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Oggi vi propongo bizzarre
capriole su una fune che corre lungo nodi e concetti lontani eppure vicini,
epoche distanti ma somiglianti.
Il mio saltellare qua e là ha
avuto inizio l’altra sera, seguendo una bella trasmissione televisiva che, coniugando
grande ironia, intelligenza e seri approfondimenti di informazione, tratta una
particolare pratica di divulgazione in modo godibile e scorrevole.
Dopo un iniziale ridanciano siparietto
mirato a evidenziare la comunicazione persuasiva dei principali partiti
politici nostrani nel corso dell’ultimo secolo, autori e ospiti del programma sono
passati ad analizzare esempi di diverso spessore e registro, che ruotavano su
argomenti di attualità.
Per ciascuno dei casi
analizzati è sempre stato usato il termine “propaganda”, che del resto compone parte del titolo del programma e
all’improvviso mi sono ricordata degli appunti che avevo annotato su un bloc-notes
anni addietro, quando andai al Festival di Sarzana ad
assistere alla prima delle tre conferenze di Alessandro Barbero, docente specializzato in Storia Medievale e
scrittore di romanzi storici diventati best-seller.
Anche in quell’occasione si
parlava di propaganda!
figura 2 |
Nello specifico, il tema
dell’incontro verteva sulla genesi della leggenda secondo la quale la gente del
Medioevo aveva il terrore che il mondo finisse nell’anno Mille.
Già in fase di introduzione
Barbero chiariva subito perché parlare di leggenda:
“Sono
tante le cose che diamo per scontate quando si parla di Medioevo, ma esse sono
molto più leggendarie di quanto crediamo”
Da qui in avanti, avrebbe
sempre difeso la tesi dell’esistenza di una certa narrazione, propagandistica, giunta
fino ai nostri giorni, che ha deliberatamente enfatizzato il terrore della
popolazione europea in prossimità dell’anno 1000.
E come sarebbe arrivata a noi?
Con le parole del Carducci che, come
spiega Barbero, nel 1868, all’inizio del primo dei suoi cinque discorsi per “Dello
svolgimento della Letteratura nazionale”, scriveva:
“V’immaginate
il levar del sole nel primo giorno dell’anno Mille? Questo fatto di tutte le
mattine ricordate che fu quasi un miracolo, fu promessa di vita nuova, per le
generazioni uscenti dal secolo decimo?… E che stupore di gioia e che grido salì
al cielo dalle turbe raccolte in gruppi silenziosi intorno ai manieri feudali,
accasciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e nei chiostri, sparse con pallidi
volti e sommessi mormoni per le piazze e alla campagna, quando il sole, eterno
fonte di luce e di vita, si levò trionfale la mattina dell’anno Mille!”
A questo punto il relatore,
ricordando al pubblico il dovere degli storici di ricostruire le cronache
partendo da testimonianze certe, attacca a snocciolare una serie di prove
documentarie dalle quali si evince che quel terrore non apparteneva ai nostri
antenati.
“Siamo sicuri che sia andata
proprio così?” mi sono chiesta in quella circostanza.
figura 3 |
Il medievista argomenta
citando tracce dimostranti che, nel 999, pontefice, monaci e imperatore, non fossero
affatto preoccupati di ciò che sarebbe accaduto l’anno successivo.
In una bolla papale siglata il
31 dicembre dell’anno 999, per esempio,
Papa Silvestro II scrive all’abate
del monastero tedesco di Fulda confermandogli i privilegi richiesti, con la
clausola: “a patto che voi monaci
paghiate in futuro, ogni anno, quanto stabilito”.
Quindi, né il Papa, né l’abate
si aspettavano la fine del mondo!
figura 4 |
Un altro documento, risalente
sempre al 999 e ritrovato a Tortona, testimonia di due fratelli che,
dopo essersi rivolti a un abate per chiedere di godere delle terre di proprietà
dei monaci, si impegnano a pagare al concedente un terzo del raccolto e metà
del vino prodotto, come corrispettivo per lo svolgimento dell’attività agricola.
Tutto questo, ogni anno, per la durata di ventinove anni.
Per lo storico il documento proverebbe
che nemmeno la gente comune si ponesse il problema della fine del mondo l’anno
successivo.
figura 5 |
Al fine di convincere ulteriormente
la platea ci informa dell’esistenza di un ulteriore atto con il quale l’imperatore
Ottone III, giunto a Roma nel 999
per incontrare i monaci dell’Abbazia di Farfa,
redige con loro un contratto che sancisce il lascito in eterno del monastero in
cui vivono. L’accordo, tuttavia prevede una postilla secondo cui qualora
qualcuno soggiogasse l’abate responsabile del sacro luogo, “costui dovrà fare sicuramente i conti con
Cristo, quando questi verrà.”.
figura 6 |
Come Barbero prontamente
spiega, nemmeno l’imperatore, il quale prudentemente aveva messo le mani avanti
concedendo fino a un certo punto quanto promesso, si aspettava che il mondo
finisse l’anno successivo.
Ma non è tutto e, infatti, nel
corso dell’incontro viene ribadito più volte:
“Nessun
cronista dell’epoca ha mai parlato dell’imminente fine del mondo”.
Insomma, da quanto si evince
dai documenti citati, la vita veniva programmata come se il mondo dovesse
durare oltre il fatidico anno 1000
Arrivati a questo punto il
relatore passa ad illustrare i passaggi che avrebbero spinto personalità di
spicco, come Carducci, a sostenere
l’esatto contrario.
Anzitutto, ci viene indicata
la fonte ispiratrice del poeta versiliese: nientepopodimeno che l’ultimo libro
del Nuovo Testamento, ovverosia l’Apocalisse.
Come ci vien fatto notare, quel
testo, oltre a risalire alla fine del primo secolo d.C., è particolarmente
visionario e farraginoso e fa più volte riferimento al numero Mille. Un suo
particolare stralcio sarebbe responsabile del fatale fraintendimento che ha
dato origine alla leggenda della fine del mondo:
“Poi
vidi un angelo che scendeva dal cielo e avea la chiave dell’abisso e una gran
catena in mano. Ed egli afferrò il dragone, il serpente antico, che è il
Diavolo e Satana, e lo legò per mille anni, lo gettò nell’abisso che chiuse e
suggellò sopra di lui onde non seducesse più le nazioni finché fossero compiti
i mille anni; dopo di che egli ha da essere sciolto per un po’ di tempo… E
quando i mille anni saranno compiuti, Satana sarà sciolto dalla sua prigione. …”
L’Apocalisse è un’opera
indubbiamente enigmatica che, come ha spiegato Barbero, qualcuno ha
interpretato in senso letterale, attribuendole un preciso significato: dopo
mille anni, da che Cristo è giunto sulla terra, verrà liberato il dragone, cioè
Satana, e quindi verrà la fine del mondo.
Che in questa deduzione vi sia
o meno una logica, non vale la pena perdersi, ma Barbero si pone e pone al suo
pubblico una precisa domanda:
“Ma
in quei decenni ci sarà stato qualcuno che ha ragionato sul libro in
questione?”
Ebbene, sì, qualcuno c’è
stato. Per esempio, ci vien detto che un monaco francese, certo Abbone sembra
averci pensato a lungo. Nei primi decenni del X secolo d. C., costui scrive un
racconto dedicato al suo re per indicargli molte cose che non vanno bene nel suo
regno, a partire dal funzionamento della Chiesa e dei chierici. Il relatore
cita a memoria:
“non
conoscono bene il Credo, sbagliano a calcolare il calendario liturgico e
raccontano storie assurde sulla fine del mondo che dovrebbe arrivare nell’anno
Mille.”.
Questo monaco, attraverso il
racconto spiega anche che, ai tempi in cui era ancora un ragazzino, qualcuno
aveva scritto che “l’anno in cui il
venerdì santo coinciderà con l’annunciazione, ci sarà la fine del mondo”.
“Ecco il bandolo della
matassa!” direte voi “Siccome l’annunciazione è intesa come la venuta di Gesù e
il Venerdì Santo corrisponde alla sua morte, se nello stesso anno le due date
coincidessero, la fine del mondo è certa”.
Ma non è ancora finita e,
infatti, l’illustre ospite arriva al dunque: il re, una volta informato da
Abbone, discute il problema con altri ecclesiasti e chiede al monaco di
spiegare al popolo la follia di simili ragionamenti.
Per la Chiesa, sottolinea
Barbero, era sbagliato sostenere di conoscere la data della fine del mondo.
Perché?
Perché la Bibbia indica che divulgare la data della fine del mondo corrisponde
a un grave errore. Ecco cosa dice a tale proposito Barbero:
“Lo
stesso San Paolo scriveva: ‘il giorno del Signore verrà come un ladro nella
notte’. Come un ladro nella notte, dunque quando meno te lo aspetti… per cui
nessuno può saper quando arriverà l’ora x. San Matteo scriveva: ‘del giorno e
dell’ora (della fine del mondo) nessuno sa, neppure gli angeli del cielo, ma
solo il Padre’ ”.
Non pago, ci rivela che anche
Sant’Agostino aveva scritto:
“Calcolare
i tempi per sapere quando sarà la fine del mondo, o l’avvento del Signore, mi
sembra nient’altro che voler sapere qualcosa che lui stesso ha detto che
nessuno può sapere” e continua “Sta
scritto anche che prima che venga l’Anticristo e la fine del mondo, il vangelo
verrà predicato in tutti gli angoli della terra”.
Pertanto, rincalza il relatore,
ci sono prove certe che, nonostante le tensioni sulla fine del mondo emergessero
di quando in quando, venissero altrettanto tempestivamente fermate dall’alto
delle sfere clericali.
Giusto per non trascurare di
elencare ulteriori dettagli, lo storico segnala il caso di un cronachista
tedesco il quale, nell’847 d.C.,
racconta di una donna che, sostenendo di prevedere il futuro, affermava di
conoscere la data della fine del mondo. I popolani, credendole, la coprivano di
regali affinché ella pregasse per loro, ma il vescovo di Magonza, risoluto e
inflessibile, una volta informato dell’eresia, fa arrestare la donna.
Durante l’interrogatorio scopre
che l’eretica avrebbe agito in quel modo su suggerimento di un
prete e, per tutta risposta, la fa bastonare in piazza (sia chiaro, la signora,
non il prete) e il fermento si placa.
Il cavillo da sviscerare è, sempre a parere dell’oratore, il seguente:
comprendere perché Giosuè Carducci ci ha detto che negli ultimi giorni
dell’anno 999 il terrore della fine del mondo corresse ovunque. Barbero, a
questo punto, enfatizza il dilemma:
“Se
non è mai successo, chi avrà inventato questa storia? Com’è andata di preciso?”
Salta fuori un’incredibile genealogia, cioè a dire che una serie
di autori si sono reciprocamente copiati e ciascuno di loro ha aggiunto
qualcosa.
Come primo colpevole ci viene
indicato un monaco cronista, certo Sigeberto
di Gembloux, il quale intorno al 1100, cioè dopo un secolo
dall’ineluttabile data, registrando che circa cent’anni prima si era verificato
un terremoto e un decennio dopo era anche passata una cometa, scrive il
seguente passaggio:
“Nell’anno
1000 ci sono stati un terremoto, una cometa e un serpente nel cielo.”
Il secondo è un altro
cronista, di cui non ho segnato il nome (perdonate!), il quale, nel 1170 scopre che nel 1010 ci sono state
carestie, eclissi, visioni e, considerando tutti questi segni quali elementi
importantissimi da sottolineare, sentenzia:
“Con
quei prodigi, la gente ha pensato che arrivasse la fine del mondo”.
Da lì in avanti tutti credono
che attorno all’anno Mille ogni persona sulla crosta della Terra vivesse nel
terrore dell’imminente fine del mondo.
La lezione continua e ci viene
spiegato che, con il Rinascimento, altri storici sostengono la versione che vuole la
gente del Medioevo impaurita e terrorizzata dal pensiero della fine del mondo
allo scadere del 999.
Ma è soprattutto dopo, nel 1700, epoca in cui comincia la storia
delle letterature moderne e delle nazioni moderne, che gli eruditi, accertando
la scarsità di testimonianze certe sull’epoca medievale, stabiliscono che a
quei tempi il mondo fosse bloccato e la gente trascorresse intere giornate in
chiesa a piangere e pregare per la propria salvezza.
Quindi, prima del 1000 tutti erano
terrorizzati e dopo si sbloccano.
Sembra una barzelletta, ma pare
che gli intellettuali di allora abbiano voluto dare questo taglio
interpretativo, successivamente lasciato sedimentare per molto, molto tempo.
A riprova che l’immagine di un
periodo storico possa modificarsi nel tempo, Barbero cita anche il famoso
critico letterario Saverio Bettinelli, il quale sottolineava che solo dopo
l’anno 1000 il mondo avesse ripreso un movimento, del tutto assente negli anni
precedenti.
Da
qui in avanti inizierebbe la narrazione dell’anno 1000!
Nel 1800, periodo in cui gli intellettuali guardavano alla Chiesa come
a un nemico, nasce l’anticlericalismo. Ma è anche vero che la Chiesa di allora,
spaventata dal progresso, scomunica e chiude porte, quindi si presta a
diventare fonte di oscurantismo.
Da qui a costruire una
leggenda vera e propria, ci informa Barbero, lasciando credere che nel Medioevo
gli ecclesiasti volessero far regnare l’ignoranza e la gente fosse in preda
alla paura, è un gioco da ragazzi.
Nel concludere l’intervento,
il relatore si sofferma distinguendo che talvolta i miti si creano in modo
innocente, talvolta vengono elaborati a tavolino per trarne vantaggio.
Certamente lo credo anch’io,
ma questo appena esposto non è di sicuro l’unico caso riscontrato.
foto 7 |
Orbene, nonostante la mia
grande ignoranza, vi confido di aver trovato alcuni passaggi della lezione poco
convincenti e mi sono fatta delle domande.
Per esempio, posto che senz’altro
non ci sia stato uno stallo di quasi un secolo, come mai subito dopo il 1000 ci sono state innumerevoli donazioni,
documentate, alle chiese e ai conventi?
Per quale motivo i popolani
avrebbero dovuto lasciare i propri beni alla Chiesa in vista della fine del
mondo se non ci credevano?
Perché
escludere totalmente la responsabilità della Chiesa nella
diffusione di quella credenza, prima del 1000, durante e dopo, quando i fatti dimostrano che è stata la prima a beneficiarne?
Perché
glissare completamente sulla correità del prete che, nell’847,
avrebbe suggerito all’eretica di divulgare la notizia della fine del mondo nell’anno
Mille?
Perché
un testo come il Nuovo Testamento, dovrebbe essere considerato visionario, farraginoso, capzioso,
mentre altri libri della Bibbia,
che utilizzano lo stesso linguaggio metaforico, non lo sono?
Perché buttare
nel calderone della propaganda chi
ha cercato di convincere qualcuno a fare qualcosa attraverso discorsi e promesse seducenti e chi ha
fatto di tutto per manipolare le
persone di cose false, minacciando e
terrorizzando?
Vi giro tutti questi miei
dubbi e vi chiedo, se ne avete voglia, di dirmi cosa pensate della propaganda al giorno d’oggi.
Spero di trovare tanti vostri
commenti, vi auguro una splendida settimana e, se vi va, ci ritroviamo lunedì
prossimo. ^__^
ICONOGRAFIA:
foto 1: Totò in Gli onorevoli,
film del 1963 diretto da Sergio Corbucci – fonte Wikipedia
foto 2: Cristoforo de
Predis (1440–1486), Morte del Sole, della Luna e caduta delle stelle, Miniatura/illustrazione
da “Storie di San Gioacchino, di Sant’Anna,…”
foto 3: Papa Silvestro II –
fonte Wikipedia
foto 4: Abbazia di Fulda –
fonte Wikipedia
foto 5: Abbazia di Farfa –
fonte Wikipedia
foto 6: Ottone III assiso in
trono circondato dai maggiorenti dell'impero, miniatura di un Evangeliario del
X secolo, Bayerische Staatsbibliothek – fonte Wikipedia
foto 7: Walter Chiari e Carlo
Campanini in “Vieni avanti, cretino!” – fonte web
Quello che hai raccontato è molto simile alla paura della stregoneria. Prima del Medioevo le streghe erano temute, ma anche in un certo qual modo rispettate; durante il Medioevo sono state correlate al Diavolo e quindi temute. Successivamente la propaganda cattolica ha causato una vera e propria isteria collettiva con l'esasperazione delle credenze sulle streghe e il Demonio.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la propaganda in generale, l'unica vera domanda da porsi è "cui prodest?". Sulla base della risposta che ci si riesce a dare, allora si possono fare dei grossi ragionamenti.
Grazie del bel commento, molto appropriato, Marco!
EliminaEcco, diciamo che l'inquisizione, già presente prima del 1000 (vedi Catari e altri eretici ), poi istituzionalizzata nei secoli successivi, e soppressa di fatto solo nel XX secolo, testimonia quanto l'attitudine alla diffusione di notizie false, inventate per creare panico e sottomettere le masse, traendone grandi vantaggi, fosse profondamente radicata nelle istituzioni ecclesiastiche.
Sto proprio leggendo l'opera "Apologia della storia" di Marc Bloch e c'è un capitolo molto interessante sulla trasmissione delle false testimonianze (che sono imparentate con la propaganda, secondo me). Cito una frase molto interessante, Bloc dice, dopo aver menzionato un esempio tratto dalle dicerie e false informazioni che circolavano nella trincee durante la guerra del 1914-18: "Dopo il Medioevo le nuvole non sono cambiate di forma. Eppure noi non scorgiamo più croci, né spade miracolose. (...) Tuttavia, perché l'errore di un testimone divenga quello di molti uomini, perché una cattiva osservazione si trasformi in una voce falsa, occorre anche che lo stato di società favorisca questa diffusione." Ci vuole cioè un terreno predisposto alle false testimonianze... e alla ricezione della propaganda. In fondo si fa molta meno fatica a credere ciò per cui siamo già predisposti, invece di applicare il nostro spirito critico.
RispondiEliminaUna domanda per capire meglio il senso del tuo commento, Cristina: quale sarebbe dovuto essere lo spirito critico della "plebe", citando la locuzione diffusa all'epoca per descrivere il popolo volutamente tenuto nell'ignoranza e nella povertà?
EliminaIo credo che la verità stia nel mezzo, molto probabilmente c'erano persone e magari anche preti che in base ad una certa interpretazione dell' "Apocalisse" erano davvero convinti che ci potesse essere una fine del mondo attorno all'anno 1000, molto probabilmente però questa "corrente di pensiero", diciamo così, fosse minoritaria all'interno della società di quei tempi. Mentre la maggior parte della popolazione e del clero invece non ritenesse possibile il verificarsi della fine del mondo.
RispondiEliminaInsomma, per semplificare, la paura dell'anno 1000 ci sarà davvero stata ma la cosa è stata davvero molto esagerata in seguito.
Bentornato, Nick, grazie di questo commento.
EliminaTi dico subito come la penso: tenendo conto del fatto che il tasso di scolarizzazione intorno al 1000 (come per molti secoli a seguire) era bassissimo, ho motivo di credere che molte persone, non certo una manciata, si siano lasciate suggestionare da prediche tutt’altro che ingenue, ma bensì mirate a generare terrore.
Tecniche di manipolazione di massa sono sempre esistite, fin dagli albori della civiltà e ancora oggi imperversano nel mondo. In Europa abbiamo assistito alla propaganda nazista che, solo settant’anni fa, ha contribuito allo scempio che tutti conosciamo.
La Chiesa di oggi è un’altra cosa, e non intendo tirarla in ballo, ma nell’alto medioevo gli stessi pontefici venivano eletti con sotterfugi, spesso ricorrendo alla violenza e il clero non brillava per onestà e bontà. Anche l’inquisizione faceva parte di quel periodo e la dice lunga su come fossero avvezzi a diffondere false verità per ottenere il proprio scopo. Con tutto questo, sia chiaro che non trascuro di distribuire le colpe a tutti i potenti dell’epoca.
Probabilmente, come dici tu, questo timore è stato dipinto con grande enfasi nei secoli successivi, anche e forse soprattutto allo scopo di mettere in cattiva luce le gerarchie ecclesiastiche coeve, ma trovo scorretto da parte del relatore aver risolto la spinosa questione asserendo che sia giusto e sacrosanto scaricare addosso agli intellettuali del’700 dell’800 la totale responsabilità, in quanto geniali architetti di un falso storico.