lunedì 22 gennaio 2018

La donna nel XIX secolo – 5





Ben ritrovati!

Continua la serie dedicata alle donne del 1800, chi desiderasse recuperare le parti precedenti può cliccare direttamente QUI. QUI. QUI. QUI


Riprendiamo il filo del discorso dell’analisi della metafisica dell’amore per incontrare il punto di vista di altri autori, ma prima di procedere, desidero offrirvi qualche breve cenno che aiuterà a contestualizzare il tema.

Eccomi tra i dipinti di Grosso e di Corcos
alla Pinacoteca Zuest

Dovete sapere che verso la metà del XIX secolo accade qualcosa di unico e straordinario che sconquassa l’intera società occidentale.
Da lì in poi, lo spazio del diritto viene attraversato dalla riflessione sulle donne e anche la misoginia dei filosofi cambia: alcuni di questi assumono un atteggiamento favorevole, altri, si allineano al pensiero di Shopenhauer (che, in fondo, ricalca l’ideologia rivoluzionaria francese… ricordate?). 
Cosa accade?
Accade che l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, affiancato dalla richiesta di queste ultime di contare di più nella società, viene vissuto come una grande minaccia.
Il femminismo, come movimento sociale e politico, sta diventando una realtà pubblica e l’emancipazione femminile si sta concretamente affacciando, ponendo in discussione l’egemonia maschile. A questo punto, l’ordine borghese inizia, pian piano, a incrinarsi e molti rappresentanti della élite intellettuale e politica reagiscono violentemente.
Ebbene, per dipanare questo groviglio possiamo andare a recuperare il pensiero di cinque filosofi, attraverso cui recupereremo i temi dei dibattiti in corso. Ecco dunque i punti di vista di Pierre Leroux, Karl Marx, Harriet Taylor, Stuart Mill e Pierre-Joseph Proudhon.


Casalinghe inglesi della metà del 1800 con il vestito "della festa", ma le mani tradiscono l'abito svelando una realtà di dura fatica quotidianaFoto dal libro Victorian Working Women, di Michael Hiley.


Lavandaie londinesi.Foto di Rejlander, 1854 -56, Victorian Working Women 





Pierre Leroux. Foto Wiki Commons


Iniziamo con Pierre Leroux (Parigi, 7 aprile 1797 – Parigi, 12 aprile 1871). Tutto il pensiero di Leroux si dispiega intorno all’opposizione tra il principio di libertà e il principio di associazione e, partendo da questi presupposti, egli tenta di portare nuovi elementi di discussione intorno al tema della emancipazione delle donne muovendosi sul doppio binario del diritto e dell’amore, dell’identità e della differenza dei sessi. Partendo dal concetto di amore, egli introduce un passaggio alquanto ardito per quei tempi:
“Dio non è né uomo né donna”.
Pertanto, prima dell’amore e della coppia, la donna è semplicemente un essere umano. Ricorrendo a questo principio, egli concepisce contemporaneamente l’identità e la differenza tra i due sessi, distinguendo due sfere del rapporto uomo-donna: il rapporto sessuale e amoroso, da una parte; la condizione sociale degli individui donne, dall’altra.  
Secondo Leroux, dunque, la donna e l’uomo devono essere considerati due esseri umani uguali, pertanto ne consegue che la donna emanciperà l’uomo e l’uomo emanciperà la donna e, ancora una volta, la relazione tra i due sessi non potrà che essere egualitaria.


Karl Marx. Foto Wikipedia

Diversa è la posizione del filosofo ed economista tedesco Karl Marx (Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 marzo 1883) il quale sposa l’idea presentata da Fourier, secondo cui il matrimonio e la famiglia vengono additati come un sistema di proprietà che fanno della donna una merce, per portare avanti il proprio pensiero. Egli, pur pronunciandosi a favore della monogamia, si discosta dall’idea del matrimonio come istituzione ammantata di sacralità, si pone a favore del divorzio e, allo stesso tempo, rifiuta l’idea della comunanza delle donne, teorizzata dal comunismo primario. In pratica, secondo Marx, la cosiddetta “comunanza delle donne” tanto auspicata dal comunismo primario esiste già e va sotto il nome di “prostituzione”, essa è cioè una forma commerciale di circolazione delle donne tra gli uomini che ne detengono il loro possesso, come se queste fossero oggetti.
Oltre a ciò, Marx sottolinea che il capitalismo moderno, dissolvendo la famiglia proletaria e immettendo le donne nel mercato del lavoro, le sottrae allo spazio della proprietà privata familiare, e avvia in tal modo, senza saperlo, un processo di liberazione delle donne.
Infatti, il lavoro salariato, costituisce il primo passo verso l’autonomia delle donne che potrà arrivare a compimento dal comunismo con la fine della proprietà privata e il mutamento del sistema di produzione.
Al di là di come si svolgeranno i fatti in seguito, l’economia viene in questo modo ad assumere una valenza del tutto nuova, che fino ad allora sembrava appannaggio esclusivo del diritto: diventa la base dell’emancipazione femminile.
In pratica, Marx rende il dibattito estremamente concreto dichiarando che la donna può cessare di essere uno strumento di produzione (familiare e sociale) per diventare una lavoratrice all’interno del sistema produttivo e diventando, altresì, un essere autonomo nella vita privata.

Nella realtà dei fatti, il periodo in cui tracciare una vera e propria storia della famiglia non è ancora maturo.
Vedremo, in seguito, come la figlia di Marx, Eleanor Marx, si distinguerà tra le più importanti personalità del movimento femminista, a partire da una sua pubblicazione risalente al 1886, The Woman Question: From a Socialist Point of View.

A questo punto, però, proseguendo la nostra narrazione intorno ai filosofi, troviamo un contemporaneo, oltre che un oppositore di Marx che tratterà il tema della famiglia e del matrimonio come un luogo specifico di una immutabilità di rapporti tra uomo e donna.


Pierre Joseph Proudhon.
foto Wikipedia
Stiamo parlando del filosofo francese Pierre-Joseph Proudhon (Besançon, 15 gennaio 1809 – Passy, 19 gennaio 1865).
Per Proudhon la famiglia è il luogo in cui regna una pace basata sull’ineguaglianza e il filosofo fa di tutto, intreccia persino i legami tra economia e metafisica, per avvalorare la propria tesi sull’inferiorità femminile. Per Proudhon il ruolo delle donne è legato all’importanza del loro ruolo nella famiglia e la loro emancipazione è possibile solo quando l’uomo sarà in grado di “emanciparsi” nei lavori domestici. Cioè mai.
Per costui la donna è il complemento dell’uomo che contribuisce alla vita di coppia con la propria bellezza, ma la sua bellezza è anche un deterrente per il suo sviluppo e, pertanto, ella rimane costantemente in condizioni di inferiorità, un essere intermedio tra l’uomo e l’animale.

Leggiamo insieme cosa scrive a riguardo nel suo breve trattato “Systéme des contradictions économiques ou Philosophie de la misère”, ovvero “Sistema delle contraddizioni economiche o Filosofia della miseria”, più comunemente conosciuto come “Filosofia della miseria” (pp. 21-22):

Tra l’uomo e la donna può esistere amore, passione, un legame di abitudine, tutto quello che si vuole, ma non vi è autentica parità. L’uomo e la donna non procedono all’unisono, la differenza dei sessi innalza tra loro una barriera non diversa da quella che la differenza delle razze pone tra gli animali. […] Così, lungi dall’applaudire a quella che oggi viene definita emancipazione delle donne, io inclinerei piuttosto, se si dovesse giungere a questi estremi, a chiudere le donne in prigione.”

Un gran simpaticone, no?
Ebbene, in Francia il movimento operaio fa proprie le posizioni di Proudhon – no, non sto scherzando, è tutto vero – e lo slogan diventa:
“Donna di casa o cortigiana, non serva”.

Sembra una presa in giro, ma è esattamente ciò che è successo e questo motto va inteso nei seguenti termini: nella vita domestica la donna di casa effettua un lavoro non salariato, ma non servile. Nello spazio pubblico la donna è presa in un ingranaggio commerciale che la trasforma in merce. Invece, il dualismo sessuale nella coppia marito-moglie, malgrado l’ineguaglianza, si basa sul reciproco rispetto.
Dove sarebbe poi questo rispetto tanto sventagliato è davvero un mistero, visto che le donne, non solo svolgevano gratuitamente i lavori domestici, ma non potevano nemmeno tener per sé il salario ottenuto andando a lavorare in fabbrica, perché erano obbligate a porlo nelle mani del consorte, che lo amministrava a sua discrezione.


Lattaie londinesi. Le foto, tratte da Victorian Working Women, risalgono al 1864.  



Donne che lavorano presso la miniera di Wigan. Foto della collezione Munby (1867-78 circa)



Dai, passiamo ad altro, che è meglio!


Ora vi parlo di un paio di persone che, senza alcun dubbio, possiamo porre agli antipodi rispetto a Proudhon: Harriet Taylor e suo marito Stuart Mill.

Stuart Mill. Foto Wikipedia

Stuart Mill (Londra, 20 maggio 1806 – Avignone, 8 maggio 1873), filosofo ed economista inglese, si è sempre impegnato in una continua lotta in difesa dei diritti civili.
Alla formazione del suo pensiero ideologico e politico sulla questione contribuiscono tre fattori: il disagio familiare in cui cresce, dovuto alla durezza con cui suo padre agisce nei confronti di sua madre; l’essere stato trattenuto in carcere per una notte, ancora adolescente, per aver distribuito alle operaie che uscivano da una fabbrica dei volantini attraverso cui si parlava di controllo responsabile delle nascite; il rapporto anticonformista con Harriet Taylor.



ritratto di Harriet Taylor Mill,
 National Portrait Gallery, London

Hariet Taylor (Londra, 10 ottobre 1807 – Avignone, 3 novembre 1858) filosofa inglese ed esponente del primo femminismo liberale.

Dovete sapere che Harriet Taylor e Stuart Mill si conoscono e iniziano una relazione venti anni prima che la morte del primo marito della Taylor rendesse possibile il loro matrimonio. Insieme scriveranno tre saggi, uno sul matrimonio e il divorzio, uno sull’emancipazione delle donne, e uno sulla servitù delle donne.
Lo stesso Mill, nella propria autobiografia affermerà che il contributo filosofico della moglie in ciascuna di queste opere è stato fondamentale.

Ebbene, per spiegarvi chi fosse costui vi dico che per tutta la durata della sua carriera politica Mill si batte per estendere il suffragio alle donne. Egli considera la parità di genere, in cui regna la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, una condizione imprescindibile al buon governo.
Si sofferma a lungo sul ruolo della donna all’interno della famiglia, e la famiglia viene concepita come alveo della vita quotidiana in grado di trasformare l’individuo in attore sociale.

Secondo Mill e la Taylor, l’educazione ricevuta dalle bambine e dalle ragazze della loro epoca e di quelle precedenti, gioca e ha giocato un ruolo fondamentale nel perpetuare la sottomissione delle donne.

Leggiamo insieme uno stralcio di Sull’uguaglianza e l’emancipazione femminile, Torino, Einaudi, 2001, pp. 85-91, scritto da S. Mill e H. Taylor:

“[…]il dominio degli uomini sulle donne differisce da tutti questi perché non è un dominio basato sulla forza: è accettato volontariamente; le donne non se ne lamentano e ne sono parti consenzienti. Ora, in primo luogo, un gran numero di donne non lo accetta affatto. Dal momento in cui le donne sono state in grado di far conoscere i propri sentimenti con i propri scritti (unica forma di azione pubblica che la società consente loro), in numero sempre crescente hanno messo per iscritto la loro protesta contro la loro attuale condizione sociale: e recentemente molte migliaia di donne, guidate dalle più eminenti tra quelle note al pubblico, hanno presentato una petizione al Parlamento per essere ammesse al suffragio nelle elezioni parlamentari. La richiesta delle donne di ricevere un’istruzione altrettanto solida e negli stessi ambiti del sapere di quella degli uomini, viene avanzata con intensità crescente, e con grandi prospettive di successo; e la richiesta di essere ammesse alle professioni e occupazioni da cui finora sono state escluse diviene ogni anno più urgente.
[…]Nessuno potrebbe dire quante altre donne coltivino silenziosamente aspirazioni simili; ma vi sono abbondanti prove di quanto coltiverebbero tali aspirazioni se non si insegnasse loro così strenuamente a reprimerle perché non si addicono alle prerogative del loro sesso.
[…]I padroni di tutti gli altri schiavi si affidano, per mantenere l’obbedienza, alla paura; la paura che loro stessi incutono, oppure una paura di tipo religioso. I padroni delle donne vogliono più della semplice obbedienza e impiegano tutta la forza dell’educazione per perseguire il loro scopo. Tutte le donne vengono educate fin dai primissimi anni a credere che il loro carattere ideale sia opposto a quello degli uomini; non volontà autonoma o governo di sé attraverso l’autocontrollo, ma sottomissione e arrendevolezza al controllo di altri. Tutte le morali dicono loro che è dovere delle donne vivere per gli altri, fare atto di completa abnegazione di sé, e non avere altra vita se non negli affetti; e tutti gli odierni discorsi sentimentali concordano che in ciò consista la loro natura […], presentando loro la mansuetudine, la sottomissione e la rassegnazione di ogni volontà individuale nelle mani di un uomo come una parte essenziale dell’attrattiva sessuale. Si può dubitare che qualcuno degli altri gioghi che l’umanità è riuscita a spezzare sarebbero sopravvissuti fino ad oggi se fossero esistiti gli stessi mezzi per piegare le menti ad essi e fossero stati utilizzati altrettanto assiduamente?


Ecco!
Con queste premesse, nell'Inghilterra del 1869, Stuart Mill, Hariet Taylor e altre grandi personalità, si fanno portavoce del movimento che nel 1900 prenderà il nome di movimento delle Suffragette.

1908: le due suffragette inglesi, Annie Kenney e Christabel Pankhurst.



Orbene, miei cari, il post si conclude qui
Mi auguro che sia stato di vostro gradimento e come sempre vi invito a lasciare un commento.

Prossimamente, se vi va, continueremo la nostra analisi.

Un caro saluto dalla vostra Cle e dal gruppo Incipit Reading,
intento a raccontare la storia delle donne della metà dell'Ottocento,
presso la pinacoteca Zuest


Vi auguro una bellissima settimana e a presto! ^__^




18 commenti:

  1. Hai fatto un gran lavoro Clementina, ma soprattutto ben tornata! Spero che tu stia meglio

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    1. Grazie a te, carissima Giulia, di essere passata sul mio blog, di aver apprezzato e di aver lasciato questo bel commento!
      Sto decisamente meglio, a breve mi sottoporrò alle "torture" dell'osteopata, così anche le mie vertebre torneranno come nuove! :D
      Un abbraccissimo e un arrivederci a presto sul tuo blog: ho visto di sfuggita che hai deciso di eliminarne uno per condensare tutto nell'altro, immagino, e la trovo un'ottima scelta!

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  2. Splendida analisi correlata di Storia e di profonda conoscenza del mondo femminile. Che dire? Leggere Clementina è un continuo arricchimento, una continua scoperta di fonti di cui spesso ci è sfuggita l'origine. Partendo da Karl Marx, fino ad arrivare al Movimento delle Suffragette, Clem ci ha condotti in un lungo viaggio di evoluzione e trasformazione della condizione sociale femminile. Ho imparato anche oggi, e quanto! Grazie per questa grande divulgazione professionale di cui abbiamo bisogno, specie in questo momento epocale.

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    1. Ciao Anna, carissima!
      Grazie, grazie, grazie infinite di questo bel passaggio :-)
      Non mi sono dimenticata quello che ci eravamo scritte in privato e sappi che, nonostante i miei tempi lumacosi, intendo arrivare per mantenere la parola data!
      <3

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  3. Proudhon fa scassare: cioè, praticamente per un uomo è impossibile imparare a lavare i piatti o stirarsi una camicia!

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    1. Ahahahahha!
      Bisogna riconoscere che talvolta, quando si va a far luce su certe sfaccettature (chiamiamole così) di alcuni personaggi, viene l'orticaria! :D
      Comunque mi fa davvero piacere ciò che hai scritto. I miei figli, che hanno rispettivamente quattro e cinque anni meno di te, e che non partecipano con commenti scritti al mio blog, per una sorta di pudore filiale, la pensano esattamente nel tuo stesso modo. ^__^

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  4. Intanto complimenti vivissimi per questa nuova, splendida puntata dedicata alle donne, che ho letto avidamente. :-0 Accipicchia, il signor Pierre Leroux era avanti anni luce rispetto al concetto di Dio. Il signor Pierre-Joseph Proudhon invece fa prudere semplicemente le mani, e continuo a ripetermi che le cose devono essere viste nel loro contesto storico e occorre fuggire dalla mani del giudizio... ma viene comunque l'orticaria! Come dimostra benissimo la tua carrellata, è dal controllo delle menti che tutto nasce, e quindi conculcare alle donne l'idea della loro debolezza e della necessità della protezione maschile, unitamente a una scarsa o nulla educazione per sviluppare lo spirito critico, ha funzionato per secoli.

    Per combinazione ho finito di leggere Emilio di Rousseau. Anche lì, spirito illuminato e assolutamente all'avanguardia quando applica le sue nuove teorie educative all'allievo maschio, ad esempio sostenendo la barbarie dell'avvolgimento in fasce mentre il neonato dev'essere libero di muovere le membra sin da subito per rinforzarle, o asserendo che il fanciullo occorre che canti, corra, grida, salti liberamente in una società rigidissima a partire dalla famiglia. Quando invece passa alla bambina, bastano due paginette e l'asserzione che la donna è sottomessa per natura all'uomo, e che sono sufficienti solo delle elementari conoscenze di musica, danza, pittura, economia domestica. Meno male che all'epoca c'era la "mia" Mary Wollstonecraft a decostruirlo! :)

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    1. Certamente, Cri: un controllo delle menti, ma anche del corpo. Il sistema messo a punto dall'universo maschile per costringere le donne a convincersi della loro inferiorità era sofisticatissimo. Vi prendevano parte filosofi, politici, magistrati, scrittori, pittori, ma anche sarti e industriali. I primi hanno fatto salti mortali sia per inculcare l'idea che l'esistenza femminile fosse fragile e che, quindi, solo sottomettendosi all'uomo ci fosse una possibilità di sopravvivenza, sia per negare loro un'educazione paritaria a quella maschile e sia, di conseguenza, per confinarle sempre più dentro le mura domestiche. Gli altri, ci hanno marciato sopra, inventando corsetti da tortura e abiti talmente ricchi di stoffa da non potersi muovere - figuriamoci studiare o lavorare - oppure, immortalando le donne dell'alta borghesia e dell'aristocrazia in pose da star che servivano al consorte per presentarsi in tutta la sua magnificenza - in pratica usando le mogli come un biglietto da visita!
      Poi, come hai visto anche tu, quell'intenso oscuramento, di pensiero, di vedute, che permeando ogni rivolo della cultura dominante creava una barriera enorme, ha consentito poche vere e profonde illuminazioni. Tanto è vero che molti pensatori tra i più emancipati, come Rousseau, faticavano a varcarne la soglia sino in fondo, rimanendo invischiati in una stridente misoginia.
      Dai, che le suffragette sono state tostissime, altro che pizza e capperi ;-) Non oso immaginare in quali ambasce ci troveremmo se non ci fossero state loro!

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  5. Ho dimenticato un'altra cosa: la mia profonda ammirazione per le suffragette! Ti scriverò in pvt per farti una proposta. :)

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  6. E' interessante e perfino istruttivo vedere come sia cambiata la figura femminile (e la percezione che se ne aveva) nel corso del tempo.
    Per il resto ribadisco anche io una profonda stima per il lavoro delle suffragette.

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    1. Ciao Nick, grazie!
      Quanti cambiamenti, vero?
      Sai che, ripercorrendo la storia delle donne, mi sono soffermata a riflettere su moltissimi aspetti. Per esempio, tra le cose che mi hanno scosso maggiormente c'è la questione lavoro. Perché, se è vero, com'è vero, che grazie alle suffragette si è aperto un mondo anche sul piano del lavoro per le donne, è altrettanto vero che questo tipo di emancipazione ha seguito velocità diverse nei vari Paesi.
      Nell'Italia di quando ero bambina, ad esempio, cioè quella degli anni '70, io mi appartenevo a una minoranza, ovvero quella delle bambine con la madre che lavorava. Ripercorrendo i miei ricordi, infatti, la maggior parte delle madri delle mie compagne di classe erano casalinghe. Certo, c'erano donne che lavoravano, in molti ambiti, ma in quantità nettamente inferiore ai nostri giorni (considerando che oggi l'occupazione delle donne è ancora lontana dal potersi definire completa e esiste ancora un forte divario tra stipendi maschili e femminili).
      Quello che voglio sottolineare è che la storia dell'emancipazione della donna è una storia lunghissima e piena di difficoltà, molto più di quanto una certa narrazione vuol farci credere.
      Noi donne abbiamo fatto tanti passi da quel lontano 1800, ma abbiamo ancora molti altri passi da fare... il compito delle suffragette non è ancora concluso.
      Ti ringrazio tantissimo della tua solidarietà!

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  7. Complimenti Clementina per questo articolo così ben fatto. E' incredibile pensare a quanta strada abbiano dovuto fare le donne, per lo meno io mi stupisco sempre nel rendermi conto di quante cose diamo per scontate oggi, le banalizziamo addirittura, mentre c'è chi ha combattuto in prima linea a prezzo di enormi sacrifici, per far sì che diventassero "normali". Il cambio di mentalità è sicuramente lo scoglio più grande in questi casi e non solo da parte degli uomini ma anche delle donne stesse. Come hai sottolineato anche tu, parlando di educazione che influiva sulla percezione delle donne di se stesse. Molto interessante la storia di Taylor e Mill. Si impara sempre moltissimo dai tuoi post ^_^

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    1. Ciao Maria Teresa!
      Felicissima del tuo apprezzamento (mi scuso del ritardo della risposta... sono desolata).
      La storia di Mill e della Taylor è splendida e ci tenevo a divulgarla, ma, vedrai, ne seguiranno altre che, sono sicura, ti piaceranno almeno quanto questa!

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  8. Bellissimo post, come tutti quelli che lo precedono.
    La lotta per il voto alle donne è stata durissima e lunghissima, persino in film allegri come Mary Poppins viene citata.
    Un abbraccio!

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    1. Lunghissima, davvero e, a guardar bene, nemmeno oggi si può dire che sia finita...
      Nelle prossime settimane, comunque, continuerà la narrazione, promesso!
      Buona serata, mia cara Francy e un abbraccio!

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  9. Molto interessante davvero. E' facile dimenticare come sia stato duro il processo di liberazione femminile, che comunque si è compiuto con qualche stortura. Grazie! :)

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  10. Ciao Grazia!😍
    Qualche stortura c'è stata, indubbiamente e il cammino è stato lungo e faticoso. Amareggia vedere quante donne diano per scontate tante conquiste femministe e quante, ancora, nutrano sentimenti contrastanti verso chi si è battuta per tutte noi, con tanta passione.

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dani.sanguanini@gmail.com