Eccoci alla SECONDA TAPPA
del nostro viaggio nella BASILICA di SANT'AMBROGIO, una delle più antiche
chiese di Milano, ricca di mistero e all’interno della quale sono conservate moltissime opere d’arte
di elevatissima qualità.
Ora, prima di attaccare a
raccontarvi le impressioni che ho sperimentato visitandola, vorrei introdurre
alcuni CENNI STORICI che ci aiutano
a comprendere quanto il suo aspetto attuale sia il frutto di una lunga e complessa storia
caratterizzata da molteplici fasi
costruttive, opere di trasformazione e lavori di restauro.
Anzitutto, vi svelo subito
che degli anni della presenza del vescovo Ambrogio rimane solo un’area intorno alla quale la chiesa si è
via via sviluppata ed essa è composta dal luogo posto sotto l’altare, in cui vennero inizialmente sepolti i martiri
Gervaso e Protaso (oltre allo stesso Ambrogio, morto nel 397) e dalla cappella di San Vittore in Ciel d’Oro.
Dalla morte di Ambrogio,
infatti, fino a tutto il VII secolo si conosce ben poco della vita che si
svolgeva all’interno di questo struttura e accanto ad essa.
Il quadro comincia
ad animarsi intorno al 750 quando un
diacono milanese ne viene nominato custode e incaricato di curare l’amministrazione
dei numerosi e preziosi beni donati
dai fedeli.
Nel 784 accanto al santuario nasce un monastero benedettino e l'edificio ambrosiano si trova così a far
parte integrante di un più ampio complesso architettonico destinato ad
accogliere due comunità religiose
che per più di mille anni, non sempre in modo pacifico, condividono gli uffici
liturgici, la cura e l'amministrazione dei beni ecclesiastici: i monaci e i canonici, il cui ricordo è tutt'ora visibile grazie ai due campanili posti a baluardo della facciata.
Nel 1497, poi, i Cistercensi
di Chiaravalle subentrano ai Benedettini
concedendo ai cittadini milanesi l’ingresso all'imponente biblioteca monastica e nei due secoli successivi, troviamo gli
interventi di due vescovi, che hanno avuto un ruolo determinante nello sviluppo dell’edificio: Federico Borromeo, che intorno al 1600 promuove opere di consolidamento e
la decorazione barocca del presbiterio, e Benedetto
Erba Odescalchi che nei primi
decenni del 1700 commissiona la trasformazione
dell'antica cripta.
Alla fine del 1700, però, in
pieno periodo di dominazione napoleonica,
la chiesa viene trasformata in ospedale
militare e solo con la restaurazione
austriaca torna ad essere riabilitata
al culto.
Da allora la sua
situazione rimane pressoché invariata fino al 1943, quando buona parte del plesso architettonico viene
pesantemente colpito dai bombardamenti
anglo-americani. Poco più tardi iniziano i restauri che negli anni ’50
portano la basilica al suo attuale splendore.
Ma COME APPARE, dunque, la basilica di S. Ambrogio OGGI?
Bene, cari lettori, non
posso certo conoscere l’effetto prodotto sui tanti pellegrini e turisti che
ogni giorno la visitano, e non ho nemmeno intenzione di proporvi una mia goffa
analisi della sua architettura e dei
suoi innumerevoli elementi artistici, però posso
senz’altro raccontarvi come l’ho percepita personalmente.
Se vi va di continuare,
seguitemi!
Bene, allora vi confido qual è
stata la prima cosa che mi ha colpito di questa basilica (e che amo
particolarmente): è il modo alquanto
discreto con cui si affaccia sulla piazza,
quasi a volersi nascondere dallo sguardo superficiale del passante.
l'accesso all'atrio della basilica |
L’aula basilicale,
infatti, è preceduta da un portico (chiamato ATRIO DI ANSPERTO e risalente circa al 1098) che crea una netta separazione – non solo visiva – con l’esterno.
Nel varcare la sua soglia il
rumore della strada scompare e ci si
ritrova all’interno di uno spazio –
organizzato con un cortile centrale
rettangolare e un portico a campate,
che ne percorre l’intero perimetro – nel quale è facile sentirsi a proprio
agio, protetti da tutto.
All’interno di quest’area,
dove oggi sono ospitati molti frammenti di lapidi rinvenuti durante i lavori
svolti agli inizi del 1800 per la sostituzione del pavimento, i milanesi dell’epoca medievale si
riunivano per discutere i problemi
di ordine pubblico, accogliere i pellegrini e scambiare le proprie merci.
in questo atrio i milanesi discutevano di politica, si dedicavano agli affari e accoglievano i pellegrini |
Camminando tra le colonne impreziosite da moltissime decorazioni
a rilievo rappresentanti intrecci vegetali,
animali e mostri che lottano (sì, creature
fantastiche come grifoni, draghi, centauri,… simboli molto diffusi in epoca medievale e non solo; pensate solo alle numerosissime gargolle del Duomo di Milano e che ritroviamo anche in tantissime altre cattedrali) ho immaginato il vivacissimo
viavai di quei cittadini: gente che
andava e veniva, vendeva e comprava, teneva comizi e li seguiva.
un esempio di decorazione animale |
Chissà che effetto ne avranno ricevuto?
Orfeo che con la musica tiene a bada le fiere |
Beh, non è il caso di parlare di
persuasione occulta, però tutti quei simboli
dello scontro tra il Bene e il Male, messi lì con la precisa
intenzione di ricordare che la chiesa rappresenta il luogo emblematico della risoluzione, è la dimostrazione
tangibile che anche allora
esistevano grandi guru della comunicazione!
il campanile
di destra, costruito dai monaci e risalente all’VIII secolo, |
Mi guardo intorno e vedo
che l’intero edificio è realizzato in mattoni rosso vivo, spesso disposti a
spina di pesce, e pietra. Sullo sfondo del cortile si staglia il santuario, con
le sue logge sovrapposte e i suoi DUE CAMPANILI.
Eh, sì, uno più tozzo, quello dei Monaci, e l’altro più
slanciato, quello dei Canonici, e già il fatto di trovarne due lascia ben intendere
anche al visitatore più distratto che qui
nulla è scontato!
campanile di sinistra, eretto dai canonici e risalente al XII secolo |
Con
questa convinzione procedo a piccoli passi, avvicinandomi alla facciata della chiesa,
quando il mio sguardo viene catturato da alcuni segni nettamente distinti da tutti gli altri
scacchiera sulla parte superiore della facciata |
scacchiera sulla parete a fianco del portale principale |
Bene, in seguito ho
scoperto che esiste più di una
interpretazione di questo elemento segnico. Per alcuni la scacchiera
rappresenta una raffigurazione dell’eterna lotta
tra il bene e il male; c’è chi la identifica, invece,
come un simbolo apotropaico –
aggiungerei anche piuttosto pagano – usato allo scopo di tener lontano gli
spiriti maligni; per altri potrebbe alludere alla rappresentazione – un po’ macchinosa, a mio parere – della mappa
cittadina con la sua disposizione radiocentrica; infine, per qualcuno,
potrebbe trattarsi di un simbolo
legato ai Templari.
E quest’ultima ipotesi – che nemmeno so quanto possa
essere corretta – è quella che mi affascina
e convince più di ogni altra, anche
a partire dal fatto che, effettivamente, i Templari arrivarono la prima volta a
Milano, al seguito di Bernard de Clervaux, italianizzato in San Bernardo
da Chiaravalle, in un periodo in cui la basilica era di nuovo in grande
fermento, cioè tra il 1132 e il 1135.
Insediati in questa città, lasciarono
molti segni del loro passaggio, per esempio facendo erigere diverse chiese, tra
cui l’abbazia di Chiaravalle (un tempo sita in una zona paludosa poi
bonificata, mentre oggi è inglobata nella metropoli tra il quartiere Vigentino
e il quartiere Rogoredo), Santa Maria del Tempio (oggi inglobata nei padiglioni
del Policlinico) e Santa Maria della Pace (oggi sede dell’Ordine Equestre del
Santo Sepolcro di Gerusalemme). Perché, quindi, non avrebbero potuto lasciare
almeno una piccola traccia anche qui?
Guardando
bene, infatti, mi accorgo anche della presenza di un TONDO situato accanto ad una delle porte laterali, quella di
sinistra, che nuovamente mi rimanda a loro.
tondo con croce patente |
Secondo
alcune interpretazioni, quell’immagine potrebbe raffigurare San Bernardo, non solo per la presenza
delle iniziali – che in verità, potrebbero
riferirsi anche a San Benedetto da Norcia, fondatore dell’ordine dei
Benedettini, presenti nella basilica dal X al XI secolo, fino cioè al 1497,
quando cedettero il posto ai Cistercensi di Chiaravalle, capeggiati dall’abate
Ascanio Maria Sforza! – ma anche per quella di un’insegna, posta immediatamente
sotto al ritratto, che ricorda una croce
patente, tipica dei cavalieri del Tempio.
Varcato
il solenne portale della chiesa, mi accingo
a intraprendere un emozionante percorso attraverso i magnifici tesori custoditi
al suo interno.
il portale è incorniciato da splendidi intarsi che raffigurano simboli cristiani, vegetali e animali |
Davanti
ai miei occhi si presenta una struttura divisa in tre navate in cui la luce,
che proviene dai finestroni della loggia, crea forti contrasti che fanno risaltare tantissimo gli elementi
monumentali posti nello spazio centrale,
lasciando, più o meno, al buio quelli circostanti.
A questo punto, la mia
attenzione viene magnetizzata da un’insolita colonna, al lato sinistro della navata centrale, sulla cui cima
svetta un SERPENTE NERO di bronzo, che con il suo corpo
disegna un cerchio.
particolare della colonna del serpente nero |
Secondo la tradizione popolare su questo fusto di
colonna poggia il serpente in bronzo fatto fondere da Mosè nel deserto (secondo la Bibbia, Dio, infastidito dalle lamentele degli Israeliti per la durezza del viaggio nel deserto, invia tra loro numerosi serpenti che mietono molte vittime. Il popolo pentito si rivolge a Mosè supplicandolo di pregare il Signore perché allontani quella minaccia. In risposta alle preghiere di Mosè, Dio ordina di forgiare un serpente in bronzo e di collocarlo in vista del popolo: chiunque fosse stato morso dalle serpi velenose, si sarebbe salvato guardando il serpente di bronzo). Una volta
collocato all’interno della basilica, nel XI secolo, gli furono attribuite proprietà taumaturgiche. Le madri si
recavano a toccare la statua chiedendo la
guarigione del proprio figlio e altri sostenevano che il serpente avrebbe ripreso vita il giorno in cui
sarebbe sceso dalla colonna preannunciando
l’Apocalisse. Questo culto pagano proseguì fino al 1566,
anno in cui Carlo Borromeo lo vietò severamente, considerandolo mera
superstizione.
Ma come arrivò, il serpente nero posto sulla cima della colonna di S. Ambrogio, a Milano?
Bene, quel serpente venne portato a Milano dall'arcivescovo Arnolfo, che si era recato in ambasciata a Costantinopoli per combinare il matrimonio tra l'imperatore Ottone III e una principessa bizantina. La statua era destinata a Ottone III, come dono per le sue nozze, che però non ebbero mai luogo perché l'imperatore morì poco prima di celebrarle. Arnolfo apprese la notizia e decise di trasferire la preziosa scultura nella basilica ambrosiana.
Dovete sapere, però che il serpente che forma un cerchio col proprio corpo ha assunto, mutatis mutandis, significati di opposta interpretazione nella cultura dei popoli antichi: nella mitologia greca veniva accostato ad Asclepio, diventando il simbolo usato per rappresentare l'eternità del cosmo, l'avvicendarsi della vita e della morte, il ripetersi di un ciclo; presso i Fenici e i Caldei corrispondeva al simbolo della luce; nella cultura dei Faraoni rappresentava il sole, quindi un simbolo sacro; per gli Gnostici era il simbolo della conoscenza; per altri ecclesiastici, come Agostino e Girolamo, corrispondeva all'immagine del peccatore.
Ebbene, ce n'è per tutti i gusti, quindi, al di là di qualsiasi analisi si possa o si voglia fare, personalmente trovo quel manufatto, per la sua pregevole fattura e per il fatto di trovarsi in quel contesto, semplicemente stupendo!
Ma come arrivò, il serpente nero posto sulla cima della colonna di S. Ambrogio, a Milano?
Bene, quel serpente venne portato a Milano dall'arcivescovo Arnolfo, che si era recato in ambasciata a Costantinopoli per combinare il matrimonio tra l'imperatore Ottone III e una principessa bizantina. La statua era destinata a Ottone III, come dono per le sue nozze, che però non ebbero mai luogo perché l'imperatore morì poco prima di celebrarle. Arnolfo apprese la notizia e decise di trasferire la preziosa scultura nella basilica ambrosiana.
Dovete sapere, però che il serpente che forma un cerchio col proprio corpo ha assunto, mutatis mutandis, significati di opposta interpretazione nella cultura dei popoli antichi: nella mitologia greca veniva accostato ad Asclepio, diventando il simbolo usato per rappresentare l'eternità del cosmo, l'avvicendarsi della vita e della morte, il ripetersi di un ciclo; presso i Fenici e i Caldei corrispondeva al simbolo della luce; nella cultura dei Faraoni rappresentava il sole, quindi un simbolo sacro; per gli Gnostici era il simbolo della conoscenza; per altri ecclesiastici, come Agostino e Girolamo, corrispondeva all'immagine del peccatore.
Ebbene, ce n'è per tutti i gusti, quindi, al di là di qualsiasi analisi si possa o si voglia fare, personalmente trovo quel manufatto, per la sua pregevole fattura e per il fatto di trovarsi in quel contesto, semplicemente stupendo!
all'interno della basilica la colonna del serpente nero è contrapposta alla colonna della croce |
Superata la colonna del
serpente, procedendo verso l’abside, non posso certo ignorare un curioso e monumentale AMBONE in marmo bianco che ingloba a sua volta un SARCOFAGO. I due manufatti,
appartengono ad epoche diverse.
Il sarcofago, che gli esperti fanno
risalire all’epoca paleocristiana, sembra contenesse le
spoglie del generale Stilicone, un sommo ufficiale al servizio di Teodosio. Si
tratta di una grande cassa in marmo, decorata su tutti i lati, con bassorilievi
che riproducono gli insegnamenti di Gesù ai suoi discepoli.
l'Ambone, lato della navata centrale |
Due aspetti di questo elemento mi hanno
colpito, seppure in modo differente:
da una parte, i piedi degli apostoli costantemente sovrapposti, che esprimono molto bene
il concetto di prossimità cristiana e, in fondo di tolleranza (insomma, a volte ci si pesta i piedi, ma è consigliato trascurare i motivi di dissidio per favorire il dialogo e il confronto), mentre
dall’altra, rimango incuriosita da un dettaglio: il numero degli apostoli
raffigurati sul lato meridionale non sono dodici, bensì undici. Chissà come mai?
Qualcuno sostiene che si tratti di un
vezzo dell’epoca mirato a rimarcare il significato eucaristico dell’opera, a
discapito dei particolari, però questa spiegazione non mi ha convinta affatto!
Ambone, sul retro |
Il CIBORIO, invece, appartiene al periodo
romanico lombardo e rappresenta un esempio unico per Milano di arredo
liturgico medievale di grande valore. Esso si regge su quattro colonne di porfido rosso egiziano, materiale di grande valenza simbolica, che in origine veniva utilizzato soltanto per opere destinate ai faraoni, e che in epoca romana ha mantenuto il significato di magnificenza, potendone disporre esclusivamente gli imperatori
Ambone, vista frontale |
Ma, all'interno di questa zona, un punto di indiscutibile attrazione per me è l’altare,
che brilla come un gioiello sotto il ciborio in legno, che un tempo veniva usato per
segnalare la presenza delle reliquie dei santi (Gervasio, Protasio e Ambrogio),
oggi collocate nella cripta.
Si tratta, infatti di un ALTARE d’ORO, un autentico capolavoro dell’oreficeria carolingia,
donato alla basilica dal vescovo Angilberto e realizzato dal maestro Volvinio e
i suoi allievi, nella prima metà del IX secolo.
La sua
facciata e le parti laterali sono interamente
coperte da lamine d’oro, suddivise
in formelle sulle quali è rappresentata la vita di Gesù.
Il retro è ricoperto di lamine d’argento sulle quali sono
rappresentati episodi della vita di Ambrogio. Tutto il manufatto è costellato
di meravigliose gemme incastonate, smalti dai colori accesi, filigrane e motivi sbalzati e cesellati. Una meravigliosa opera d'arte!
Mi soffermo un poco ad osservare dietro l’altare il mosaico absidale, iniziato probabilmente quando Ambrogio era ancora in vita e modificato più e più volte, poi scendo nella cripta ad osservare i santi per risalire, poco dopo, e dirigermi alla navata di destra dove si aprono sette cappelle.
la cripta |
le salme di Ambrogio, Protaso e Gervaso, nella cripta |
Superata una grata in
ferro battuto, mi introduco nella zona museale dalla quale accedo al SACELLO DI SAN VITTORE IN CIEL D'ORO, la
cappella di età pre-ambrosiana, successivamente inglobata alla basilica.
particolare del mosaico nella cappella di San Vittore in Ciel d'Oro |
E qui
mi incanto ad osservare un mosaico,
risalente al VI secolo, nel quale sono raffigurati i vescovi Ambrogio e
Materno, accompagnati dai martiri Gervasio, Protasio, Nabore e Felice.
dettaglio con S. Ambrogio nel mosaico nella cappella di San Vittore in Ciel d'Oro |
In questa composizione il volto di Ambrogio è talmente realistico,
che sembra seguirmi con lo sguardo.
Rimanendo all’interno della
zona museo, mi trovo ad ammirare un meraviglioso frammento
di mosaico che ornava l’abside della chiesa
primitiva
frammenti dei mosaici rinvenuti nell'abside della primigenia basilica dei martiri |
Continuando la visita all'interno del piccolo museo mi soffermo a contemplare lo splendido affresco
del Bergognone, il Gesù nel Tempio.
Gesù nel tempio, affresco di Bergognone presso il museo della Basilica di S. Ambrogio |
Comunque, miei cari, non intendo certo proporvi l’intera carrellata delle opere conservate a S. Ambrogio, sia perché sono tantissime e sia perché meritano ben altro tipo di approfondimenti.
Ma dovete sapere che la basilica deve
la sua fama universale a molti grandi
artisti che vi lavorarono: Donato Bramante (che sotto la signoria
degli Sforza ricevette l’incarico di progettare la nuova canonica, risistemare le
cappelle e ricostruire il monastero); Bergognone;
Bernardini Luini; Gaudenzio Ferrari; il Legnanino; Filippo Abbiati; Carlo
Francesco Nuvolone; Francesco Cairo
e Giambattista Tiepolo.
Ve ne mostro solo alcune.
Cristo
Risorto, Bergognone; presso la cappella del Battistero posta lungo la navata di sinistra |
Cappella
della Deposizione, con affreschi di Giambattista della Cerva, Gaudenzio Ferrari e Bernardo Luini; navata di destra |
Insomma, la basilica di Sant'Ambrogio è veramente un sito pieno di meraviglie!
Inoltre, illustri
personaggi come Pipino, figlio di
Carlo Magno, Bernardo, figlio di
Pipino, Ludovico II, nipote di Carlo
Magno, sono stati sepolti in questo luogo sacro che ne conserva
ancora le epigrafi funerarie.
Ambrogio
ferma Teodosio sulla porta della basilica, di Camillo Procaccini; navata destra |
Infine, eccoci giunti alla conclusione del nostro viaggio.
Per congedami da voi ho scelto di inserire poche immagini, che ho scattato appena fuori
dalla basilica, in Piazza S. Ambrogio,
per lasciarci con un ultimo racconto legato a questo luogo!
In ciascuno di questi scatti vi è un'unica protagonista. Si
tratta della cosiddetta COLONNA DEL DIAVOLO,
un pilastro di origine romana, risalente al II secolo d.C. con capitello
corinzio e caratterizzato da due grandi fori in prossimità della base.
Ed
ecco la leggenda.
Come già detto, si tratta di
una leggenda, in realtà questa colonna veniva usata per l'incoronazione
degli imperatori germanici.
E voi, cosa ne pensate di queste leggende?
Vi è piaciuto il post?
INFO UTILI:
Si narra che Lucifero, camuffatosi da uomo, si
avvicinò al sagrato dove Ambrogio era
solito meditare e tentò di dissuaderlo in tutti i modi dal proseguire il suo
ruolo di vescovo.
Ambrogio, profondamente irritato, lo cacciò via sferrandogli
un calcio.
Il demonio, riacquistando le sue vere sembianze, spiccò il volo, ma
finì per sbattere contro la colonna, rimanendovi incastrato con le lunghe
corna.
Furioso e sconfitto, si tramutò in fumi di zolfo e, creandosi un piccolo
varco in quei due fori da lui stesso prodotti, fece ritorno negli inferi.
Dettaglio dei fori nella colonna |
Secondo quanto narra Galvano Fiamma (ambasciatore di Galeazzo I Visconti e cronachista milanese), essi giuravano
sul messale, ricevevano la corona ferrea e poi abbracciavano la colonna. Beh, ogni popolo ha le sue stranezze!
Tuttavia, mi preme farvi sapere che questa semplice colonna di pietra bianca ha resistito, fino ad oggi, per ben diciotto secoli, un numero esagerato di guerre e invasioni (da Barbarossa a Napoleone), fino ai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Tuttavia, mi preme farvi sapere che questa semplice colonna di pietra bianca ha resistito, fino ad oggi, per ben diciotto secoli, un numero esagerato di guerre e invasioni (da Barbarossa a Napoleone), fino ai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Vien da pensare che sia
davvero un po’ speciale!
E voi, cosa ne pensate di queste leggende?
Vi è piaciuto il post?
Me lo auguro di cuore e approfitto per salutarvi, dandovi appuntamento alla prossima settimana!
FONTI:
ELEONORA BAIRATI, ANNA
FINOCCHI, Le ricche miniere 2, percorsi nella storia dell'arte, Loescher
(approfitto per salutare virtualmente, ma con grandissimo trasporto, la mia insegnante di storia dell’arte, la professoressa Anna Finocchi)
CARLO BERTELLI, Storia
dell'Arte Italiana dal Medioevo al Quattrocento, Einaudi
COPPONI CARLO, La Basilica
di Sant'Ambrogio in Milano, Silvana Ed.
AA. VV., La Basilica di Sant'Ambrogio, Storia della Basilica attraverso i secoli, Silvana Editoriale
TOURING CLUB ITALIANO, Guida d'Italia, 2003
AA. VV., La Basilica di Sant'Ambrogio, Storia della Basilica attraverso i secoli, Silvana Editoriale
TOURING CLUB ITALIANO, Guida d'Italia, 2003
WIKIPEDIA
Tutte le immagini
fotografiche presenti nell’articolo sono state scattate personalmente
INFO UTILI:
La basilica si trova in Piazza Sant’Ambrogio, 15 - Milano ed è raggiungibile con
la linea 2 della Metropolitana, fermata Sant’Ambrogio
Un viaggio temporale tracciato con dovizia di particolari, ma anche con la passione e uno sguardo che ne delinea ogni aspetto, ogni singolo particolare. La Basilica di Sant'Ambrogio descritta da Clementina, diventa per qualsiasi lettore un luogo familiare di cui ne svela angoli e tesori come patrimonio dell'umanità. Colpisce il suo andare oltre la descrizione storico-artistica, per addentrarsi nelle varie interpretazioni attribuite al Serpente che risalta come elemento di spicco. Fotogrammi e immagini accompagnano il viaggio nella storia che consente di apprendere quanti passaggi e quante epoche si sono avvicendate all'interno della Basilica. Al termine dell'articolo si ha la sensazione tangibile di aver visitato questo gioiello senza essersi spostati da casa. Devo ringraziare ancora una volta Clementina per avermi permesso di aprire gli orizzonti sul patrimonio che il nostro Paese possiede e di cui ne conosce approfonditamente solo una minima parte. Da leggere!
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaE io so che non ti ringrazierò mai abbastanza, Annamaria, per le parole belle e gentili che mi lasci ogni volta e che mi scaldano il cuore
RispondiEliminaSi finisce la lettura e si desidera partire per Milano. L'entusiasmo delle descrizioni della Basilica da parte di Clementina è tangibile e coinvolgente. Le note dell'autrice affascinano, i dettagli sono minuziosamente spiegati e la storia appare chiara, supportata dal servizio fotografico. I due campanili, quello dei monaci e quello dei canonici, le Scacchiere, il Serpente, la colonna del Diavolo: Clementina ci permette di partire per un viaggio attraverso i suoi occhi. Una reporter eccellente dunque, e anche una preziosa fonte storica: il viaggio nei secoli, alla scoperta della storia della basilica di Sant'Ambrogio, ha risvegliato anche la mia fantasia, che si è focalizzata sui nomi dei protagonisti: Angilberto, Ansperto, Protasio, Teodosio...splendidi appellativi del passato che sono ormai in disuso, ma non per questo hanno perso fascino. La Basilica è indubbiamente un luogo superbo, da ammirare e spero vivamente (come sempre) di poterla visitare, un giorno o l'altro.
RispondiEliminaCaspiterina, mi sono emozionata!
EliminaNel leggere il tuo commento, Lauretta, e nel leggere quello di Annamaria, mi tornano alla mente le parole di Lao Tse: "la gentilezza nelle parole crea confidenza; la gentilezza nel pensiero crea profondità; la gentilezza nel dare crea amore "
Lo dico perché sento che i vostri commenti nascono da una profonda disposizione interiore alla generosità e sono espressione di una forza che si traduce in fatti concreti. Non si tratta di formalità, non si tratta di buonismo. Per me sono, il risultato di una costante attitudine ad un meraviglioso sorriso interiore. Grazie!
Bellissimo e condivisibile il pensiero di Lao Tse. Io credo, Clementina, che quando si stima una persona sia impossibile non apprezzarne le capacità. Al di là degli argomenti trattati, che possono interessare o meno, le qualità restano e chi ti ammira ne resta comunque coinvolto. Nel caso specifico, oltretutto, l'argomento trattato è di mio gradimento...perciò!
EliminaBellissime le fotografie e molto coinvolgente il reportage... sembra proprio di entrare passo passo nella basilica di Sant'Ambrogio, guidati da te, per scoprirne gli angoli più nascosti e misteriosi! E che preziosi manufatti racchiude, frutto di un'epoca a torto considerata oscura. Mi hai davvero fatto venire voglia di rivedere questo luogo magico, è tanto tempo che non ci vado.
RispondiEliminaProprio così come già commentato: sei stata una guida superba e deliziosa, di quelle che capita raramente di incontrare quando si va a visitare un luogo monumentale e/o di interesse storico; una di quelle che fa con passione il proprio mestiere e non si limita a una descrizione di tipo architettonico-artistico, seppur condotta con competenza e minuzia di particolari, ma si spinge oltre e ti inizia, con delicatezza e fascino, ai misteri che spirano dall'anima di quel luogo. Mi ha emozionata leggere il tuo articolo, ma anche i commenti delle nostre amiche, perché ogni loro parola avrebbe potuto partire anche da me e a me è ritornata, proprio come se il tuo racconto, al pari del serpente/uroboro, avesse generato un cerchio di energia emotiva.
RispondiEliminaAccipicchia, che splendido complimento: grazie,
EliminaStella, sono commossa!!! :-)))
Sia in 4° che in 5° liceo sono stato in gita di un giorno a Milano, ricordo la visita a una chiesa e mi chiedo se fosse la la Basilica di Sant'Ambrogio!
RispondiEliminaLa storia che hai raccontato di Mosè devo dire che non l'avevo mai sentita. E mi è piaciuta molto quella di Ambrogio e il Diavolo. Cornuto e mazziato, direi, oltre che zoppo!