lunedì 21 maggio 2018

Amelia Earhart, una donna leggendaria/1




L’aviatrice americana Amelia Earhart

Solo pochi mesi fa la rivista Forensic Antrhropology, condotta da Richard Jantz, del Centro di Antropologia Forense all’Università del Tennessee, ha reso noto che i resti trovati nel 1940 sulla remota e disabitata isola di Nikumaroro
corrispondono al 99% ad Amelia Earhart e al suo navigatore Fred Noonan.

La questione dell’appartenenza di quei ritrovamenti ossei, nonostante quest’ultima dichiarazione, rimane tuttora controversa, così come la scomparsa di questa straordinaria donna, avvenuta il 2 luglio del 1937, mentre volava sopra l’Oceano Pacifico nel tentativo di circumnavigare il globo a bordo dell’Electra, resta ancora oggi un mistero irrisolto.
Amelia Earhart di fronte al Lockheed Electra sul quale scomparve nel 1937


Di certo, invece, la vita e la morte di questa donna sono diventate una vera leggenda, tant’è che a distanza di 81 anni dalla scomparsa ancora si cerca il relitto del suo aereo inghiottito dalle acque del Pacifico.
Amelia, oltre a essere l’incontestata regina dei cieli è colei che fa ciò che fanno gli uomini, è indipendente come un uomo e per questo motivo è diventata per le donne americane un simbolo dei movimenti femministi, un’icona arrivata fino ai giorni nostri.
Per qualcuno questa signora, fin dalle sue prime imprese, è stata il frutto di un’enorme operazione di marketing.

Ma torniamo al 1897, più precisamente al 24 luglio di quell’anno.
Siamo ad Atchison, in Kansas, nella casa di uno dei massimi esponenti di questa città: il  giudice federale, nonché presidente della Cassa di Risparmio municipale, Alfred Gideon Otis. Esattamente qui Amelia viene alla luce. Questa è la dimora di suo nonno, il luogo in cui, insieme alla sorella Muriel, trascorrerà l’intera infanzia, gli anni fondativi del suo carattere.  

Amelia bambina
Dai biografi viene descritta come una bambina curiosa, una vera appassionata di letture,  ma allegra, dal temperamento vivace, un “maschiaccio” che si arrampica sugli alberi, dà la caccia ai topi, ai rospi, alle falene. La sua spiccata propensione per l’avventura si rivela sin dal principio. All’età di sette anni convince lo zio a realizzarle uno scivolo rudimentale che, partendo dal tetto del capanno degli attrezzi e snodandosi in curve, scorre fino a terra consentendole, mentre se ne sta accovacciata in una scatola di legno, di sperimentare i primi tentativi di “volo”. 

Tre anni più tardi lascia il Kansas per spostarsi con i genitori a Des Moines, nello stato dello Iowa, dove il padre, Samuel Edwin Earhart, lavora come avvocato all’interno dello studio legale delle ferrovie di Rock Island. L’abbandono della casa dei nonni coincide con l’inizio di una seconda fase dell’infanzia contrassegnata da un registro decisamente diverso. Si chiude un’epoca spensierata e positiva e se apre un’altra in cui le tensioni e l’instabilità regnano sovrane.
La giovane è solo una dodicenne quando il padre viene licenziato dalla società per la quale lavora perché è un alcolizzato. In questo contesto, anche l’amata nonna materna viene a mancare. L’anziana, prima di spirare, assicura alla figlia e alle delle due nipotine un lascito consistente vincolato a un fondo assicurativo a cui il genero etilista non potrà accedere.

L’allegria cede presto il passo all’amarezza. La famiglia si trasferisce per un breve periodo a St. Paul, nel Minnesota, dove il padre trova un impiego presso la Great Northern Railway, prima di rimanere una seconda volta disoccupato. Successivamente il nucleo familiare si sposta, dapprima a Chicago e via via in moltissimi altri centri urbani. Le due sorelle Earhart, costrette a cambiare città e scuola ogni volta, non hanno alcuna possibilità di mantenere i contatti con gli amici coetanei. L’intera esistenza di queste persone sarà all’insegna del nomadismo: quattro vite costantemente sospese in un interminabile viaggio.

Durante l’adolescenza Amelia colleziona un’infinità di ritagli di giornali in cui spiccano figure di donne che hanno raggiunto il successo in ambiti da sempre considerati maschili, come la regia e la produzione cinematografica, i grandi studi legali e quelli pubblicitari, l’ingegneria meccanica: il suo sogno è quello di riuscire a fare la differenza in un mondo sempre più competitivo.
Intanto esplode anche la Prima Guerra Mondiale. 

A 19 anni, dopo aver conseguito il diploma presso la Hyde Park High School di Chicago, si iscrive in un college della Pennsylvania, ma non completa il programma di studi. Un anno più tardi, durante le feste di Natale, decide di andare a trovare la sorella che, nel frattempo, si è trasferita a Toronto. Il clima sociale del Canada è rovente: il paese, che a quell’epoca fa parte dell’Impero britannico, si trova automaticamente coinvolto nel conflitto internazionale e, con il disegno di legge attuato nel 1917, che impone la coscrizione obbligatoria, assiste  alla decimazione di migliaia e migliaia di giovani, per lo più di origini francesi, in terre lontane. Le proteste a favore dell’indipendenza, di conseguenza, si fanno sempre più vivide.
Come se non bastasse, anche a Toronto arriva la pandemia di influenza spagnola e la ragazza, ormai ventunenne, decide di attivarsi come infermiera della Croce Rossa, presso l’Ospedale militare di Spadina.

Lockheed Vega 5B pilotato da Amelia Earhart,
National Air and Space Museum Washington, DC.

Alla giovane Earhart si presenta l’insolita occasione di visitare una fiera aerea presso l’Esposizione Nazionale Canadese della città. Vale la pena di ricordare che siamo nel decennio in cui l’aviazione vive la sua epoca d’oro e, non a caso, l’attrazione principale di quella parata sarà l’esibizione aerea di uno degli assi dell’aeronautica. L’incontro si trasforma in qualcosa che segnerà in modo indelebile il futuro della ragazza.
Mentre se ne sta in disparte a osservare la scena delle diverse evoluzioni nel cielo, le si avvicina il famoso pilota reclamando la sua attenzione. Molti anni più tardi, sarà lei stessa a riferire l’episodio alla stampa usando queste precise parole: “A quell’epoca non capivo, ma credo che quel piccolo aereo rosso mi abbia detto qualcosa mentre si muoveva”.  

Nel giro di una manciata di giorni la fanciulla contrae una forte polmonite e, soprattutto, una particolare forma di sinusite che darà vita a una sequela di delicate operazioni, oltre che alla cronicizzazione di alcuni sintomi, tra cui un feroce mal di testa che accompagnerà l’aviatrice per sempre.
A causa delle precarie condizioni di salute le due sorelle si trasferiscono di nuovo negli Stati Uniti. In un primo momento la loro nuova dimora è Northampton, nel Massachusetts, successivamente, nel 1919, si spostano per qualche mese a New York, intervallo durante il quale Amelia si iscrive in un corso di studi medici presso la Columbia University, facoltà che abbandona l’anno seguente, cioè nel 1920, per riunirsi ai genitori che nel frattempo si sono spostati a vivere in California.
Il 28 dicembre 1920 si verifica un altro episodio destinato a lasciare una traccia indimenticabile nella sua vita. Dopo essersi recata insieme al padre a visitare l’aeroporto di Long Beach, dove il famoso pilota Frank Hawks si sta esibendo nelle sue acrobazie volanti, il padre acquista un biglietto dal costo di 10 dollari affinché la figlia effettui un giro della durata di dieci minuti su quell’aereo. Molti anni più tardi la stessa Earhart ne parlerà così: “Quando mi trovai a due-trecento piedi da terra capii che lo scopo della mia vita era quello di volare”.  


Da quel momento decide di imparare a volare e per riuscirvi intraprende i mestieri più disparati: si impiega come fotografa, poi come autista di camion e anche come stenografa presso una compagnia telefonica locale. Nel giro di un anno risparmia 1000 dollari, che si vanno ad aggiungere ad altri 1000 che le regala la madre e con i quali si presenta a Kinner Field, vicino a Long Beach, per iniziare la sua prima lezione di volo con la sua nuova insegnante, Anita Snook, detta Neta, una delle prime donne dell’aviazione militare americana.

Neta Snook e Amelia Earhart a Campo Kinner 
L’allenamento aeronautico non è esattamente una passeggiata, richiede un impegno costante e tanti sacrifici, ma Amelia è determinata ad andare sino in fondo. Per adeguarsi allo stile delle sue nuove colleghe taglia i capelli cortissimi e si impegna nell’acquisto di un biplano giallo di seconda mano, un Airster a cui dà il nome di “Canary”.
Il 22 ottobre del 1922, portando quell’Airster ad un’altitudine di 4.300 metri, stabilisce il record mondiale dei piloti aerei di sesso femminile.
L’anno successivo, il 15 maggio del 1923, Amelia diventa la sedicesima donna negli Stati Uniti a cui viene rilasciata la licenza di pilota da parte della Fédération Aéronautique Internationale (FAI).

Il brevetto di pilota di Amelia Earhart

Intanto, a causa di un investimento sbagliato la madre perde un’ingente parte del capitale che aveva in gestione e la giovane, vedendo ben presto esaurirsi l’intera eredità della nonna, si trova costretta a vendere il “Canary”. 
Senza perdere tempo, investe i soldi della vendita in un’automobile che battezza all’uopo “Pericolo Giallo” e con la quale parte, assieme alla madre, per un viaggio transcontinentale che porterà le due donne dalla California al Canada.

Ma la vecchia sinusite si rifà sentire e nel 1924, che è anche l’anno durante il quale i suoi genitori arrivano a divorziare, viene ricoverata a Boston per sottoporsi a una nuova trafila di operazioni chirurgiche dolorosissime.  
Dopo un periodo di convalescenza riesce a farsi assumere come assistente sociale e contestualmente riprende l’attività all’interno della American Aeronautical Society di Boston, dove viene eletta presidente. 

Francobollo USA del 1936
con l’effige di Amelia
In questa veste inizia a scrivere una serie di articoli, pubblicati sui giornali locali, nei quali promuove con fervore l’attività di volo femminile. In questo modo il suo nome comincia a diventare famoso in tutti gli Stati Uniti d’America. La svolta nella sua carriera di aviatrice arriva però solo nel 1928, un anno dopo la prima trasvolata atlantica in solitaria di Charles Lindbergh. La giovane Earhart, con Wilmer Sturz e Louis Gordon, a bordo di un Folker, è la prima donna ad attraversare l’Atlantico. In questa trasvolata il suo ruolo è secondario, come lei stessa riconosce: “Wilmer pilotò per quasi tutto il tempo. Io ero solo un bagaglio, venni trasportata come un sacco di patate”. L’impresa fa comunque di lei un’eroina nazionale, la nuova “Regina dell’aria”, colei che diventerà l’aviatrice più famosa dell’intero pianeta.
Grazie ai proventi delle conferenze, delle campagne pubblicitarie, dei suoi scritti e dei numerosi incarichi presso diverse compagnie aeree, Amelia inizia non solo a dedicarsi alla sua passione per il volo, ma anche a promuovere l’aviazione.

Con frasi come “Le donne devono tentare di fare le cose che gli uomini hanno tentato e il loro fallimento è un incentivo per le altre” questa signora, le cui cifre erano libertà e coraggio, ha ispirato milioni di donne. 

La prima parte di questo articolo dedicato ad Amelia Earhart si conclude qui per proseguire la prossima settimana.



Cosa pensate di questa donna e della sua esistenza? 


A presto e buona settimana a tutti!


BIBLIOGRAFIA
Amelia Earhart, Wikipedia
Amelia Earhart, l’aviatrice, Il tempo e la storia, Michela Guberti, ed. ERI
John Burke, Winged Legend: The Story of Amelia Earhart, New York, Ballantine Books

ICONOGRAFIA
Ritratto di Amelia Earhart. Wikipedia
Amelia Earhart di fronte al Lockheed Electra sul quale scomparve nel luglio del 1937. Wikipedia
Ritratto di Amelia da bambina. Wikipedia
Lockheed Vega 5B pilotato da Amelia Earhart, National Air and Space Museum Washington, DC. Wikipedia
Neta Snook e Amelia Earhart di fronte al Kinner Airster di Earhart, 1921 circa. Foto donata da Karsten Smedal e disponibile come immagine di pubblico dominio. Wikipedia
Francobollo in uso negli Stati Uniti nel 1936 con l’effige di Amelia, Divisione Stampe e Fotografie della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Wikipedia  
Amelia Earhart in una foto risalente al 1930, Wikipedia





18 commenti:

  1. Che dire di una donna come Amelia Earhart? La sua esistenza rappresenta una sfida continua: ai pellegrinaggi continui della famiglia, all'adattamento in posti diversi, alla ricerca di un'identità chiaramente palese nella passione per il volo, all'affermazione come donna con pari opportunità. Un esempio che sembra lontano, ma in fondo è così vicino, così sentito. Bellissimo questo articolo! Ne seguirò con entusiasmo il proseguio. Grazie, Clem, un'altra scoperta, un'altra perla da aggiungere al mio vuoto.

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    1. Carissima Anna, grazie di cuore per ogni tua parola e un abbraccio. Spero di continuare a mantenere viva la tua attenzione anche con il prossimo post, nel quale affronterò la seconda parte dell’incredibile vita di questa donna straordinaria.

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  2. Sbaglio o c'è stato un film con Hilary Swank nella parte della Earhart?

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    1. Non sbagli e di film su Amelia Earhart ce n'è più d'uno.

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  3. Conoscevo il nome, ma non la biografia nei dettagli. Non immaginavo avesse avuto un'infanzia/giovinezza così travagliata.

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    1. Si, un'infanzia e un'adolescenza travagliate, ma anche la vita adulta, soprattutto a causa di quella pesante forma di sinusite. A controbilanciare il tutto è stato l'enorme successo nell'aviazione... ma fini a un certo punto...

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  4. Io l'ho conosciuta nel 1977, grazie alla canzone "Amelia" che le ha dedicato Joni Mitchell. Avevo sentito anche degli ultimi sviluppi della vicenda.. a proposito delle ossa. La storia della sua sparizione è avvolta da un alone di leggenda quasi pari a quello che avvolge la sparizione di Saint-Exupery sul cielo della Baie des Anges.

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    1. Ricordo bene la canzone di Joni Mitchell e sono tanti, oltre che di diverse discipline, gli artisti che si sono ispirati a lei. Condivido appieno anche la tua ultima osservazione: anche la fine di Saint-Exupery è avvolta nello stesso mistero. Se poi pensiamo a ciò che è venuto alla luce, una quindicina di anni fa, con il ritrovamento della carlinga su cui volava il poeta-pilota, direi che è davvero così!

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  5. Il mistero della scomparsa di Amelia Earuart ha riempito pagine e pagine dei rotocalchi. Di certo è stata una persona che ha fornito molti spunti anche ai sogni di tutte le donne del mondo.

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    1. Sì, è così e non escludo che sia anche in grado di offrire ottimi spunti ancora oggi :)

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  6. Pilotare aerei ha sempre fatto parte dei miei desideri e nemmeno tanto segreti ma ai nostri tempi bisognava non portare gli occhiali e non avere denti otturati e quindi ho dovuto rinunciare subito. Aspetto con curiosità la seconda parte. Smak

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    1. Se non sbaglio, oggi dovrebbe esserci una tollerabilità di 3 diottrie per occhio... ma temo che sia un po' tardi ;-) :-D
      Lunedì pubblico la seconda parte. Grazie per essere passata ^__^ Un bacione!

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  7. La storia è piena di figure che hanno spinto i confini di quello che era considerato "il possibile" un po' oltre, tanto da cambiare la vita di altre persone con le loro scelte. Sono convinta che siamo tutti debitori a chi ha saputo sfidare epoca e contesto per seguire quello che sembrava solo un sogno. Senza la loro testimonianza, come faremmo a sapere che tutto è possibile? ;)

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    1. Ne sono convinta anch'io e considero queste persone alla stregua del carburante che alimenta il motore dei nostri sogni. Ciao e grazie di essere passata! :)

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  8. Senza dubbio è stata una grande donna, una pioniera dei suoi tempi ed è un peccato se ne parli poco.
    Sulla sua morte, avevo letto una teoria che diceva (siccome Amelia era una spia americana) che sia stato tutto un inscenamento e che lei sia stata portata in salvo.
    Un abbraccio!

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    1. Preferisco lasciare le discussioni inerenti alle tante teorie sulla scomparsa di questa grande aviatrice a tutti quelli che da oltre ottant’anni indagano sul suo caso. Non vi è alcuna certezza che fosse una spia, è solo una delle tante strampalate ipotesi formulate per spiegare il motivo del mancato ritrovamento dei suoi resti, aspetto che francamente non mi intriga granché: sono più interessata alla sua vita. Ciao, un abbraccio :)

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  9. Una donna meravigliosa, dotata di grandissima tenacia e forza d'animo. Credo che all'epoca ci volesse davvero un carattere di ferro per superare l'ostracismo sociale, se si coltivavano determinati sogni. Mi piace questa prima parte del ritratto perché, a quanto pare, era dotata di un forte senso dell'umorismo ("Io ero solo un bagaglio, venni trasportata come un sacco di patate”) che peraltro è comune a tutte le grandi persone. Non sapevo però di tutti i suoi problemi familiari e di salute, il che me la fa ammirare maggiormente.

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    1. È così, cara Cristina, Amelia era straordinaria, fragile e forte al tempo stesso, determinatissima, dotata di uno spirito libero e un’intelligenza davvero fuori dal comune, combinazione che le permetteva di essere leggera e spiritosa, ma anche profonda e sensibile. Vedrai che, lunedì, apprezzerai anche la seconda parte! Un abbraccio.

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dani.sanguanini@gmail.com