lunedì 30 gennaio 2017

Tarocchi classici: le origini 2/30







Vorreste sapere chi ha inventato i Tarocchi e quando?


Bene, inizio subito chiarendo che sono talmente numerosi gli studiosi e i ricercatori che si sono confrontati e scontrati su questi interrogativi, che le ipotesi emerse a riguardo, oltre ad essere molteplici, sono anche divergenti. Per questa ragione, tra le varie teorie formulate sino ad oggi non ve n’è una sola che possa essere ritenuta la più veritiera in assoluto.

  Taric el Tuerto, condottiero berbero fonte: web
        Interno della Grande Moschea di Cordova. fonte: web 
Tra le tante ipotesi avanzate, una fa risalire agli Zingari l’uso dei Tarocchi a fini divinatori e alcuni ricercatori asseriscono che i Gitani importarono questo gioco dall’Africa, più precisamente dai Mori, in Europa, durante l’occupazione della Penisola Iberica. 




Secondo altre fonti pare che il gioco dei Tarocchi sia giunto fino a noi nel periodo del Basso Impero, seguendo la «Via del grano» che univa Alessandria d’Egitto alla Baia di Napoli.

isola di Pharos, al largo di Alessandria, una delle sette meraviglie, di cui oggi non
esiste nessuna traccia. fonte: web

Tuttavia, secondo una cronaca viterbese risalente alla fine del 1300, i Tarocchi giunsero in Italia dai Saraceni con il nome di naibi. Infatti, nel 1379, un certo Nicola della Tuccia, annota quanto segue: «Fu recato in Viterbo il gioco delle carte da un saracino chiamato Hayl… il gioco delle carte che in saracino si chiama nayb… il gioco delle carte che viene da Sarracinia e chiamasi tra loro nayb». Nel testo non viene specificato da quale parte della Terra dei Saraceni provenissero quelle carte, ovvero se dal Nord Africa o dall’Oriente (il termine fa riferimento, sia agli orientali, che ai nomadi derivanti dalla città di Sarah, tra la Turchia e la Persia) e la questione è rimasta irrisolta sino ad oggi.

Tra il 1375 e il 1393 vengono redatti numerosi documenti che citano giochi di carte chiamati naibi, nahipi o naibes. L’etimologia del termine pare ricondursi sia all’arabo, in particolare alla storpiatura di na’ib (capo o vice), oppure al termine nabi (profeta), sia all’ebraico nabiah (profeta).
In tutti i casi, va comunque detto che i naibi sono un gioco didattico nel quale compaiono cinquanta immagini suddivise in cinque serie di dieci carte. Le cinque serie simboleggiano le Condizioni della Vita (il mendicante, il servo, l’artigiano, il mercante, il gentiluomo, il cavaliere, il ministro dello stato, il re, l’imperatore, il papa, le Muse (Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Urania, Pollinia, Calliope e, in aggiunta alle nove muse vi era Apollo), le Scienze, le Virtù e i Pianeti (oltre ai sette pianeti erano inclusi l’Ottava Sfera, il Primo Mobile, e la Prima Causa).

esempio di Dasavatara su un tappeto. immagine fonte web
Secondo alcune fonti il gioco dei naibi traeva a sua volta origine da un gioco indiano chiamato Dasavatara. Questo gioco indiano sarebbe stato costituito da centoventi carte di forma circolare, suddivise in dieci serie di dodici, i cui simboli erano: tartarughe, pesci, conchiglie, denari, fiori di loto, brocche, bastoni, sciabole, scimmie, elefanti, cavalli, leoni. Dalla rielaborazione di questi simboli sarebbero stati estrapolati i quattro simboli base: coppe (clero), spade (nobiltà), denaro (commercio), bastoni (contadini).





il domino, come origine delle carte
immagine fonte: web




Un’altra teoria sostiene che le carte numerali avrebbero tratto origine dai dadi, o dal Domino cinese, o dal Mahjong di Confucio, mentre le figure (re, regina, fante cavaliere, ma anche torre e matto) sarebbero state ispirate dagli scacchi, gioco di antiche origini persiane.  

il Mahjong all'origine delle carte.
immagine fonte: web


Ma arriviamo a qualcosa di molto più concreto…




È datata intorno al 1400 la più antica serie di carte europea, denominata «Italia2», che molto probabilmente proveniva dalla zona del Nord Est italiano (sarà la foggia tardo medievale del berretto indossato dalla figura maschile inscritta nella moneta raffigurante l’asso di denari a certificarne la datazione e la provenienza), e che tutt’oggi si trova all’interno del Museo Fournier di Alava, nei Paesi Baschi.

Mazzo Italia2 Cavaliere di spade
Museo Fournier, Alava, NL
Il copricapo del cavaliere rivela la tipica
foggia dei copricapi mammelucchi
Mazzo Italia2 Asso di denari.
La foggia tardomedievale
del berretto del personaggio è uno dei
principali elementi utili alla datazione e alla
attribuzione della provenienza italiana

Mazzo Italia2 Re di denari.
Museo Fournier, Alava, NL
Mazzo Italia2 Fante di bastoni
Museo Fournier, Alava, NL
Mazzo Italia2 9 di Coppe
Museo Fournier, Alava, NL

Mazzo Italia2 Re di Spade
Museo Fournier, Alava, NL


Questo è il mazzo di carte occidentali più antico, antecedente anche al mazzo dei Tarocchi Viscontei. Esso viene definito anche come mazzo di carte moresco, e anche la stessa iconografia lascia supporre che le origini siano appunto mammelucche. Sulla base di numerosi studi, pare che, nonostante molte lame siano andate perdute, il mazzo «Italia2» fosse costituito da cinquantadue carte, ciascuna della misura di 6,5 x 9,5 cm., creato sulla base di uno stile che prevedeva semi latini arcaici e uno sviluppo numerale che andava dall’uno (l’asso) al nove, corredato da figure quali il fante, il cavallo e il re (la regina non era prevista in questo gioco). Il mazzo risulta stampato in xilografia su cartoncino e colorato a mano senza il ricorso a mascherine, bensì utilizzando una tecnica che prevedeva di intingere un dito nell’inchiostro per usarlo come pennello. I colori sono quattro: rossiccio-bruno; marrone scuro o nero; rosa; giallo. 

Nel frattempo, in Europa, soprattutto intorno ai primi decenni del 1400, nonostante un sempre più diffuso utilizzo dei mazzi di carte da gioco, vennero emanati moltissimi decreti con i quali venivano vietati, sia il gioco dei naibi, che il gioco delle carte, in generale. Pare, infatti, che in quel periodo quei giochi avessero assunto una tale diffusione per cui si cominciò a parlare di un fenomeno di gioco d’azzardo



Bernardino da Siena in quegli stessi anni predicò contro il
gioco d'azzardo, invitando il popolo a bruciare carte da gioco,
naibi e dadi

A Bologna, persino Bernardino da Siena, religioso e teologo appartenente all’Ordine dei Frati Minori, tenne una solenne predica dedicata alla giornata di quaresima durante la quale invitò la popolazione a gettare nel falò delle vanità tutto ciò che veniva considerato gioco d’azzardo, in una parola tutto ciò che egli stesso definiva arnesi del Diavolo, o turpe lucrum, e cioè dadi, tavole e carte da gioco. 




Mazzo Visconti Sforza, B. Bembo,
La Luna
Tuttavia, se da una parte il potentato e il clero, con Bernardino da Siena in testa (tra l’altro stimatissimo da Filippo Maria Visconti), condannavano il gioco d’azzardo quale eresia e in diretto contrasto alla regola benedettina dell’ora et labora – insomma, giochi che portavano via tempo prezioso al popolo che avrebbe dovuto impiegare meglio le ore a disposizione dedicandosi al lavoro – dall’altra, nelle varie corti d’Italia e d’Europa, i nobili si dilettavano abbondantemente proprio con il cosiddetto Gioco dei Trionfi. Infatti, nel periodo che va dal primo decennio alla metà del XV secolo, il Gioco dei Trionfi si sviluppò ai massimi livelli nell’area di Milano, Bologna e Ferrara e le cronache di Candido Decembrio (letterato e politico, 1392- 1477), puntualmente, ci informano di come il Duca di Milano (e con lui tutta la sua corte) si dilettasse a inventare nuovi giochi e nuovi mazzi. 

Di conseguenza, nacquero: i mazzi milanesi viscontei (di cui abbiamo ampiamente parlato nella precedente puntata e che più di ogni altra tipologia si diffuse maggiormente all’estero per diventare in seguito il prototipo del Tarocco più tradizionale), e poi nacquero i mazzi ferraresi

I Tarocchi ferraresi sono vere opere d’arte dipinte a mano e miniate in lamine d’oro e risultano composti da:
Tarocco Alessandro Sforza, Museo
Civico, Castello Ursino, Catania
Trionfo Il Carro


Tarocco Carlo VI,
Biblioteque Nationale, Paris
Trionfo Temperanza 
 I- il Mazzo del Tarocco di Alessandro Sforza duca di Pesaro, fratello di Francesco Sforza, ma con maggiore probabilità creati per Ercole d’Este, datati intorno al 1445-73, di cui rimangono 15 esemplari conservati presso il Museo Civico del Castello Ursino di Catania);

 II - i Tarocchi detti di Carlo VI di Francia (1460 circa, anche se per molti studiosi la datazione è incerta) conservati nella Bibliotheque Nationale di Parigi (una sola figura e sedici Trionfi);


  III  -    i Tarocchi “Estensi o di Ercole I d’Este” della Biblioteca Beinecke di Yale (otto figure e otto Trionfi). E' probabile che il mazzo sia stato realizzato in occasione delle nozze tra Ercole d'Este e Eleonora d'Aragona, avvenuto nel 1473 ;


Collezione Rothschild, Museo Louvre
Paris, Trionfo Imperatore


IVi Tarocchi della “Collezione Rothschild” nel Museo del Louvre a Parigi tranne una nel Museo Civico di Bassano del Grappa (nove carte in tutto, di cui otto figure e un Trionfo. Il mazzo è stampato in xilografia sui tre fogli Rosenwald, non tagliati).


Collezione Rothshild; M. Louvre, Paris
Regina di Bastoni
Invece, merita un cenno a parte il cosiddetto Tarocco del Mantegna (1465-75 circa), che si pensava fosse stato elaborato a Mantova dal famoso pittore Andrea Mantegna, mentre ora viene attribuito a due pittori ignoti. Nonostante la somiglianza ai Trionfi, il mazzo in questione è privo degli arcani minori e si ritiene che venisse usato a scopo educativo.

Tarocco Mantegna, Rethorica,
Bibliotèque Nationale de France, Paris

Tarocco Mantegna, Forteza.
Bibliotèque Nationale de France, Paris
Nonostante sia stato possibile risalire a diversi mazzi di Tarocchi prodotti nelle varie epoche, alla fine del ‘400 ancora nessuno era in grado, con certezza, di stabilire quando nacquero i Tarocchi e per mano di chi. Certo è, però che il gioco dei Tarocchi si diffuse sempre più in tutta Europa trasversalmente ai ceti sociali.

Antoine Court de Gebelin. Immagine: web
Arriviamo così nella prima metà del 1700, e un certo Court de Gebelin, studioso e occultista, inaugura la moderna querelle sul significato esoterico dei Tarocchi. Secondo questa archeologia ben poco scientifica i Tarocchi sarebbero una riscoperta dell’Egitto più favoloso. Court de Gebelin, infatti, affermava che i Tarocchi ricostituissero il perduto Libro di Toth. Questa teoria, secondo la quale l'origine dei Tarocchi fosse riconducibile all'antico Egitto, ebbe un successo clamoroso e, di conseguenza, un seguito a dir poco notevole.  

Nel 1785, un certo Jean-Baptiste Alliette, meglio noto come Etteilla (1738 – 1791), che per alcuni era un noto esoterista, mentre per altri poco più che un parrucchiere, ribadì l'ipotesi dell'origine egiziana dei tarocchi, senza comunque fornire alcuna prova. Anche Alliette, seguendo la scia dell'antico Egitto, ottenne un discreto successo.

J. Baptiste Alliette, alias Etteilla. immagine web

In seguito, con Eliphas Levi (1810-1875), il più famoso occultista e studioso di esoterismo dell’Ottocento francese, nonché massone e rosacrociano, i Tarocchi vennero direttamente collegati all’esoterismo pratico della magia. Il loro utilizzo prevalente divenne quello divinatorio, mentre l'aspetto più didattico-filosofico andò sempre più sfumando. 

Eliphas Levi. immagine web













Poco più tardi, l’esoterista e medico francese Gerard Encausse, più noto come Papus (1865-1916) 
G. Encausse, alias Papus. imm.web
e l’esoterista, massone, astrologo e scrittore svizzero Oswald Wirth (1860-1943) 

Oswald Wirth, immagine web


approfondiranno il pensiero di Eliphas Levi e accomuneranno i Tarocchi alla Kabala e alla magia. Con questa operazione tornerà a rivestire notevole importanza il ruolo del tarocco all'interno di un percorso di crescita spirituale, pur continuando a svolgere contemporaneamente quello di strumento di divinazione. Nel 1887, infatti, lo stesso Wirth collaborando con Stanislav De Guaita, poeta ed esoterista francese, ridisegna i ventidue arcani maggiori dei Tarocchi e nel 1924 pubblica un trattato dal titolo esplicativo Meditazione sugli arcani Maggiori dei Tarocchi. 

Nel 1933 Joseph Maxwell (1858-1938) Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Bordeaux e importante studioso dei fenomeni psichici, che si dedicò allo studio dell’occultismo anche con la collaborazione di un medium, con cui approfondì gli studi sulla telecinesi, si dedicò allo studio dei Tarocchi. Maxwell, attraverso la pubblicazione di Le Tarot, le symbole, les arcanes, la divination affronta un’ampia trattazione degli Arcani Minori, oltre che dei Maggiori e paragona i Tarocchi all'equivalente occidentale dell'I King
immagine: web

In particolare, l’autore riconosce al Tarocco di Marsiglia un linguaggio ottico, invitando il lettore a guardarlo per poterlo comprendere, tenendo in considerazione i numeri, il significato del colore e di qualsiasi gesto dei personaggi. In questo modo i Tarocchi assumono il ruolo di preziosi strumenti destinati alla meditazione

Nel 2007, Alejandro Jodorowsky, artista eclettico, direttore di teatro, autore di pièce teatrali, di romanzi, di fumetti e di film, pubblica, insieme a Marianne Costa (scrittrice, attrice, cantante e traduttrice) La Via dei Tarocchi.
Jodorowsky si rende conto che gli unici in grado di insegnargli a decifrare i Tarocchi, non sarebbero stati dei Maestri in carne ed ossa, ma i Tarocchi stessi: «Per consentire ai tarocchi di entrare a far parte della mia vita… dormivo ogni notte con una lettera diversa sotto al cuscino, oppure andavo in giro tutto il giorno con una carta in tasca… ho immaginato i pensieri, le emozioni, la sessualità e le azioni di ciascun personaggio. Li ho fatti pregare, insultare, far l’amore, declamare poesie, guarire». I Tarocchi diventano a tutti gli effetti strumenti fondamentali che permettono la presa di coscienza ponendosi al fruitore in termini di Maestri Spirituali. In pratica, per Jodorowsky, i Tarocchi corrispondono ad una Macchina Metafisica. L'autore, combinando l'iconografia dei tarocchi più classici e diffusi in tutta Europa ha ricreato un insieme simbolico coerente con buona parte del loro patrimonio valoriale, ma allo stesso tempo inedito

Alejandro JodorowskY e il suo gatto
Ecco! Siamo giunti anche alla fine di questa puntata. Che effetto vi ha fatto? Volete saperne di più?

Se la risposta è affermativa, ci ritroviamo la settimana prossima con il capitolo dedicato al simbolismo del seme e del numero, insiti negli Arcani Minori e, solo successivamente con gli ulteriori appuntamenti, ci occuperemo del simbolismo legato agli Arcani Maggiori, partendo dal primo arcano di cui ci andremo ad occupare: il Matto.


Buona continuazione, dunque e alla prossima! 




FONTI:


La Via dei Tarocchi, Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa, Feltrinelli

Tarocchi, i Poteri Magici, Omar e Zaira, Res Nova Libri

Il Linguaggio Segreto dei Tarocchi, Laura Tuan, De Vecchi

I Tarocchi. Il cammino iniziatico. Il corteo degli arcani, Pia Fiorentino, Edizioni Mediterranee

http://l-pollett.tripod.com/cards77i.htm per i tarocchi del mazzo Italia2






21 commenti:

  1. Ciao Cle, permettimi di raccontare brevemente la storia dei Tarocchi che uso io.
    Sono stati disegnati da Pamela Matthews nella seconda metà dello scorso secolo e sono conosciuti come i Tarocchi della Nuova Era. Pamela cercò a lungo di sfuggire a questa missione e decise di sottostare al suo mandato solo quando era cieca e malata. Ogni figura dei suoi Arcani è stata disegnata in un luogo diverso della terra affinché potesse catturare a pieno l'energia di quel posto che avrebbe dovuto impregnare ogni lama. Sono Tarocchi che non vengono usati a scopo divinatorio ma per l'Evoluzione interiore del consultate. Hanno un loro posto all'interno dell'Albero della Vita e il loro numero va ben al di là delle classiche 78 carte.
    D'altronde ogni momento storico ha la sua energia e le sue necessità ed oggi viviamo in un periodo molto particolare. Un abbraccissimo e alla prossima settimana

    RispondiElimina
  2. Ciao Eli, grazie per aver raccontato la storia delle carte che usi! È sempre interessante scoprire cose nuove. Non so molto di loro, anche se ho avuto occasione di vederle: presentano dei bei disegni, molto curati e cromaticamente impattanti, ma nell’insieme non mi sembrano aderenti all’impianto iconografico dei tarocchi classici. Perché dico questo? Ti spiego: noto che negli ultimi trent’anni la produzione di mazzi di carte, divinatori o da meditazione, abbia avuto un’impennata pazzesca e oggi ne vediamo commercializzare una quantità enorme, del tutto inedita. Per esempio, mi è capitato di vedere un’intera vetrina di una tabaccheria completamente invasa da mazzi di carte definite tarocchi, ma dall’aspetto del tutto estraneo ad essi. L’impressione che ho avuto in quella circostanza non è stata del tutto positiva, devo dire. Credo che molte di queste nuove carte, classificate come artistiche, o con nomi sempre più esotici, rivelino strategie di marketing mirate a rispondere e soddisfare i bisogni e i desideri di target diversi. Non dico che sia un male, ma un conto è realizzare un mazzo con delle leggere varianti grafiche, o leggere varianti cromatiche, rispetto al modello standard, e un conto è stravolgerne completamente l’iconografia e pretendere di definirlo ugualmente in quel modo. Carte, dovrebbero chiamarsi semplicemente carte, oppure gli autori dovrebbero fare almeno lo sforzo di inventarsi una definizione inedita e originale. Il tarocco, per come lo intendo io, è un’altra cosa: è quella cosa lì, dove trovi ventidue arcani maggiori uniti agli arcani minori e dove ciascuna lama risponde ad un preciso impianto grafico, con una precisa corrispondenza dei simboli. Poi, possono essere più grandi, più piccoli, stampati su cartoncino opaco, su quello lucido, … non importa! E per quanto riguarda l’utilizzo, ciascuno può farne ciò che meglio crede ed è sempre stato così: ci può leggere il futuro, ma può anche decidere di interpretarli diversamente per affrontare altre questioni. Consentimi un paragone azzardato – sarà che ho un po’ fame – ma è un po’ come se volessero spacciarmi per raviolo uno gnocco ripieno: entrambi sono farciti, è vero, ma l’involucro del raviolo prevede ingredienti diversi e una lavorazione completamente diversa, rispetto allo gnocco. In questo modo, il risultato che si produce, alla vista, al tatto, al gusto, all’olfatto – e perché no, mettiamoci anche all’udito, visto che in fase di masticazione cambia anche il suono – è semplicemente un altro. Lo so, sono tremenda, sopportami ti prego, però trovo che voler beneficiare del fascino esercitato nei secoli dal tarocco, nonostante si proponga un prodotto lontano anni luce da esso, sia poco virtuoso. Ti abbraccio forte forte e ti aspetto alla prossima puntata!

    RispondiElimina
  3. Sono rimasta davvero estasiata da questa fonte di notizie riguardo all'origine dei Tarocchi.Mai avrei pensato che l'attribuzione fosse così difficile e articolata. Sono stata sempre affascinata dal mondo dell'arcano, anche se le carte, come volgarmente vengono chiamate, hanno il potere di incutere soggezione e ataviche paure. Il responso dell'Oracolo è sempre fonte di inquietudine, di presagio e per questo a volte temuto. Aspetto il seguito con grande interesse, specie quando ti inoltrerai nei meandri del significato di ogni singola immagine. Un articolo davvero splendido, Clem!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I Tarocchi sono ricchi di storia e di di fascino, veramente! Per me rappresentano una raccolta di simboli che, quando "parlano", rivelano una saggezza antica alla quale mi affido volentieri. Ma prima ancora sono un mezzo di comunicazione con noi stessi. Sono contenta e lusingata di aver suscitato il tuo interesse, cara Annamaria. Dunque, grazie di cuore, cara amica e alla prossima!

      Elimina
  4. Divinazione, Arcani maggiori e Arcani minori, simbologia...ecco: per me è tutto un mondo da scoprire, anzi da continuare a scoprire in queste tue avvincenti puntate. Incredibile la storia che c'è dietro queste carte e incredibile che non si possa risalire con assoluta certezza a chi le inventò . Sono misteriose per antonomasia, dunque... Alla prossima puntata e complimenti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh sì, cara Lauretta! Grazie a questi misteriosi Tarocchi si spalancano tante strane finestre su di un mondo nel quale le cose non sono mai ciò che sembrano. Le figure custodite negli arcani tentano di rivelarci il meccanismo segreto dell'universo, ma sta a noi trovare la giusta chiave per accedervi. Ti aspetto alla prossima puntata e, intanto, grazie di cuore per il tuo passaggio!

      Elimina
  5. Ho riletto questo articolo estremamente affascinante. Devo dire che in seconda battuta ho assimilato il contenuto con maggiore profondità. E' straordinaria la caratura con la quale Clementina scrive, e offre al lettore fonti culturali approfondite e dettagliate. Nel ripercorrere ogni singola riga, mi sono accorta di quanto siano antichi i Tarocchi. Le prime immagini che Clem ha assemblata allo scritto mi hanno ricordato i dipinti rupestri sulle rocce. Già nell'antichità l'uomo utilizzava i simboli come un vero e proprio potere spirituale. Grazie, Clem, per questa pagina che restituisce alla cultura la sua naturale collocazione!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma è stupenda questa immagine delle incisioni rupestri associata ai Tarocchi, grazie! Trovo, cara Annamaria, che tu abbia toccato un punto importantissimo: il potere spirituale dei simboli. Infatti, è opinione diffusa che nei Tarocchi sia stata codificata tutta la sapienza, l'esperienza e le emozioni dell'essere umano. Allo stesso tempo, si dice che calandoci nella loro simbologia si possa elevare i nostri sentimenti e le nostre esperienze in una vibrazione spirituale superiore. Cioè, non basta analizzare le lame dal punto di vista razionale, ma occorre immergersi in esse. Grazie infinite, Annamaria, per questa tua nuova incursione, mi ha riempito di gioia!

      Elimina
  6. Meraviglia delle meraviglie questo articolo così dettagliato sulla storia dei Tarocchi! Ognuno di loro sembra sprigionare un mondo di significati e addirittura farsi romanzo. Di Alejandro Jodorowsky ho sentito parlare nell'ambito della blog novel di Ivano Landi sul suo sito, con particolare riferimento alla carta del Diavolo su cui ha impostato alcune scene iniziali.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ah, Cristina, è proprio così! Come ho scritto in una risposta ad un bel commento di Andrea Ruffolo in calce al mio precedente articolo sui Tarocchi, queste lame si prestano e si sono prestate, soprattutto con Calvino, a diventare letteratura combinatoria, ossia, come nel caso de Il castello dei destini incrociati, in un libro costituito da 12 racconti che possono venire letti anche non necessariamente in successione. Interessantissimo, poi questa blog novel di Ivano Landi di cui parli. Non ne sapevo nulla, ma ora corro a recuperare il gap! :-)

      Elimina
    2. La trovi nel link alla Parte 1 nella parte superiore del suo banner, dove ha accompagnato le puntate con pagine statiche di approfondimento. Molto spazio è dedicato al personaggio di Fabrizio e alla realizzazione dei Tarocchi.

      Elimina
    3. Lo vado subito a cercare. Grazie, Cri! :-)

      Elimina
  7. Io ho scritto un libro di racconti basandomi sui tarocchi, per cui ho trovato davvero istruttivo questo post, essendomi sempre concentrato sui significati e non conoscendo l'origine delle carte.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, Marco, grazie infinite di aver lasciato un commento e benvenuto sul blog! Sono davvero felice di aver dato vita a questa serie di incontri dedicati ai tarocchi, perché mi sta permettendo di conoscere più da vicino tante persone, condividere con loro interessi e non solo questo! A questo punto devo assolutamente leggere il tuo romanzo: Arcani arcani. Ti aspetto al prossimo post!

      Elimina
  8. Ottima questa serie di articoli, Clementina. Conosco nelle linee generali la storia dei tarocchi, ma non ho mai approfondito così nel dettaglio.
    Riguardo a Jodorowsky, che ha citato anche Cristina nel suo commento, l'ho conosciuto abbastanza bene, come ho accennato in alcuni occasioni nel mio blog, avendolo frequentato per un paio di anni, e l'ho visto più volte in azione nelle sue letture dei tarocchi. Tra l'altro una sua "esibizione" di pochi minuti è presente anche nel film di Franco Battiato "Niente è come sembra".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caspiterina, che fortuna! Anzitutto, ti ringrazio del commento, in particolare della dritta che mi hai fornito sul film di Battiato, inoltre e chiaramente, ti sono grata dei complimenti. Ma a questo punto, mi piacerebbe parlare con te ancora un po' su Jodorowsky: non mi capita certo tutti i giorni di trovare qualcuno che lo abbia frequentato e la curiosità è tanta!

      Elimina
    2. Ho scritto in tre occasioni del mio rapporto con Jodorowsky, e credo che la miglior risposta alla tua curiosità sia proprio quella di indirizzarti a quei miei tre post. Puoi trovarli facilmente cliccando sul tag "Alejandro Jodorowsky" nella colonna di destra del mio blog.
      Ho visto che hai pubblicato la parte successiva dell'articolo. Adesso non ho tempo, ma domani pomeriggio lo leggo senz'altro :-)

      Elimina
    3. Ho scoperto che il tuo blog è una miniera infinita di articoli straordinari.Domani mi avventuro meglio sui link in questione, che ho già individuato! Stra-grazie mille, Ivano!

      Elimina
  9. Ma che meraviglia questo articolo! Da adolescente avevo sempre con me il mio bel mazzo di tarocchi, dai disegni molto moderni e non particolarmente belli, Vorrei avere quelli ferraresi, stupendi!!! Comunque concordo sul valore filosofico e di percorso spirituale della consultazione dei tarocchi. Per vicende personali nel corso degli anni li ho sostituiti con Yi Jing, che è veramente un compagno prezioso di cui non potrei fare a meno. Ma chissà...magari se mi capitasse
    un bel mazzo. potrei ricominciare anche con i tarocchi, seguendo gli insegnamenti dei tuoi prossimi articoli.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Stella!!! Eccoti, che grandissimo piacere!!! Oh, anch'io sono un'assidua utilizzatrice di I Ching, ma sono rimasta fedele anche ai miei tarocchi e ti dirò che li trovo complementari :-)

      Elimina

dani.sanguanini@gmail.com