintoro, il Canaletto pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli - Torino - fonte web |
Va detto che nel corso di quei secoli, la diffusione del misterioso prodotto proveniente dall’Oriente
islamico, nero come gli inferi e amaro come le pene dell’inferno, non manca di venir
contrastata da remore e pregiudizi di natura religiosa e culturale messe in
atto dagli ambienti più conservatori dell’Europa cristiana e cattolica, tanto
che qualcuno inizia a parlare di «diabolici effetti».
Ciononostante, la moda
del caffè prosegue inarrestabile e trionfante, dando vita ad un numero
incalcolabile di fan appartenenti ai mondi più disparati e lasciando anche abbondanti tracce nella
letteratura, fino ad oggi.
Già nel
Settecento, il caffè fa il suo
ingresso ufficiale a teatro con Carlo Goldoni, il quale ne parla svariate volte all’interno delle sue
commedie, come L’uomo di mondo, La vedova
scaltra, Le femmine puntigliose, La putta onorata, La buona moglie, Il
cavaliere e la dama, L’avvocato veneziano. Ma ne parla soprattutto nel suo capolavoro,
La bottega del caffè, scritto
nel 1750, nel quale ci presenta un geniale intreccio imperniato su
pettegolezzi, manie, stravaganze, imbrogli e finzioni, rappresentativo della
società veneziana di allora, ma che ancora risulta oggi straordinariamente
attuale.
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Carlo Goldoni - fonte Wikipedia |
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fonte Wikipedia |
Ma se il caffè viene
consacrato nel teatro veneziano di Goldoni, a Milano, nel 1764,
diventa il titolo del più famoso periodico
di estrazione illuminista, portavoce
delle istanze culturali, sociali e politiche delle classi emergenti che
puntavano allo svecchiamento delle istituzioni e alla razionalizzazione
dell'apparato statale di allora, fondato da Pietro Verri e Cesare Beccaria:
Il
Caffè.
La scelta del nome dell’illustre foglio va, infatti, letta in una duplice chiave che mette in risalto l'importanza della bevanda nella storia: da una parte, attesta
il grado di diffusione e consenso raggiunto dai Caffè, intesi come botteghe,
ormai diventati luogo di scambio e di diffusione delle idee del riformismo
illuministico e, dall’altra, testimonia dell’affetto sviluppato dagli
intellettuali verso la bevanda, che tiene attiva la mente, in contrapposizione
al vino, che la offusca.
E, se il caffè continua
imperterrito la sua felice corsa alla conquista di nuovi pubblici, non posso
fare a meno di citare Napoli, città indiscutibilmente
stregata dal culto di questa bevanda, il suo teatro, il suo cinema e la sua
musica.
Così troviamo
il caffè protagonista delle più note opere di Eduardo De Filippo. E lo troviamo
servito in tazza, nella scena iniziale di
Natale
in casa Cupiello, vero e proprio dramma dell’incomunicabilità, ma anche
commedia ricchissima di comicità e di amara umanità; è grande protagonista della
passione di Pasquale Lojacono, in Questi fantasmi (trovate qui il video), amabile personaggio che svela al
dirimpettaio il segreto del «coppetiello»; è l’oggetto della vendita
abusiva al mercato nero da parte di Amalia Jovine, protagonista di Napoli milionaria.
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Eduardo De Filippo, dal web |
Sempre
a Napoli, il caffè e il rito quotidiano della «tazzulella ’e
cafè», carico di innumerevoli simbologie, rimane costantemente al centro della
scena pur spostandosi dal teatro al cinema.
Così, lo rintracciamo servito,
da una strepitosa Titina De Filippo, alquanto freddo e in scarsissima quantità, nell’esilarante
commedia Totò, Peppino e i fuorilegge, o abbondantemente zuccherato, ne La banda degli onesti, così come
in tantissime altre pellicole cult di
Antonio De Curtis.
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Totò e Peppino ne La banda degli onesti fonte Wikipedia |
E Tazzulella ’e cafè
diventa, molti anni dopo, anche il titolo di una delle più famose canzoni di Pino Daniele, un testo di denuncia nel quale vengono evocate le grandi varietà di umori, atmosfere e stili di una Napoli orgogliosa e piena di contraddizioni. (cliccare qui per il video)
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Pino Daniele - fonte web |
Ma il caffè, come elemento
di primo piano nel mondo della canzone
di autore, non si ferma a Napoli e prosegue il suo viaggio fino a Genova, con Fabrizio De Andrè.
Don Raffaè
è, infatti, uno dei capolavori indiscussi di questo cantautore, una canzone di denuncia
della situazione dei detenuti in carcere negli anni Ottanta e della totale
subordinazione dello Stato al potere e alla volontà di Mafia e Camorra. Il testo allude molto chiaramente al camorrista Raffaele Cutolo e il suo ritornello, dedicato al caffè, si ispira ad un brano di Domenico Modugno, 'O cafè. (cliccare
qui per il video)
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Fabrizio De Andrè - fonte web |
Diciamolo senza pudore: di caffè potremmo parlare
all’infinito!
Tuttavia, dovendomi dare
un limite, riferisco ancora soltanto qualche piccolo accenno al mondo dell’arte, non
solo italiano come vedrete, in quanto a partire già dal Seicento, fino ad
oggi, il caffè e l’universo simbolico che ruota intorno ad esso, ci viene
proposto quale co-protagonista di tantissimi dipinti e disegni che ne
testimoniano le varie fasi della sua preparazione, fino al rito della sua
degustazione.
Tra gli
innumerevoli autori, ho scelto di mostrarvi anzitutto le opere di due tra i miei tanti artisti preferiti:
Edward Hopper, con le sue desolate
visioni notturne dall’atmosfera sospesa, che possiamo osservare in Automat
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Automat, E. Hopper - Des Moines Art Centre, Des Moines |
ed Édouard
Manet, con l’ultimo dipinto realizzato prima di morire, nel 1879, Chez
le Père Lathuille
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Chez le Père Lathuille, E. Manet - Musèe des Beaux Arts, Tournai, fonte web |
Come già accennato, anche in
Italia vi sono artisti che sentono l’esigenza
di ritrarre il caffè nelle loro opere.
Tra questi, incontriamo Giacomo Balla, esponente del movimento
futurista, che sceglie uno stile insolitamente
classico e figurativo per raffigurare se stesso in questo autoritratto, scherzosamente
denominato Autocaffè, realizzato nel 1929 e attualmente ospitato
presso la Galleria degli Uffizi, a Firenze.
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Autocaffè, G. Balla, Galleria degli Uffizi, Firenze fonte web |
Un altro
grande autore italiano che avverte il bisogno di rappresentare una famosa bottega dentro la quale si muovono personaggi
famosi, camerieri e turisti, è Renato
Guttuso con l’opera Caffè Greco, ispirata allo storico
caffè di Roma, qui di seguito riportata nella versione del 1976 ospitata presso il Museo
Ludwig, a Colonia.
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Caffè Greco, R. Guttuso, Museo Ludwig, Colonia - fonte web |
Eccoci dunque arrivati alla fine
del post: non mi resta che salutarvi, dandovi appuntamento alla prossima
settimana per un nuovo affascinante viaggio e augurando buon caffè a tutti!
E voi, cari amici, amate il caffè? E a quali opere, eventualmente lo accostate?
FONTI:
- La filiera italiana del caffè vale 5 miliardi - articolo di Ilaria Visentini, Il Sole 24 Ore, 21 novembre 2016
- Youtube, per i filmati proposti nel post: Don Raffaè, di Fabrizio De Andrè; Tazzulella ’e cafè, di Pino Daniele; Questi fantasmi, di Eduardo De Filippo;
- Wikipedia, per le immagini e i riferimenti alle opere e gli autori citati
- Ambrosia arabica ovvero della salutare bevanda caffè, di Angelo Rambaldi, sito dell'Accademia Barilla
- Cenni
storici sul Caffè: Annali Universali di Statistica, Economia pubblica, Storia e
Viaggi - A.A.A., edito nel 1834