lunedì 28 maggio 2018

Amelia Earhart, una donna leggendaria/2





Come suggerivo nella prima parte di questo articolo (lo trovi QUI ), Amelia Earhart è una donna assolutamente moderna e inquieta in cerca della propria strada. Modernità e inquietudine sono i due assi portanti, quelli che meglio di tutti gli altri connotano la sua personalità, aiutano a comprendere le sue scelte, la sua esistenza e il contesto nel quale vive.
Dopo essersi sperimentata in diversi ambiti professionali, decide di seguire il suo sogno, avventurandosi nel mondo dell’aviazione.


L’America degli anni ’20, rappresenta lo scenario ideale per soddisfare queste sue necessità, chiaramente a fronte di un carattere forte, estremamente determinato – molto probabilmente, in una società più tradizionale tutto questo non le sarebbe stato possibile – ed è in questo contesto che muove i primi passi.

Gli Stati Uniti stanno vivendo un momento politico-sociale straordinario. Stiamo parlando del paese in assoluto più ricco al mondo, ma anche del più giovane, del più moderno. A differenza di Germania, Francia, Inghilterra, Russia e tutti gli altri stati del Vecchio Continente, che dopo il 1918 si trovano dinanzi a un costo salatissimo in perdite economiche – infrastrutture urbane, impianti ferroviari e aeroportuali parzialmente o completamente distrutti – e in vite umane, l’America registra danni minimi: le case sono ancora intatte; gli americani tornati dal fronte trovano un futuro tutto nuovo da inventare, nuovi macchinari, nuove e più efficienti industrie, nuovi prodotti destinati alle masse. Sono i cosiddetti “anni ruggenti”, quelli del jazz, del proibizionismo, durante i quali l’incremento dei consumi è talmente veloce e intenso che i consumatori iniziano a rivolgersi agli istituti bancari che concedono prestiti a profusione. Ma il 1929, con il “crollo di Wall Street” e l’avvio della Grande Depressione è ancora lontano.

Los Angeles nel 1920
Trascorrono gli anni, e cresce anche l’esperienza di questa ragazza che, nel 1928, dopo aver accompagnato il pilota Wilmer Stultz e il co-pilota Louis Gordon nel corso della trasvolata sull’Atlantico, della durata di venti ore e quaranta minuti e avvenuta a un anno di distanza dalla stessa impresa di Lindbergh, diventa una star.

Possiede un fisico sottile, porta i capelli corti, arruffati. È esattamente l’antitesi delle tante icone femminili che negli anni a venire riempiranno i fumetti, eppure quando indossa i pantaloni larghi da pilota, il giubbotto in pelle e il piccolo foulard al collo riesce a incantare chiunque. Non ha nemmeno completato gli studi richiesti per diventare aviatore, e tanti la contestano anche per questo. Ma è temeraria e concepisce il volo come qualcosa da affrontare affidandosi unicamente all’istinto naturale, perché è un’eroina romantica.  

Per tutte queste ragioni viene coinvolta in una brillante campagna promozionale mirata al  lancio di numerosi prodotti di consumo che prenderanno il suo nome. È così che diventa la testimonial di una linea di bagagli da viaggio, di una di abbigliamento femminile, una di tipo sportivo, ma anche delle sigarette Lucky Strike. Tiene una serie di conferenze e pubblica un libro in cui racconta i particolari del volo transoceanico. In poco tempo conquista il cuore di tutta l’America.
A capo di quell’efficace battage pubblicitario c’è un certo George Putnam, titolare di un’importante casa editrice newyorkese, il quale già l’anno precedente aveva curato la pubblicazione del successo editoriale che ha toccato le 650mila copie vendute in meno di un anno, ovvero il racconto autobiografico “Noi”, di Charles Lindbergh, e che ora sta cercando l’equivalente femminile del grande aviatore in tutti i circoli di volo degli Stati Uniti.
Amelia Earhart e George Putnam

Putnam è un autentico magnate dell’informazione, un uomo molto potente, molto colto e con un curriculum di tutto rispetto, grazie al quale si rivela anche un esperto esploratore. Sebbene gli affari gli vadano a gonfie vele, in questo frangente la sua vita privata è poco serena. È ancora sposato con Dorothy Binney – figlia dell’inventore e comproprietario della Binney&Smith Inc., l’azienda dei famosi pastelli Crayola – ma sta attraversando una fase sentimentale difficile: la moglie ha da poco intrapreso una relazione extra coniugale con un uomo di 19 anni più giovane e il loro matrimonio, nonostante la presenza di due figli, è sull’orlo del collasso.
Quando vede entrare nel suo ufficio la Earhart, ne rimane folgorato: decide che costei sarà la sua “Lady Lindy”, l’alter ego femminile di Lindberg. Presto il nuovo soprannome di Amelia sarà questo. I due iniziano a frequentarsi sempre più assiduamente. Condividono molti interessi, hanno molte affinità in comune, si piacciono reciprocamente. Ottenuto il divorzio dalla prima moglie, nel 1929, Putnam propone alla nuova partner il matrimonio, ma riceve un secco rifiuto. Amelia – ragionando con la consapevolezza di una donna assolutamente moderna – non vuole che quel vincolo intralci il suo modo di vivere, soprattutto ora che ha finalmente trovato la via che le permette di cogliere le tanto agognate opportunità: il volo. 
A partire da questo momento la “regina dei cieli” si muove contemporaneamente su più fronti: entra insieme al collega Lindbergh nelle file dei pionieri dell’aviazione a rappresentare l’immagine istituzionale della più grande compagnia aerea degli Stati Uniti, la TAT (futura TWA), nella quale investe anche sostanziose risorse, è altresì attiva con altre importanti società aeree che stanno mettendo a punto un sistema di collegamento tra le principali metropoli americane, riesce a conquistare il terzo posto in una competizione aerea femminile e –ciliegina sulla torta – redige per  la rivista Cosmopolitan una serie di articoli nei quali sfrutta la propria popolarità per parlare dei diritti delle donne. Proprio così, e le sue parole fanno breccia nei cuori e nelle menti delle tantissime lettrici americane, perché, nonostante in quegli anni vi siano altre signore che iniziano a entrare nella cabina di pilotaggio, nessuna diventerà mai famosa quanto lei.

Amelia è una fuoriclasse, possiede “una marcia in più” rispetto a tutte le altre; anche agli occhi del movimento femminista i suoi gesti appaiono semplicemente pioneristici: è una che azzarda, che lancia il cuore “oltre la siepe”, e per questa ragione il movimento la rincorre, e la rincorrerà sempre. Allo stesso tempo, lei guarda al movimento femminista con enorme curiosità e si lascia coinvolgere dalle sue iniziative: tra le due parti si innesca un circolo virtuoso che induce al miglioramento reciproco.

Ancora in questo periodo, l’aviatrice entra in contatto con il vice presidente in carica della Lundington Line, compagnia aerea che sta organizzando le tratte da e per Philadelphia, New York e Washington, Eugene Vidal (padre dello scrittore e drammaturgo Gore Vidal). Da subito accorda a quest’uomo la massima fiducia e investe 30mila dollari nel suo ambizioso progetto, diventando a sua volta vice presidente dell’azienda.

Lasciando le discussioni a chi, da oltre ottant’anni, propone ogni volta nuove teorie sulle possibili liaison della “Regina dell’aria”, e suggerisce nuove ipotesi sulla sua scomparsa – inabissata nel Pacifico, morta di stenti su un’isola sperduta, rapita dai giapponesi, torturata e uccisa dal nemico, spia di Roosevelt rimpatriata sotto falso nome dopo la guerra – mi soffermo a considerare questa intesa come qualcosa di significativo, profondo e basata sulla reciproca stima. Infatti, una serie di operazioni di collocamento di capitali, come ad esempio quella relativa alla Boston & Maine Airways, conducono Amelia ad assumere, nel 1933, il ruolo di vice presidente della National Airways, mentre Eugene, che si occuperà a lungo di sviluppare le compagnie civili e commerciali, aprendo nuove strade all’aviazione, assurgerà a quel titolo solo nel 1938.

Va detto pure che tutte le attività di investimento effettuate dall’aviatrice sono funzionali ad alimentare il suo sogno: l’acquisto di nuovi mezzi con i quali esercitarsi in vista di una gara aerea le permette di raggiungere un nuovo primato e, una volta conquistato un nuovo obiettivo, si propone in chiave ancora più stimolante agli occhi delle altre donne, invitandole a interfacciarsi con il mondo del lavoro, in primis l’aeronautica (tiene anche conferenze mirate a questo scopo), e a sfidarsi, a tutto tondo, superando ogni volta i limiti. Sui suoi articoli si rivolge alle lettrici in modo alquanto diretto, con frasi che non possono non lasciare un segno: “Le ragazze, in particolare quelle i cui gusti non siano convenzionali, non vengono mai lasciate in pace… Ce lo portiamo dietro da generazioni, è un’eredità di usanze antiche, che ha come conseguenza il fatto che le donne siano educate alla timidezza.[…] Le donne dovrebbero fare per se stesse quello che gli uomini hanno già fatto – occasionalmente quello che gli uomini non hanno fatto – affermandosi così in quanto persone, e magari incoraggiando altre donne verso una maggiore indipendenza di pensiero e azione. Considerazioni del genere hanno contribuito alla mia volontà di fare ciò che desideravo così tanto fare.[…] Il coraggio è il prezzo che la vita esige per concedere la pace”.

Amelia a bordo del suo Lockheed
Continuando a seguire il filo del tempo, eccoci al 1931. Dopo aver stabilito nuovi record di volo e dopo aver rifiutato per ben sei volte in due anni le proposte di matrimonio di George Putnam, anche per Amelia arriva il momento del matrimonio. Prima delle nozze scrive una lunga lettera che consegnerà allo sposo, in procinto di iniziare la cerimonia, nella quale instilla tutto il suo modo di pensare e, quindi, di vivere. A mio giudizio, uno dei passaggi più significativi di quel testo è il seguente: “Ho bisogno di avere dei luoghi dove poter andare per essere me stessa.”.

Anche alla richiesta della stampa di commentare il lieto evento, la donna accenna a una guida a “doppio comando”, come quella degli aerei, e insiste per mantenere il proprio cognome. Con queste premesse non sorprende che il patto che unisce i due coniugi si riveli, senza ombra di dubbio, completamente fuori dagli schemi: lei vive in California, dove trova l’ambiente ideale per progettare le future trasvolate, mentre Putnam resta a New York a gestire gli affari, la sua immagine e l’intero indotto che ne deriva. A dispetto di ciò che si potrebbe immaginare, e anche in barba alla stampa che si diverte a confezionare il nomignolo di “Signor Earhart” addosso allo sposo, tanto per provare a mettere un po’ di zizzania, la loro relazione è salda e calorosa.  

Amelia a Londonderry nel 1932
Del resto, la passione di questa donna per il volo non è una sorpresa per nessuno, men che meno per Putnam che, infatti, le lascia tutto lo spazio per continuare a elaborare nuovi piani. E un nuovo piano si profila già a partire dalla fine di quello stesso anno.

Considerando che oltre a Lindbergh nessun altro ha ancora tentato di attraversare l’Atlantico in solitaria, il 20 maggio del 1932, a bordo di un monomotore Lockheed Vega 5, Amelia mette a punto la nuova impresa.
Parte da Newfoundland, in Canada, tenta di raggiungere Parigi, ma a causa del maltempo e di problemi tecnici che hanno compromesso il suo mezzo, atterra dopo circa quindici ore di volo in un paesino rurale nel Nord dell’Irlanda, a Londonderry. È un assolato sabato pomeriggio quando piomba, letteralmente, dal cielo nel mezzo di un grande campo sul retro dell’abitazione di una famiglia di agricoltori, distruggendo il carrello dell’aereo. Una volta raggiunta dagli ospiti, visibilmente sorpresi, sorride affabilmente, risponde di arrivare dall’America, chiede il permesso di usare il telefono per rassicurare il marito e accetta di buon grado un pasto improvvisato, perché è affamata e senza soldi in tasca. Insomma, la naturalezza con la quale si muove questo personaggio colpisce chiunque e attiva empatia.
Mentre tre anni più tardi la signora Gallagher, proprietaria di quel terreno, viene invitata all’interno di un programma radiofonico della BBC a rendere testimonianza di quell’incredibile avvenimento, Lady Lindy ha già conquistato ulteriori record mondiali di traversate in solitaria.

Amelia a Newark, New Jersey
Nulla sembra fermarla, è un autentico “panzer”. Disegna, per la Ninety-Nines, alcuni capi di abbigliamento e la mise per le donne aviatrici. Vola in tutte le situazioni atmosferiche, restando digiuna per intere giornate, anche in condizioni igieniche di profondo disagio – non può certo usare con la disinvoltura dei colleghi uomini il tubo di spurgo per i rifiuti organici – non si fa intimidire dal ghiaccio che si crea sulle ali dell’aereo, sfiora le onde degli oceani con la disinvoltura con cui da bambina scivolava dalla rampa costruita dallo zio. Non è un’esperta dei sistemi di trasmissione in uso sui motori dell’epoca, non conosce il codice Morse e usa la radio più per ascoltare la musica che per riferire le proprie coordinate di volo. È una pilota istintiva che decolla, mette a rischio la propria vita, stabilisce nuovi record, atterra e se ne va a dormire esausta, ma felice. E, comunque, batte tutti i record: è la prima aviatrice ad attraversare l’America coast-to coast, la prima a volare non-stop da Mexico City a Newark. È la migliore di tutti i tempi, in assoluto.

Amelia e il presidente Hoover
Per questa ragione la sua fama si ingigantisce ogni giorno di più, ormai è una donna molto importante e influente. Viene invitata alla cerimonia di assegnazione delle chiavi delle città da parte di moltissimi sindaci americani, viene ricevuta anche da molti esponenti della politica internazionale – in Italia l’accolgono Italo Balbo, altro personaggio alato della storia, e Benito Mussolini, che sfrutta l’occasione per creare ulteriore propaganda al proprio governo – ottiene la medaglia d’oro della National Geographic Society direttamente dalle mani del presidente degli Stati Uniti, Hoover, riceve la Legion d’Onore e la Distiguished Flying Cross dal Congresso degli Stati Uniti, entra a far parte del circolo ristretto di Eleanor Roosevelt – un’altra figura di estrema rilevanza nell’alveo delle istituzioni che si muovono per promuovere l’emancipazione femminile – diventa praticamente un’ospite fissa della Casa Bianca.

Amelia e Eleanor Roosevelt
In particolare, tra Lady Lindy e Eleanor Roosevelt si instaura un legame d’amicizia profondissimo che, sul piano pubblico produrrà molteplici collaborazioni mirate a favorire l’implementazione del lavoro femminile, mentre sul versante privato porterà la moglie del presidente americano a conseguire il brevetto di pilota d’aereo. 
L’irrequietezza e, soprattutto, lo spirito intraprendente, libero, guidano Amelia verso la conquista di un nuovo e ancor più ardimentoso traguardo. Non bisogna mai dimenticare che regna in lei la totale consapevolezza dell’impatto che le sue azioni avranno sulla percezione della femminilità. Così, nel 1936, sempre determinata e con l’intento di arrivare dove altri hanno fallito, inizia a pianificare il giro del mondo in aereo.
Siccome quel record è già stato raggiunto da un altro suo collega, sceglie di procedere attraverso un itinerario più lungo, circa 47mila chilometri, viaggiando sulla linea equatoriale. Il messaggio che intende inviare, sostanzialmente, è che le donne, essendo ancora più coraggiose degli uomini, possono osare di più.
Come tutti i pionieri, è perfettamente cosciente dei rischi che corre, ma sa anche molto bene che i limiti vanno superati. Tra l’altro, è in procinto di compiere quarant’anni, a fine giugno e, forse avverte anche il tempo che pian piano sta scivolando via. Quindi, è decisa ad andare fino in fondo.

Amelia, Manning e Noonan a Darwin, 28 giugno 1937
Dopo aver ottenuto i fondi e un aereo Lockheed Electra L10, opportunamente modificato per gestire il necessario carburante, decolla da Oakland, nel marzo del 1937, per raggiungere Honolulu, accompagnata da due navigatori (Noonan e Manning), che le vengono imposti dal marito  e che lei avrebbe volentieri evitato.
Questo primo tentativo, però, non va a buon fine a causa di alcuni problemi tecnici e di un testacoda che si verifica nella fase di decollo, sulla pista di Honolulu, mentre si prepara a tornare.
Il secondo tentativo si compie a pochi mesi di distanza dal primo e si rivela un successo. Il punto di partenza è ancora una volta Oakland, in California, ma quello di arrivo è diventato Miami, in Florida.
La pianificazione del volo subisce, dunque, una sostanziale modifica e prevede l’inversione del senso della rotta. Pertanto, il 1° giugno riparte da Miami, effettua alcune tappe, prima in Sud America, poi in Africa, nel subcontinente indiano, in Asia sudorientale, fino ad arrivare, il 29 giugno 1937, a Lae, in Nuova Guinea. Giunta nel cuore del Pacifico si ritrova ad aver già percorso 35mila chilometri; per completare il giro del mondo gliene restano altri 11mila. La tappa successiva le permetterà di effettuare il necessario rifornimento di carburante, dopodiché dovrà procedere sovrastando chilometri e chilometri di oceano, sino al raggiungimento della costa del continente americano.
Amelia e Fred Noonan di spalle giugno 1937

Pertanto, verso la mezzanotte del 2 luglio si rimette in viaggio, effettuando la partenza da Lae, per raggiungere, nell’arco di 18 ore, l’isola di Howland, dove è già stato tutto predisposto per l’approvvigionamento di benzina. Per intraprendere questo lungo tratto senza scali, calcolando l’ingente peso del carburante, si era reso necessario eliminare tutto il peso superfluo, e ridurre il numero di componenti del team. In pratica, ad accompagnare la donna c’è un solo navigatore, Fred Noonan. Amelia avrebbe preferito Manning, un esperto del codice Morse, mentre nutre più di una perplessità su Noonan, in quanto, pur stimandolo come esperto aviatore, ha avuto modo di constatare che egli non conosce il codice Morse e, soprattutto, ha il vizio di bere. Diversamente dalle previsioni, inoltre, quel giorno il cielo è completamente coperto. Questo volo si preannuncia particolarmente difficile.

Nel frattempo, nei pressi di Howland, microscopico atollo disperso in mezzo al Pacifico, una striscia di terra lunga due chilometri e larga 500metri, c’è una motovedetta della Guardia Costiera statunitense, la Itasca, pronta ad attendere i due piloti per fornire loro le coordinate di atterraggio. Ma qualcosa va storto. Il navigatore Noonan ha difficoltà a calcolare la posizione, le sue mappe non sono abbastanza aggiornate, le trasmissioni radio non funzionano come dovrebbero, tanto che vengono costantemente interrotte da interferenze esterne e saltano da una frequenza all’altra; come se non bastasse il cielo si addensa ancor più di nuvole che impediscono la visuale.

Una comunicazione tra la motovedetta e il bimotore avviene intorno alle 7,42. Al suo interno si ode la voce di Amelia riferire: “Dovremmo essere sopra di voi, ma non riusciamo a vedervi ma il carburante si sta esaurendo. Non siamo riusciti a raggiungervi via radio. Stiamo volando a 1.000 piedi”.
Data le difficoltà a ricevere i messaggi, la nave inizia a trasmettere segnali Morse per rendersi individuabile, anche emettendo fumo dalle caldaie, ma il cielo totalmente carico di nuvole vanifica il tentativo. L’ultima comunicazione di Amelia avviene alle 8,43 di quella mattina: “Siamo sulla linea 15337. Ripeteremo questo messaggio. Ripeteremo questo messaggio a 6210 kHz. Attendete.”
Dopodiché dal Lockheed Electa L10 non arriva più alcun segnale.
La notizia rimbalza su tutti i media e presto è nota in tutto il globo. Il presidente Roosevelt autorizza le ricerche, spendendo risorse strepitose per l’epoca, ma a causa degli strumenti rudimentali utilizzati il risultato è un totale fallimento.

Amelia Earhart viene formalmente dichiarata morta il 5 gennaio del 1939. 



Cari lettori, come anticipato, non intendo addentrarmi nel guazzabuglio di ipotesi sulle motivazioni della scomparsa di questo meraviglioso personaggio alato. Essendo estremamente affascinata dalla sua esistenza, che ritengo molto più interessante della sua morte, mi fermo qui. 
Sono, però, molto curiosa di conoscere la vostra opinione e, quindi, aspetto i vostri commenti!

Buona settimana a tutti e alla prossima!

    

BIBLIOGRAFIA
Amelia Earhart, Wikipedia
Amelia Earhart, l’aviatrice, Il tempo e la storia, Michela Guberti, ed. ERI
John Burke, Winged Legend: The Story of Amelia Earhart, New York, Ballantine Books

ICONOGRAFIA
Tutte le immagini presenti nel post provengono da Wikicommons  




lunedì 21 maggio 2018

Amelia Earhart, una donna leggendaria/1




L’aviatrice americana Amelia Earhart

Solo pochi mesi fa la rivista Forensic Antrhropology, condotta da Richard Jantz, del Centro di Antropologia Forense all’Università del Tennessee, ha reso noto che i resti trovati nel 1940 sulla remota e disabitata isola di Nikumaroro
corrispondono al 99% ad Amelia Earhart e al suo navigatore Fred Noonan.

La questione dell’appartenenza di quei ritrovamenti ossei, nonostante quest’ultima dichiarazione, rimane tuttora controversa, così come la scomparsa di questa straordinaria donna, avvenuta il 2 luglio del 1937, mentre volava sopra l’Oceano Pacifico nel tentativo di circumnavigare il globo a bordo dell’Electra, resta ancora oggi un mistero irrisolto.
Amelia Earhart di fronte al Lockheed Electra sul quale scomparve nel 1937


Di certo, invece, la vita e la morte di questa donna sono diventate una vera leggenda, tant’è che a distanza di 81 anni dalla scomparsa ancora si cerca il relitto del suo aereo inghiottito dalle acque del Pacifico.
Amelia, oltre a essere l’incontestata regina dei cieli è colei che fa ciò che fanno gli uomini, è indipendente come un uomo e per questo motivo è diventata per le donne americane un simbolo dei movimenti femministi, un’icona arrivata fino ai giorni nostri.
Per qualcuno questa signora, fin dalle sue prime imprese, è stata il frutto di un’enorme operazione di marketing.

Ma torniamo al 1897, più precisamente al 24 luglio di quell’anno.
Siamo ad Atchison, in Kansas, nella casa di uno dei massimi esponenti di questa città: il  giudice federale, nonché presidente della Cassa di Risparmio municipale, Alfred Gideon Otis. Esattamente qui Amelia viene alla luce. Questa è la dimora di suo nonno, il luogo in cui, insieme alla sorella Muriel, trascorrerà l’intera infanzia, gli anni fondativi del suo carattere.  

Amelia bambina
Dai biografi viene descritta come una bambina curiosa, una vera appassionata di letture,  ma allegra, dal temperamento vivace, un “maschiaccio” che si arrampica sugli alberi, dà la caccia ai topi, ai rospi, alle falene. La sua spiccata propensione per l’avventura si rivela sin dal principio. All’età di sette anni convince lo zio a realizzarle uno scivolo rudimentale che, partendo dal tetto del capanno degli attrezzi e snodandosi in curve, scorre fino a terra consentendole, mentre se ne sta accovacciata in una scatola di legno, di sperimentare i primi tentativi di “volo”. 

Tre anni più tardi lascia il Kansas per spostarsi con i genitori a Des Moines, nello stato dello Iowa, dove il padre, Samuel Edwin Earhart, lavora come avvocato all’interno dello studio legale delle ferrovie di Rock Island. L’abbandono della casa dei nonni coincide con l’inizio di una seconda fase dell’infanzia contrassegnata da un registro decisamente diverso. Si chiude un’epoca spensierata e positiva e se apre un’altra in cui le tensioni e l’instabilità regnano sovrane.
La giovane è solo una dodicenne quando il padre viene licenziato dalla società per la quale lavora perché è un alcolizzato. In questo contesto, anche l’amata nonna materna viene a mancare. L’anziana, prima di spirare, assicura alla figlia e alle delle due nipotine un lascito consistente vincolato a un fondo assicurativo a cui il genero etilista non potrà accedere.

L’allegria cede presto il passo all’amarezza. La famiglia si trasferisce per un breve periodo a St. Paul, nel Minnesota, dove il padre trova un impiego presso la Great Northern Railway, prima di rimanere una seconda volta disoccupato. Successivamente il nucleo familiare si sposta, dapprima a Chicago e via via in moltissimi altri centri urbani. Le due sorelle Earhart, costrette a cambiare città e scuola ogni volta, non hanno alcuna possibilità di mantenere i contatti con gli amici coetanei. L’intera esistenza di queste persone sarà all’insegna del nomadismo: quattro vite costantemente sospese in un interminabile viaggio.

Durante l’adolescenza Amelia colleziona un’infinità di ritagli di giornali in cui spiccano figure di donne che hanno raggiunto il successo in ambiti da sempre considerati maschili, come la regia e la produzione cinematografica, i grandi studi legali e quelli pubblicitari, l’ingegneria meccanica: il suo sogno è quello di riuscire a fare la differenza in un mondo sempre più competitivo.
Intanto esplode anche la Prima Guerra Mondiale. 

A 19 anni, dopo aver conseguito il diploma presso la Hyde Park High School di Chicago, si iscrive in un college della Pennsylvania, ma non completa il programma di studi. Un anno più tardi, durante le feste di Natale, decide di andare a trovare la sorella che, nel frattempo, si è trasferita a Toronto. Il clima sociale del Canada è rovente: il paese, che a quell’epoca fa parte dell’Impero britannico, si trova automaticamente coinvolto nel conflitto internazionale e, con il disegno di legge attuato nel 1917, che impone la coscrizione obbligatoria, assiste  alla decimazione di migliaia e migliaia di giovani, per lo più di origini francesi, in terre lontane. Le proteste a favore dell’indipendenza, di conseguenza, si fanno sempre più vivide.
Come se non bastasse, anche a Toronto arriva la pandemia di influenza spagnola e la ragazza, ormai ventunenne, decide di attivarsi come infermiera della Croce Rossa, presso l’Ospedale militare di Spadina.

Lockheed Vega 5B pilotato da Amelia Earhart,
National Air and Space Museum Washington, DC.

Alla giovane Earhart si presenta l’insolita occasione di visitare una fiera aerea presso l’Esposizione Nazionale Canadese della città. Vale la pena di ricordare che siamo nel decennio in cui l’aviazione vive la sua epoca d’oro e, non a caso, l’attrazione principale di quella parata sarà l’esibizione aerea di uno degli assi dell’aeronautica. L’incontro si trasforma in qualcosa che segnerà in modo indelebile il futuro della ragazza.
Mentre se ne sta in disparte a osservare la scena delle diverse evoluzioni nel cielo, le si avvicina il famoso pilota reclamando la sua attenzione. Molti anni più tardi, sarà lei stessa a riferire l’episodio alla stampa usando queste precise parole: “A quell’epoca non capivo, ma credo che quel piccolo aereo rosso mi abbia detto qualcosa mentre si muoveva”.  

Nel giro di una manciata di giorni la fanciulla contrae una forte polmonite e, soprattutto, una particolare forma di sinusite che darà vita a una sequela di delicate operazioni, oltre che alla cronicizzazione di alcuni sintomi, tra cui un feroce mal di testa che accompagnerà l’aviatrice per sempre.
A causa delle precarie condizioni di salute le due sorelle si trasferiscono di nuovo negli Stati Uniti. In un primo momento la loro nuova dimora è Northampton, nel Massachusetts, successivamente, nel 1919, si spostano per qualche mese a New York, intervallo durante il quale Amelia si iscrive in un corso di studi medici presso la Columbia University, facoltà che abbandona l’anno seguente, cioè nel 1920, per riunirsi ai genitori che nel frattempo si sono spostati a vivere in California.
Il 28 dicembre 1920 si verifica un altro episodio destinato a lasciare una traccia indimenticabile nella sua vita. Dopo essersi recata insieme al padre a visitare l’aeroporto di Long Beach, dove il famoso pilota Frank Hawks si sta esibendo nelle sue acrobazie volanti, il padre acquista un biglietto dal costo di 10 dollari affinché la figlia effettui un giro della durata di dieci minuti su quell’aereo. Molti anni più tardi la stessa Earhart ne parlerà così: “Quando mi trovai a due-trecento piedi da terra capii che lo scopo della mia vita era quello di volare”.  


Da quel momento decide di imparare a volare e per riuscirvi intraprende i mestieri più disparati: si impiega come fotografa, poi come autista di camion e anche come stenografa presso una compagnia telefonica locale. Nel giro di un anno risparmia 1000 dollari, che si vanno ad aggiungere ad altri 1000 che le regala la madre e con i quali si presenta a Kinner Field, vicino a Long Beach, per iniziare la sua prima lezione di volo con la sua nuova insegnante, Anita Snook, detta Neta, una delle prime donne dell’aviazione militare americana.

Neta Snook e Amelia Earhart a Campo Kinner 
L’allenamento aeronautico non è esattamente una passeggiata, richiede un impegno costante e tanti sacrifici, ma Amelia è determinata ad andare sino in fondo. Per adeguarsi allo stile delle sue nuove colleghe taglia i capelli cortissimi e si impegna nell’acquisto di un biplano giallo di seconda mano, un Airster a cui dà il nome di “Canary”.
Il 22 ottobre del 1922, portando quell’Airster ad un’altitudine di 4.300 metri, stabilisce il record mondiale dei piloti aerei di sesso femminile.
L’anno successivo, il 15 maggio del 1923, Amelia diventa la sedicesima donna negli Stati Uniti a cui viene rilasciata la licenza di pilota da parte della Fédération Aéronautique Internationale (FAI).

Il brevetto di pilota di Amelia Earhart

Intanto, a causa di un investimento sbagliato la madre perde un’ingente parte del capitale che aveva in gestione e la giovane, vedendo ben presto esaurirsi l’intera eredità della nonna, si trova costretta a vendere il “Canary”. 
Senza perdere tempo, investe i soldi della vendita in un’automobile che battezza all’uopo “Pericolo Giallo” e con la quale parte, assieme alla madre, per un viaggio transcontinentale che porterà le due donne dalla California al Canada.

Ma la vecchia sinusite si rifà sentire e nel 1924, che è anche l’anno durante il quale i suoi genitori arrivano a divorziare, viene ricoverata a Boston per sottoporsi a una nuova trafila di operazioni chirurgiche dolorosissime.  
Dopo un periodo di convalescenza riesce a farsi assumere come assistente sociale e contestualmente riprende l’attività all’interno della American Aeronautical Society di Boston, dove viene eletta presidente. 

Francobollo USA del 1936
con l’effige di Amelia
In questa veste inizia a scrivere una serie di articoli, pubblicati sui giornali locali, nei quali promuove con fervore l’attività di volo femminile. In questo modo il suo nome comincia a diventare famoso in tutti gli Stati Uniti d’America. La svolta nella sua carriera di aviatrice arriva però solo nel 1928, un anno dopo la prima trasvolata atlantica in solitaria di Charles Lindbergh. La giovane Earhart, con Wilmer Sturz e Louis Gordon, a bordo di un Folker, è la prima donna ad attraversare l’Atlantico. In questa trasvolata il suo ruolo è secondario, come lei stessa riconosce: “Wilmer pilotò per quasi tutto il tempo. Io ero solo un bagaglio, venni trasportata come un sacco di patate”. L’impresa fa comunque di lei un’eroina nazionale, la nuova “Regina dell’aria”, colei che diventerà l’aviatrice più famosa dell’intero pianeta.
Grazie ai proventi delle conferenze, delle campagne pubblicitarie, dei suoi scritti e dei numerosi incarichi presso diverse compagnie aeree, Amelia inizia non solo a dedicarsi alla sua passione per il volo, ma anche a promuovere l’aviazione.

Con frasi come “Le donne devono tentare di fare le cose che gli uomini hanno tentato e il loro fallimento è un incentivo per le altre” questa signora, le cui cifre erano libertà e coraggio, ha ispirato milioni di donne. 

La prima parte di questo articolo dedicato ad Amelia Earhart si conclude qui per proseguire la prossima settimana.



Cosa pensate di questa donna e della sua esistenza? 


A presto e buona settimana a tutti!


BIBLIOGRAFIA
Amelia Earhart, Wikipedia
Amelia Earhart, l’aviatrice, Il tempo e la storia, Michela Guberti, ed. ERI
John Burke, Winged Legend: The Story of Amelia Earhart, New York, Ballantine Books

ICONOGRAFIA
Ritratto di Amelia Earhart. Wikipedia
Amelia Earhart di fronte al Lockheed Electra sul quale scomparve nel luglio del 1937. Wikipedia
Ritratto di Amelia da bambina. Wikipedia
Lockheed Vega 5B pilotato da Amelia Earhart, National Air and Space Museum Washington, DC. Wikipedia
Neta Snook e Amelia Earhart di fronte al Kinner Airster di Earhart, 1921 circa. Foto donata da Karsten Smedal e disponibile come immagine di pubblico dominio. Wikipedia
Francobollo in uso negli Stati Uniti nel 1936 con l’effige di Amelia, Divisione Stampe e Fotografie della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Wikipedia  
Amelia Earhart in una foto risalente al 1930, Wikipedia





lunedì 14 maggio 2018

A passeggio sul Lago di Como/1 Basilica di Sant’Abbondio






Ancora una volta la mia presenza sul web è ondivaga, ahimè…

Per farmi perdonare vi propongo la prima parte di un articolo dedicato al Lago di Como, territorio da me frequentato e apprezzato moltissimo, che intende presentarne la bellezza e le vicende legate ai suoi luoghi, sia quelli poco conosciuti che altri più noti.

1 Como - imbocco portuale


Avvalendomi dei miei scatti fotografici e con un tentativo di mettere insieme alcune informazioni storiche cercherò di accompagnarvi in un nuovo viaggio, raccontandovi cosa si cela “dietro le quinte” di questo incantevole specchio d’acqua, il Lario. Questo territorio cerniera, coi suoi percorsi viari che ne attraversano le robuste cime e le amene valli, rivela forti legami con il mondo transalpino.

La nostra passeggiata inizia a Como, città la cui affascinante storia affonda le radici in un’epoca lontanissima. Il periodo, invece, sul quale si concentrerà l’attenzione di questo post è quello in cui ha inizio il basso medioevo: l’anno Mille.

2 Basilica Sant'Abbondio - Como - facciata 

A circa un chilometro dalle mura che cingono, sui tre lati, questo centro abitato sorge la magnifica basilica di Sant’Abbondio.

È un vero peccato che al giorno d’oggi Sant’Abbondio non rientri nel circuito delle chiese più visitate di Como – il problema è senz’altro legato all’infelice aspetto della zona in cui sorge, frutto di una progressiva e stratificata industrializzazione, avviata in epoca piuttosto recente e ora già quasi del tutto revoluta – mentre invece, essa costituisce una potente sorpresa che meriterebbe grande attenzione.

3 Basilica Sant'Abbondio- Como - abside

A cosa mi sto riferendo è presto detto: questo monumento di pietra è uno dei più evocativi, per chi abbia la passione della storia medievale e della sua architettura, dell’unità di un organismo religioso e politico che si presentò con un apparato di elementi, apparentemente autonomi ma tutti concorrenti a un unico fine, e che trovò in questo lago lombardo il suo snodo centrale.

Per introdurvi alla storia della basilica e all’influenza che essa ebbe su altri importanti edifici religiosi, sorti lungo l’intero stivale italico, inizio col dirvi che l’antica via Regina, passante per la riva occidentale del lago, segnò profondamente la fisionomia di queste terre, rivelandosi, fin dai tempi più antichi, quale fitta rete di legami, geografici, storici e culturali tra Milano e le regioni del Nord Europa.

4 Tavola Peutingeriana

A partire dal secolo XI, soprattutto per offrire ricovero ai tanti pellegrini diretti alle sacre mete, la città di Como visse un momento di intensa attività edilizia e la campagna fuori dalle sue mura andò riempiendosi di importanti borghi, ospizi, chiese, abbazie e monasteri che, insieme ai numerosi castelli dell’epoca, sono in parte visibili anche oggi.

Nel 1010, sotto la guida  del vescovo Alberico, una comunità di monaci benedettini andò insediandosi in una chiesa paleocristiana la cui data di fondazione oscilla tra la fine del IV e la metà del V secolo. Nel primo caso venne individuato come fondatore Felice, primo vescovo di Como che, su ordine di sant’Ambrogio, avrebbe diffuso il cristianesimo in terra lariana. Nel secondo caso, invece, il fondatore fu il vescovo Amanzio, il quale avrebbe eretto la chiesa per conservarvi le reliquie dei santi Pietro e Paolo, da lui stesso trasportate da Roma. 
5 Basilica Sant'Abbondio- Como - navata centrale

Ciò che è certo, invece, è che l’edificio sorgeva poco fuori dalle mura urbiche, in posizione appartata rispetto allo sviluppo odierno della città di Como.

Questa collocazione, in quel preciso momento storico, si rivelò strategica in quanto, presidiando il tracciato della via Regina, fungeva da collegamento tra la pianura padana e Coira e, dunque tra Milano, la Rezia e l’Oltralpe centrale, e da lì, ci si poteva connettere con il Reno e il Danubio.


Una volta insediati, i monaci benedettini si assunsero l’onere di ricostruire ex-novo l’edificio, che venne in seguito dedicato a Sant’Abbondio, secondo uno stile che risentiva fortemente dell’influsso di modelli appartenenti a un’area geograficamente molto lontana: quella sassone e renana.

6 Basilica Sant'Abbondio- Como - presbiterio

La cifra dello stile della basilica edificata da questi monaci, che noi oggi chiamiamo romanico, vede infatti la sua prima sperimentazione in Francia. Per la precisione, il primo prototipo dello stile romanico d’Oltralpe sorse a Caen, nella bassa Normandia. Esso venne edificato nel 1060 all’interno dell’Abbaye aux Hommes: si tratta della Chiesa di Santo Stefano (Saint Etienne)

Il particolare che accomuna questa struttura con altre che via via porterò alla vostra attenzione è la presenza della doppia torre.









7 Chiesa Saint Etienne - Caen
Una volta ricostruita la nuova abbazia, la comunità dei monaci venne ricorsivamente gratificata dei privilegi concessi dall’autorità imperiale di origine tedesca e la fondazione del monastero fu seguita, a distanza di pochi anni, anche dai cenobi di San Carpofaro e San Giuliano in Como e dall’istituzione di canoniche – San Fedele in città e Sant’Eufemia sull’isola di Comacina – accomunate dalla pratica benedettina. 

Almeno fino al XIII secolo Sant’Abbondio mantenne legami strettissimi con l’episcopato che continuò a concedere innumerevoli favori: alla fine del Duecento il monastero godeva di un patrimonio, costituito di terreni e edifici, talmente vasto che si distribuiva sia in città che nei dintorni, nel contado (l’intera zona lacustre), nell’attuale Canton Ticino, in Valchiavenna e persino in Valtellina.


8 Basilica Sant'Abbondio - cupola presbiterio

Ad avvalorare la tesi, sostenuta da illustri storici dell’arte, secondo cui la basilica di Sant’Abbondio debba essere considerata l’esemplare dello stile romanico diffuso nel resto della nostra penisola, concorrono due precisi fattori: la data della sua consacrazione e l’autore della stessa. 


Infatti, nel 1095, anno che fu decisamente rilevante sul piano della storia europea, la nuova basilica venne consacrata nientepopodimeno che da papa Urbano II.

9 F. Hayez, Papa Urbano II sulla piazza di Clermont







Urbano II, nato Eudes (Ottone) di Lagery, nacque nel 1042 a Châtillon-sur-Marne e, formatosi a Cluny sotto la guida di Ugo il Gande, nel 1078 fu investito della carica di vescovo cardinale di Ostia, direttamente da Gregorio VII. A distanza di un decennio, il 12 marzo del 1088, venne eletto papa in Terracina, in quanto Roma era nelle mani dell’antipapa Clemente III. Fu costantemente sostenitore del programma politico di Gregorio VII, quindi fu un grande sostenitore dei Normanni, e oppositore dell’imperatore Enrico IV. Nel periodo che va dalla investitura a papa, fino alla sua morte, convogliò ogni energia nella Riforma della Chiesa, partendo dall’Italia meridionale ed esplicando un’opera di profonda riorganizzazione sia nell’Italia settentrionale che in Francia e in Germania.

Una volta rianimati i vescovi favorevoli alla riforma, diede inizio a una serie di operazioni tattiche mirate a isolare Enrico IV. Quando ebbe raggiunto il prestigio necessario organizzò una lega lombarda che intercettò Enrico IV, allora in discesa verso l’Italia, e dispose l’incoronazione a re del figlio Corrado, ormai passato dalla sua parte. 

In questo modo, esattamente nel fatidico anno 1095, riuscì a portare a termine tre obiettivi fondamentali. Indisse due importantissimi concili, uno a Piacenza e uno a Clermont-Ferrand, che gli permisero sia di scomunicare solennemente re Filippo I di Francia e di autoproclamarsi capo di tutte le Chiese (dichiarando che i re e i signori gli dovessero prestare giuramento di fedeltà) e, nel novembre dello stesso anno, diede avvio alla prima crociata, organizzata al fine di combattere i nemici della fede, riscattare il Santo Sepolcro, liberare la cristianità d’Oriente dagli oppressori, e con la quale veniva garantita la remissione di ogni penitenza, oltre che la protezione dei beni e delle famiglie dei sostenitori. Essendo egli un uomo estremamente dinamico non si accontentò di fermarsi qui e, infatti, le cronache del tempo ci informano di come, tra un concilio e l’annuncio della prima crociata, Urbano II pensò bene di consacrare anche più di un bene di proprietà della Chiesa, come ad esempio l’altare del monastero di Cluny e la basilica di Sant’Abbondio, a Como.

Col trascorrere dei secoli la storia subì diverse modifiche e con essa anche il nostro edificio. Nel 1475, l’abbazia venne data in commenda, mentre il primo radicale restauro in chiave classicista va fatto risalire al 1586. Nel 1616 la chiesa e l’annesso monastero vennero ceduti alle monache agostiniane di San Tommaso di Civiglio e ciò comportò l’adeguamento dell’edificio ai canoni di Carlo Borromeo. Nel 1863, inoltre, Serafino Battista, insegnante del seminario e studioso di archeologia e epigrafia, promosse il restauro della basilica per restituirne le vesti romaniche. 
Nel corso del Novecento vennero messi a punto ulteriori interventi e, infine, negli ultimi decenni l’annesso monastero è diventato (ed è ancora oggi) sede della facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi dell’Insubria.

La doppia torre, di Saint’Etienne prima e di Sant’Abbondio poi, assunse valenza di vessillo di una politica religiosa, di origini sostanzialmente normanne, che legò la Francia più nordica con l’estremità dell’Italia. 
10 San Sepolcro - Milano

Queste torri gemelle, pertanto, hanno attraversato la Manica, per fondare Canterbury, sono scese attraverso le Alpi per abbracciare Como, hanno lasciato tracce in altre zone del Nord del Paese, tra cui Milano, come ad esempio nella storica chiesa di San Sepolcro, e sono fiorite persino in Sicilia, a Cefalù, dove peraltro Urbano II discese per proteggere la nuova monarchia normanna.  

11 Cefalù - Cattedrale della Trasfigurazione











Orbene, cari amici, la prima parte del nostro viaggio in terra lariana si conclude qui. 

Cosa pensate di questo itinerario?

A presto, un caro saluto a tutti ! ^__^

12 Eccomi a Cefalù (spiaggia, centro e cattedrale sullo sfondo)


FONTI BIBLIOGRAFICHE:
Basilica di Sant’Abbondio, Como: Wikipedia, Enciclopedia Treccani, Lombardia Beni Culturali, Fondazione Provinciale della Comunità Comasca, Italia Nostra, La buona strada di Philippe Daverio
- Chiesa di Santo Stefano a Caen: Wikipedia, Enciclopedia Treccani
- Chiesa di San Sepolcro a Milano: Wikipedia, Lombardia Beni Culturali
- La via Regina: Limes, Rivista Italiana di Geopolitica, Le carte storiche
- Urbano II: Wikipedia, Enciclopedia Treccani

FONTI ICONOGRAFICHE:
le seguenti immagini sono frutto di scatti personali: 1, Como, imbocco portuale; 2, Basilica Sant’Abbondio, facciata; 3, Basilica Sant’Abbondio, abside; 5, Basilica Sant’Abbondio, navata centrale; 6, Basilica Sant’Abbondio, presbiterio; 8, Basilica Sant’Abbondio, cupola presbiterio; 11, Cattedrale della Trasfigurazione a Cefalù; 12 Cefalù: spiaggia, centro urbano e cattedrale sullo sfondo
- immagine 4: Limes Rivista Italiana di Geopolitica, Carte storiche, Tavola Peutingeriana
- immagine 7: Wikipedia, Chiesa di Saint’Etienne, Caen
- immagine 9: Wikipedia, Francesco Hayez, Papa Urbano II sulla piazza di Clermont predica la prima crociata. 1835, Gallerie di Piazza Scala, Artgate Fondazione Cariplo
- immagine 10: Wikipedia, Chiesa di San Sepolcro, Milano