lunedì 31 ottobre 2016

S. Ambrogio e la sua basilica: tra storia, arte e misteri - SECONDA PARTE






Eccoci alla SECONDA TAPPA del nostro viaggio nella BASILICA di SANT'AMBROGIO, una delle più antiche chiese di Milano, ricca di mistero e all’interno della quale sono conservate moltissime opere d’arte di elevatissima qualità.




Ora, prima di attaccare a raccontarvi le impressioni che ho sperimentato visitandola, vorrei introdurre alcuni CENNI STORICI che ci aiutano a comprendere quanto il suo aspetto attuale sia il frutto di una lunga e complessa storia caratterizzata da molteplici fasi costruttive, opere di trasformazione e lavori di restauro.

Anzitutto, vi svelo subito che degli anni della presenza del vescovo Ambrogio rimane solo un’area intorno alla quale la chiesa si è via via sviluppata ed essa è composta dal luogo posto sotto l’altare, in cui vennero inizialmente sepolti i martiri Gervaso e Protaso (oltre allo stesso Ambrogio, morto nel 397) e dalla cappella di San Vittore in Ciel d’Oro.
 
Dalla morte di Ambrogio, infatti, fino a tutto il VII secolo si conosce ben poco della vita che si svolgeva all’interno di questo struttura e accanto ad essa. 

Il quadro comincia ad animarsi intorno al 750 quando un diacono milanese ne viene nominato custode e incaricato di curare l’amministrazione dei numerosi e preziosi beni donati dai fedeli.

Nel 784 accanto al santuario nasce un monastero benedettino e l'edificio ambrosiano si trova così a far parte integrante di un più ampio complesso architettonico destinato ad accogliere due comunità religiose che per più di mille anni, non sempre in modo pacifico, condividono gli uffici liturgici, la cura e l'amministrazione dei beni ecclesiastici: i monaci e i canonici, il cui ricordo è tutt'ora visibile grazie ai due campanili posti a baluardo della facciata.

Successivamente, nel IX secolo, per volontà del vescovo Angilberto, viene commissionato a Volvinio l’altare d’oro e aggiunta la grande abside. Ma è tra la fine del  XI secolo e l’inizio del XII che l’edificio viene radicalmente ricostruito per volontà di Ansperto assumendo le forme romaniche che ancora oggi lo caratterizzano, a cominciare dall’ingresso protetto da un ampio e scenografico atrio.

Nel 1497, poi, i Cistercensi di Chiaravalle subentrano ai Benedettini concedendo ai cittadini milanesi l’ingresso all'imponente biblioteca monastica e nei due secoli successivi, troviamo gli interventi di due vescovi, che hanno avuto un ruolo determinante nello sviluppo dell’edificio: Federico Borromeo, che intorno al 1600 promuove opere di consolidamento e la decorazione barocca del presbiterio, e Benedetto Erba Odescalchi che nei primi decenni del 1700 commissiona la trasformazione dell'antica cripta.

Alla fine del 1700, però, in pieno periodo di dominazione napoleonica, la chiesa viene trasformata in ospedale militare e solo con la restaurazione austriaca torna ad essere riabilitata al culto.

Da allora la sua situazione rimane pressoché invariata fino al 1943, quando buona parte del plesso architettonico viene pesantemente colpito dai bombardamenti anglo-americani. Poco più tardi iniziano i restauri che negli anni ’50 portano la basilica al suo attuale splendore.


Ma COME APPARE, dunque, la basilica di S. Ambrogio OGGI?


Bene, cari lettori, non posso certo conoscere l’effetto prodotto sui tanti pellegrini e turisti che ogni giorno la visitano, e non ho nemmeno intenzione di proporvi una mia goffa analisi della sua architettura e  dei suoi innumerevoli elementi artistici, però posso senz’altro raccontarvi come l’ho percepita personalmente.

Se vi va di continuare, seguitemi!

Bene, allora vi confido qual è stata la prima cosa che mi ha colpito di questa basilica (e che amo particolarmente): è il modo alquanto discreto con cui si affaccia sulla piazza, quasi a volersi nascondere dallo sguardo superficiale del passante.


l'accesso all'atrio della basilica 


L’aula basilicale, infatti, è preceduta da un portico (chiamato ATRIO DI ANSPERTO e risalente circa al 1098) che crea una netta separazione – non solo visiva – con l’esterno.

Nel varcare la sua soglia il rumore della strada scompare e ci si ritrova all’interno di uno spazio – organizzato con un cortile centrale rettangolare e un portico a campate, che ne percorre l’intero perimetro – nel quale è facile sentirsi a proprio agio, protetti da tutto.

All’interno di quest’area, dove oggi sono ospitati molti frammenti di lapidi rinvenuti durante i lavori svolti agli inizi del 1800 per la sostituzione del pavimento, i milanesi dell’epoca medievale si riunivano per discutere i problemi di ordine pubblico, accogliere i pellegrini e scambiare le proprie merci

in questo atrio i milanesi discutevano di politica,
si dedicavano agli affari e accoglievano i pellegrini

Camminando tra le colonne impreziosite da moltissime decorazioni a rilievo rappresentanti intrecci vegetali, animali e mostri che lottano (sì, creature fantastiche come grifoni, draghi, centauri,… simboli molto diffusi in epoca medievale e non solo; pensate solo alle numerosissime gargolle del Duomo di Milano e che ritroviamo anche in tantissime altre cattedrali) ho immaginato il vivacissimo viavai di quei cittadini: gente che andava e veniva, vendeva e comprava, teneva comizi e li seguiva.

E non ho potuto fare a meno di pensare che ciascuno di loro, prima o poi, vi avrà gettato un occhio… 

un  esempio di decorazione animale 











Chissà che effetto ne avranno ricevuto? 

Orfeo che con la musica tiene a bada le fiere

Beh, non è il caso di parlare di persuasione occulta, però tutti quei simboli dello scontro tra il Bene e il Male, messi lì con la precisa intenzione di ricordare che la chiesa rappresenta il luogo emblematico della risoluzione, è la dimostrazione tangibile che anche allora esistevano grandi guru della comunicazione!

il campanile di destra, costruito dai monaci e
risalente all’VIII secolo,
Mi guardo intorno e vedo che l’intero edificio è realizzato in mattoni rosso vivo, spesso disposti a spina di pesce, e pietra. Sullo sfondo del cortile si staglia il santuario, con le sue logge sovrapposte e i suoi DUE CAMPANILI



campanile di sinistra, eretto dai canonici
e risalente al XII secolo
Eh, sì, uno più tozzo, quello dei Monaci, e l’altro più slanciato, quello dei Canonici, e già il fatto di trovarne due lascia ben intendere anche al visitatore più distratto che qui nulla è scontato!

Con questa convinzione procedo a piccoli passi, avvicinandomi alla facciata della chiesa, quando il mio sguardo viene catturato da alcuni segni nettamente distinti da tutti gli altri

scacchiera sulla parte superiore
della facciata
scacchiera sulla parete a fianco del portale principale
Si tratta di SCACCHIERE posizionate in obliquo, come rombi: ne ho trovate quattro, due all’esterno (una accanto al portale centrale e l’altra più in alto, sulla parete sinistra della loggia) e due all’interno (nella parete di sinistra).

due scacchiere collocate sulla
parete della navata sinistra
Bene, in seguito ho scoperto che esiste più di una interpretazione di questo elemento segnico. Per alcuni la scacchiera rappresenta una raffigurazione dell’eterna lotta tra il bene e il male; c’è chi la identifica, invece, come un simbolo apotropaico – aggiungerei anche piuttosto pagano – usato allo scopo di tener lontano gli spiriti maligni; per altri potrebbe alludere alla rappresentazione – un po’ macchinosa, a mio parere –  della mappa cittadina con la sua disposizione radiocentrica; infine, per qualcuno, potrebbe trattarsi di un simbolo legato ai Templari

E quest’ultima ipotesi – che nemmeno so quanto possa essere corretta – è quella che mi affascina e convince più di ogni altra, anche a partire dal fatto che, effettivamente, i Templari arrivarono la prima volta a Milano, al seguito di Bernard de Clervaux, italianizzato in San Bernardo da Chiaravalle, in un periodo in cui la basilica era di nuovo in grande fermento, cioè tra il 1132 e il 1135. 

Insediati in questa città, lasciarono molti segni del loro passaggio, per esempio facendo erigere diverse chiese, tra cui l’abbazia di Chiaravalle (un tempo sita in una zona paludosa poi bonificata, mentre oggi è inglobata nella metropoli tra il quartiere Vigentino e il quartiere Rogoredo), Santa Maria del Tempio (oggi inglobata nei padiglioni del Policlinico) e Santa Maria della Pace (oggi sede dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme). Perché, quindi, non avrebbero potuto lasciare almeno una piccola traccia anche qui?

Guardando bene, infatti, mi accorgo anche della presenza di un TONDO situato accanto ad una delle porte laterali, quella di sinistra, che nuovamente mi rimanda a loro.

tondo con croce patente
Secondo alcune interpretazioni, quell’immagine potrebbe raffigurare San Bernardo, non solo per la presenza delle iniziali – che in verità, potrebbero riferirsi anche a San Benedetto da Norcia, fondatore dell’ordine dei Benedettini, presenti nella basilica dal X al XI secolo, fino cioè al 1497, quando cedettero il posto ai Cistercensi di Chiaravalle, capeggiati dall’abate Ascanio Maria Sforza! – ma anche per quella di un’insegna, posta immediatamente sotto al ritratto, che ricorda una croce patente, tipica dei cavalieri del Tempio.

Varcato il solenne portale della chiesa, mi accingo a intraprendere un emozionante percorso attraverso i magnifici tesori custoditi al suo interno.

il portale è incorniciato da splendidi intarsi che raffigurano simboli cristiani, vegetali e animali

Davanti ai miei occhi si presenta una struttura divisa in tre navate in cui la luce, che proviene dai finestroni della loggia, crea forti contrasti che fanno risaltare tantissimo gli elementi monumentali posti nello spazio centrale, lasciando, più o meno, al buio quelli circostanti.



A questo punto, la mia attenzione viene magnetizzata da un’insolita colonna, al lato sinistro della navata centrale, sulla cui cima svetta un SERPENTE NERO di bronzo, che con il suo corpo disegna un cerchio.

particolare della colonna del serpente nero

Secondo la tradizione popolare su questo fusto di colonna poggia il serpente in bronzo fatto fondere da Mosè nel deserto (secondo la Bibbia, Dio, infastidito dalle lamentele degli Israeliti per la durezza del viaggio nel deserto, invia tra loro numerosi serpenti che mietono molte vittime. Il popolo pentito si rivolge a Mosè supplicandolo di pregare il Signore perché allontani quella minaccia. In risposta alle preghiere di Mosè, Dio ordina di forgiare un serpente in bronzo e di collocarlo in vista del popolo: chiunque fosse stato morso dalle serpi velenose, si sarebbe salvato guardando il serpente di bronzo). Una volta collocato all’interno della basilica, nel XI secolo, gli furono attribuite proprietà taumaturgiche. Le madri si recavano a toccare la statua chiedendo la  guarigione del proprio figlio e altri sostenevano che il serpente avrebbe ripreso vita il giorno in cui sarebbe sceso dalla colonna preannunciando l’Apocalisse. Questo culto pagano proseguì fino al 1566, anno in cui Carlo Borromeo lo vietò severamente, considerandolo mera superstizione. 

Ma come arrivò, il serpente nero posto sulla cima della colonna di S. Ambrogio, a Milano? 

Bene, quel serpente venne portato a Milano dall'arcivescovo Arnolfo, che si era recato in ambasciata a Costantinopoli per combinare il matrimonio tra l'imperatore Ottone III e una principessa bizantina. La statua era destinata a Ottone III, come dono per le sue nozze, che però non ebbero mai luogo perché l'imperatore morì poco prima di celebrarle. Arnolfo apprese la notizia e decise di trasferire la preziosa scultura nella basilica ambrosiana. 

Dovete sapere, però che il serpente che forma un cerchio col proprio corpo ha assunto, mutatis mutandis, significati di opposta interpretazione nella cultura dei popoli antichi: nella mitologia greca veniva accostato ad Asclepio, diventando il simbolo usato per rappresentare l'eternità del cosmo, l'avvicendarsi della vita e della morte, il ripetersi di un ciclo; presso i Fenici e i Caldei corrispondeva al simbolo della luce; nella cultura dei Faraoni rappresentava il sole, quindi un simbolo sacro; per gli Gnostici era il simbolo della conoscenza; per altri ecclesiastici, come Agostino e Girolamo, corrispondeva all'immagine del peccatore

Ebbene, ce n'è per tutti i gusti, quindi, al di là di qualsiasi analisi si possa o si voglia fare, personalmente trovo quel manufatto, per la sua pregevole fattura e per il fatto di trovarsi in quel contesto, semplicemente stupendo! 


all'interno della basilica la colonna del serpente nero è contrapposta alla colonna della croce 


Superata la colonna del serpente, procedendo verso l’abside, non posso certo ignorare un curioso e monumentale AMBONE in marmo bianco che ingloba a sua volta un SARCOFAGO. I due manufatti, appartengono ad epoche diverse. 

Il sarcofago, che gli esperti fanno risalire all’epoca paleocristiana, sembra contenesse le spoglie del generale Stilicone, un sommo ufficiale al servizio di Teodosio. Si tratta di una grande cassa in marmo, decorata su tutti i lati, con bassorilievi che riproducono gli insegnamenti di Gesù ai suoi discepoli.
l'Ambone, lato della navata centrale

Due aspetti di questo elemento mi hanno colpito, seppure in modo differente: da una parte, i piedi degli apostoli costantemente sovrapposti, che esprimono molto bene il concetto di prossimità cristiana e, in fondo di tolleranza (insomma, a volte ci si pesta i piedi, ma è consigliato trascurare i motivi di dissidio per favorire il dialogo e il confronto), mentre dall’altra, rimango incuriosita da un dettaglio: il numero degli apostoli raffigurati sul lato meridionale non sono dodici, bensì undici. Chissà come mai?

Qualcuno sostiene che si tratti di un vezzo dell’epoca mirato a rimarcare il significato eucaristico dell’opera, a discapito dei particolari, però questa spiegazione non mi ha convinta affatto!  


Ambone, sul retro 




Il CIBORIO, invece, appartiene al periodo romanico lombardo e rappresenta un esempio unico per Milano di arredo liturgico medievale di grande valoreEsso si regge su quattro colonne di porfido rosso egiziano, materiale di grande valenza simbolica, che in origine veniva utilizzato soltanto per opere destinate ai faraoni, e che in epoca romana ha mantenuto il significato di magnificenza, potendone disporre esclusivamente gli imperatori  

Ambone, vista frontale
Ma, all'interno di questa zona, un punto di indiscutibile attrazione per me è l’altare, che brilla come un gioiello sotto il ciborio in legno, che un tempo veniva usato per segnalare la presenza delle reliquie dei santi (Gervasio, Protasio e Ambrogio), oggi collocate nella cripta.

Si tratta, infatti di un ALTARE d’ORO, un autentico capolavoro dell’oreficeria carolingia, donato alla basilica dal vescovo Angilberto e realizzato dal maestro Volvinio e i suoi allievi, nella prima metà del IX secolo. 

altare d'oro, ciborio e mosaico absidale
La sua facciata e le parti laterali sono interamente coperte da lamine d’oro, suddivise in formelle sulle quali è rappresentata la vita di Gesù. 
fronte dell'altare

Il retro è ricoperto di lamine d’argento sulle quali sono rappresentati episodi della vita di Ambrogio. Tutto il manufatto è costellato di meravigliose gemme incastonate, smalti dai colori accesi, filigrane e motivi sbalzati e cesellati. Una meravigliosa opera d'arte!

Mi soffermo un poco ad osservare dietro l’altare il mosaico absidale, iniziato probabilmente quando Ambrogio era ancora in vita e modificato più e più volte, poi scendo nella cripta ad osservare i santi per risalire, poco dopo, e dirigermi alla navata di destra dove si aprono sette cappelle.


la cripta 
le salme di Ambrogio, Protaso e Gervaso, nella cripta


Superata una grata in ferro battuto, mi introduco nella zona museale dalla quale accedo al SACELLO DI SAN VITTORE IN CIEL D'ORO, la cappella di età pre-ambrosiana, successivamente inglobata alla basilica. 

particolare del mosaico nella cappella di San Vittore in Ciel d'Oro

E qui mi incanto ad osservare un mosaico, risalente al VI secolo, nel quale sono raffigurati i vescovi Ambrogio e Materno, accompagnati dai martiri Gervasio, Protasio, Nabore e Felice. 





dettaglio con S. Ambrogio nel mosaico nella cappella
di San Vittore in Ciel d'Oro
In questa composizione il volto di Ambrogio è talmente realistico, che sembra seguirmi con lo sguardo.


Rimanendo all’interno della zona museo, mi trovo ad ammirare un meraviglioso frammento di mosaico che ornava l’abside della chiesa primitiva

frammenti dei mosaici rinvenuti nell'abside della primigenia basilica dei martiri
Continuando la visita all'interno del piccolo museo mi soffermo a contemplare lo splendido affresco del Bergognone, il Gesù nel Tempio.


Gesù nel tempio, affresco di Bergognone
presso il museo della Basilica di S. Ambrogio
Comunque, miei cari, non intendo certo proporvi l’intera carrellata delle opere conservate a S. Ambrogio, sia perché sono tantissime e sia perché meritano ben altro tipo di approfondimenti. 

Ma dovete sapere che la basilica deve la sua fama universale a molti grandi artisti che vi lavorarono: Donato Bramante (che sotto la signoria degli Sforza ricevette l’incarico di progettare la nuova canonica, risistemare le cappelle e ricostruire il monastero); Bergognone; Bernardini Luini; Gaudenzio Ferrari; il Legnanino; Filippo Abbiati; Carlo Francesco Nuvolone; Francesco Cairo e Giambattista Tiepolo. 

Ve ne mostro solo alcune.
Cristo Risorto, Bergognone; presso
la cappella del Battistero
posta lungo la navata di sinistra





Cappella della Deposizione, con affreschi di
Giambattista della Cerva, Gaudenzio Ferrari
e Bernardo Luini; navata di destra
Insomma, la basilica di Sant'Ambrogio è veramente un sito pieno di meraviglie!


Inoltre, illustri personaggi come Pipino, figlio di Carlo Magno, Bernardo, figlio di Pipino, Ludovico II, nipote di Carlo Magno, sono stati sepolti in questo luogo sacro che ne conserva ancora le epigrafi funerarie.

Ambrogio ferma Teodosio sulla porta della basilica,
di Camillo Procaccini; navata destra

Infine, eccoci giunti alla conclusione del nostro viaggio.

Per congedami da voi ho scelto di inserire poche immagini, che ho scattato appena fuori dalla basilica, in Piazza S. Ambrogio, per lasciarci con un ultimo racconto legato a questo luogo!  

In ciascuno di questi scatti vi è un'unica protagonista. Si tratta della cosiddetta COLONNA DEL DIAVOLO, un pilastro di origine romana, risalente al II secolo d.C. con capitello corinzio e caratterizzato da due grandi fori in prossimità della base.

la Colonna del Diavolo, piazza S. Ambrogio


Ed ecco la leggenda.


Si narra che Lucifero, camuffatosi da uomo, si avvicinò al sagrato dove Ambrogio era solito meditare e tentò di dissuaderlo in tutti i modi dal proseguire il suo ruolo di vescovo. 

Ambrogio, profondamente irritato, lo cacciò via sferrandogli un calcio. 

Il demonio, riacquistando le sue vere sembianze, spiccò il volo, ma finì per sbattere contro la colonna, rimanendovi incastrato con le lunghe corna.

Furioso e sconfitto, si tramutò in fumi di zolfo e, creandosi un piccolo varco in quei due fori da lui stesso prodotti, fece ritorno negli inferi.

Dettaglio dei fori nella colonna
Come già detto, si tratta di una leggenda, in realtà questa colonna veniva usata per l'incoronazione degli imperatori germanici. 
Secondo quanto narra Galvano Fiamma (ambasciatore di Galeazzo I Visconti e cronachista milanese), essi giuravano sul messale, ricevevano la corona ferrea e poi abbracciavano la colonna. Beh, ogni popolo ha le sue stranezze!

Tuttavia, mi preme farvi sapere che questa semplice colonna di pietra bianca ha resistito, fino ad oggi, per ben diciotto secoli, un numero esagerato di guerre e invasioni (da Barbarossa a Napoleone), fino ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. 

Vien da pensare che sia davvero un po’ speciale!



E voi, cosa ne pensate di queste leggende? 

Vi è piaciuto il post? 

Me lo auguro di cuore e approfitto per salutarvi, dandovi appuntamento alla prossima settimana!



FONTI:


ELEONORA BAIRATI, ANNA FINOCCHI, Le ricche miniere 2, percorsi nella storia dell'arte, Loescher (approfitto per salutare virtualmente, ma con grandissimo trasporto, la mia insegnante di storia dell’arte, la professoressa Anna Finocchi)

CARLO BERTELLI, Storia dell'Arte Italiana dal Medioevo al Quattrocento, Einaudi

COPPONI CARLO, La Basilica di Sant'Ambrogio in Milano, Silvana Ed.


AA. VV., La Basilica di Sant'Ambrogio, Storia della Basilica attraverso i secoli, Silvana Editoriale


TOURING CLUB ITALIANO, Guida d'Italia, 2003


WIKIPEDIA

Tutte le immagini fotografiche presenti nell’articolo sono state scattate personalmente




INFO UTILI


La basilica si trova in Piazza Sant’Ambrogio, 15  - Milano ed è raggiungibile con la linea 2 della Metropolitana, fermata Sant’Ambrogio











10 commenti:

  1. Un viaggio temporale tracciato con dovizia di particolari, ma anche con la passione e uno sguardo che ne delinea ogni aspetto, ogni singolo particolare. La Basilica di Sant'Ambrogio descritta da Clementina, diventa per qualsiasi lettore un luogo familiare di cui ne svela angoli e tesori come patrimonio dell'umanità. Colpisce il suo andare oltre la descrizione storico-artistica, per addentrarsi nelle varie interpretazioni attribuite al Serpente che risalta come elemento di spicco. Fotogrammi e immagini accompagnano il viaggio nella storia che consente di apprendere quanti passaggi e quante epoche si sono avvicendate all'interno della Basilica. Al termine dell'articolo si ha la sensazione tangibile di aver visitato questo gioiello senza essersi spostati da casa. Devo ringraziare ancora una volta Clementina per avermi permesso di aprire gli orizzonti sul patrimonio che il nostro Paese possiede e di cui ne conosce approfonditamente solo una minima parte. Da leggere!

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. E io so che non ti ringrazierò mai abbastanza, Annamaria, per le parole belle e gentili che mi lasci ogni volta e che mi scaldano il cuore

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  4. Si finisce la lettura e si desidera partire per Milano. L'entusiasmo delle descrizioni della Basilica da parte di Clementina è tangibile e coinvolgente. Le note dell'autrice affascinano, i dettagli sono minuziosamente spiegati e la storia appare chiara, supportata dal servizio fotografico. I due campanili, quello dei monaci e quello dei canonici, le Scacchiere, il Serpente, la colonna del Diavolo: Clementina ci permette di partire per un viaggio attraverso i suoi occhi. Una reporter eccellente dunque, e anche una preziosa fonte storica: il viaggio nei secoli, alla scoperta della storia della basilica di Sant'Ambrogio, ha risvegliato anche la mia fantasia, che si è focalizzata sui nomi dei protagonisti: Angilberto, Ansperto, Protasio, Teodosio...splendidi appellativi del passato che sono ormai in disuso, ma non per questo hanno perso fascino. La Basilica è indubbiamente un luogo superbo, da ammirare e spero vivamente (come sempre) di poterla visitare, un giorno o l'altro.

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    1. Caspiterina, mi sono emozionata!
      Nel leggere il tuo commento, Lauretta, e nel leggere quello di Annamaria, mi tornano alla mente le parole di Lao Tse: "la gentilezza nelle parole crea confidenza; la gentilezza nel pensiero crea profondità; la gentilezza nel dare crea amore "
      Lo dico perché sento che i vostri commenti nascono da una profonda disposizione interiore alla generosità e sono espressione di una forza che si traduce in fatti concreti. Non si tratta di formalità, non si tratta di buonismo. Per me sono, il risultato di una costante attitudine ad un meraviglioso sorriso interiore. Grazie!

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    2. Bellissimo e condivisibile il pensiero di Lao Tse. Io credo, Clementina, che quando si stima una persona sia impossibile non apprezzarne le capacità. Al di là degli argomenti trattati, che possono interessare o meno, le qualità restano e chi ti ammira ne resta comunque coinvolto. Nel caso specifico, oltretutto, l'argomento trattato è di mio gradimento...perciò!

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  5. Bellissime le fotografie e molto coinvolgente il reportage... sembra proprio di entrare passo passo nella basilica di Sant'Ambrogio, guidati da te, per scoprirne gli angoli più nascosti e misteriosi! E che preziosi manufatti racchiude, frutto di un'epoca a torto considerata oscura. Mi hai davvero fatto venire voglia di rivedere questo luogo magico, è tanto tempo che non ci vado.

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  6. Proprio così come già commentato: sei stata una guida superba e deliziosa, di quelle che capita raramente di incontrare quando si va a visitare un luogo monumentale e/o di interesse storico; una di quelle che fa con passione il proprio mestiere e non si limita a una descrizione di tipo architettonico-artistico, seppur condotta con competenza e minuzia di particolari, ma si spinge oltre e ti inizia, con delicatezza e fascino, ai misteri che spirano dall'anima di quel luogo. Mi ha emozionata leggere il tuo articolo, ma anche i commenti delle nostre amiche, perché ogni loro parola avrebbe potuto partire anche da me e a me è ritornata, proprio come se il tuo racconto, al pari del serpente/uroboro, avesse generato un cerchio di energia emotiva.

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    1. Accipicchia, che splendido complimento: grazie,
      Stella, sono commossa!!! :-)))

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  7. Sia in 4° che in 5° liceo sono stato in gita di un giorno a Milano, ricordo la visita a una chiesa e mi chiedo se fosse la la Basilica di Sant'Ambrogio!
    La storia che hai raccontato di Mosè devo dire che non l'avevo mai sentita. E mi è piaciuta molto quella di Ambrogio e il Diavolo. Cornuto e mazziato, direi, oltre che zoppo!

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dani.sanguanini@gmail.com